Archivi tag: milano

Una cosuccia così, sbrigativa, da due parole. Ha suonato il citofono, ho risposto pronto chi è (non aspettavo nessuno).
"Scusi, secondo lei Dio si interessa a noi?
Ehm… ho ritirato il pronto. Non ero pronta.
Anche il chi è.

in questa sera d’estate, primo ottobre

Alla Cooperativa ci andiamo per giocare a boccette. L’insegna porta la scritta Sala Biliardi, la vetrata Paradiso dello spruzzo, un albero del dehors ha un cartello, Zona agricola scopatoria. C’è anche il calciobalilla.
Alla sera del sabato non cucinano, ed a dire il vero neanche le altre sere, a mezzogiorno sì, e magari si mangia bene: però  quando andiamo,  sui due piedi ci organizzano un’insalata, un piattone di affettati, ma non sabato scorso, perchè avevano finito il pane
Sono di una cordialità unica, ed ormai ci riconoscono. Non so se perchè siamo rimasti gli unici giocatori di boccette sull’ultimo tavolo di boccette di Milano, o se perchè siamo così schiappe che lo sa tutto il quartiere.
Perchè di quartiere si tratta, o proprio di vita da bar, sembra che lì si conoscano tutti, e solo noi veniam da fuori: a uno sputo da SanSiro, si sente nell’aria il profumo – per alcuni magari è tanfo- di concime.
Questa sera c’era una festa….una serata speciale. a dieci euro. Ho chiesto cosa si festeggiava, e mi han detto Non lo so! Boh… così! Pagata la somma, ti davano un buono per ritirare un’ostrica, e ti mettevano un timbro sul dorso della mano – un leoncino, probabilmente  sottratto alla figlia dei titolari-  e potevi servirti al buffet,  e di champagne a volontà sino alle 10 e mezza. E poi ci sarebbero state anche le danze.
A me dell’ostrica piace giusto la conchiglia, il contenuto mi fa senso e nessuna golosità o curiosità.
Nella zona buffet mi hanno servito  riso coi funghi,  goulash, peperone, di crostini al formaggio con le erbe,  e al pathè, involtino di pancetta  che avvolgeva  non ho indagato cosa – era già buio – una mappazza al purè ,e riso alle patate.
Tutto buono, tranne il riso alle patate, che ho avanzato: c’erano le cozze, e delle cozze, neanche la conchiglia mi piace, da bambina le trovavo sempre sulla spiaggia, e non hanno quindi particolare attrattiva, nonostante il loro nero violetto.
Le danze erano poco convinte, a parte le bambine presenti ed una massaia in ciabatte.
Poi, deus ex machina, è arrivato tra le donne Rocco, l’animatore…smilzo con mcapelli lunghi e biondastri, ha tenuto per un po’ il ritmo, Bomba, Waka Waka… anche con lui ballavan sole donne, o esseri similari. Quando questo Rocco si è stancato, le donne si sono sedute, e sono subentrati tre uomini, diversamente semoventi,  uno dei quali aveva uno stile tra la baiadera e un indiano Disney che cammina con circospezione, e gli altri due gli facevano il verso.
A boccette ho perso, e da quando sono tornata a casa mi sono lavata già qualche volta le mani, ma il timbro con leoncino  sembra destinato a durare.

Il rito della salamella democratica e sensazioni felliniane.

La Festa Democratica del primo giorno è semideserta, qualche macchina che gira, ancora qualche rumore di martellate, e della prezzatrice nella libreria.
Appena appostata al tavolo per consumare il rito della salamella democratica, un esercito di zanzare arriva di corsa dall'adiacente prato alberato, poi sparisce, forse messe in fuga dall'esercito  dagli offritori di opuscoli, che tristemente di chiedono di comprarli, o mostrano qualche  sparuto giornale, o anche niente… puoi dare qualcosa al primo, al secondo, ma tutti cominciano a sembrare troppi, ed io soffro molto di sensi di colpa, e mi  sento in colpa, essere  alla festa democratica e non dare nulla a chi ha meno di me.  Mentre  consumavo la mia coppetta di gelato crema e spagnola, un giovane si è fermato, aveva sete, gli davo qualche soldo? No… basta, così ho mangiato insieme al gelato dose doppia di sensi di colpa, uno perchè mangiavo il gelato invece di stare a dieta, il secondo perchè io mangiavo un gelato mentre un altro diceva di morire di sete.  Ma ero anche sicura che col mio soldo non avrebbe comprato l'acqua, ma si sarebbe rivolto al tavolino a fianco dicendo di avere sete… troppe volte mi sono capitate cose così, è evidente, è  una tecnica.
Tra i tavoli della griglieria  e della gelateria si aggirava invece un vecchio con un giornale sotto il braccio,  allampanato e con le guance scavate, che ripeteva " Macchè cambiamento, partit de merda, che  cambiamento, sono trent ann ca vegni chi".
Nel gazebo delle danze gli strumenti erano stati approntati, e Radio Zeta si era azzittita. Un'impressione strana, l'assenza di musica nel sottofondo. Una madre ballava in solitaria in un cono di luce con la sua bimba, un soldo di cacio… due anziane signore avevano girato le sedie verso la pista silenziosa, in primissima fila, forse pronte nella speranza di un invito alle danze?
Gli orchestrali sono arrivati, e per incanto pista e piazzetta si sono popolate, nell'onda di un hully gully, mentre una bachata ha poi accompagnato  una coppia di camerieri che danzava  armoniosamente,  incorniciata dalla porta laterale della griglieria.
Un terribile senso di stanchezza e dejavu tra le bancarelle… forse la noia di non aver soldi da spendere in cose superflue.

Cenerentola dovette andarsene proprio all'inizio del concerto.

Ieri verso sera sono andata alla festa di Nazione Indiana, al circolo Arci Bellezza, ingresso obbligatorio con tessera.
Salutata qualche persona conosciuta, sono entrata nella sala dove si dissertava di precarietà, documentarismo, realismo e autorevolezza.. Seguivo le parole mentre scorrevano, non riuscendo a farne una sintesi, se mi si chiedesse un riassunto non lo so fare. Mi colpiva qualche frase, ci pensavo, e mentre ci riflettevo perdevo l'allaccio successivo. Ricordo di aver pensato due cose: una,  perchè ci si deve complicare così la  vita per leggere o scrivere – e questo è un segno della mia  stanchezza, perchè queste complicazioni vorrei invece  potessero divenire parte del mio quotidiano – e   l'altra, che l'autorevolezza, per chi si occupa di cose scritte, è un po' come aver trovato il posto fisso.
Quello che mi piace dei Circoli Arci in estate  (conoscevo quello di Turro) è il mangiare all'aperto.  Certo, qualche zanzara mi volava sul naso, ma ha deciso di non attaccarmi.
Il menù sembrava  esplicito, pesentava un sacco di cose marinare, che a me non piacciono. Invece dei fusilli con zafferano zucchine e gamberetti opto per una insalata e, per non smentirmi,  salsiccia e patate fritte. Insomma, nell'ordine complessivo sono arrivati per me fusilli, insalata, salsiccia con patate fritte, e un piatto di patate fritte. Una cosa teutonica. Mi sono sentita morire. Tutto buono, per carità, ma troppo… mica era scritto sul menù che la carne aveva già anche il contorno.
Alessio Lega, più cicciotto di quando lo avevo visto un paio d'anni fa,  mangiava al tavolo di fronte, per cui ero tranqulla sugli orari, vedendolo seduto lì.
Invece no… il concerto è stato annunciato alle dieci e mezzo, con un'ora di ritardo sul programma, e non potevo tardare,  dovendo tornare a casa con la famigerata filovia 90-91, la stessa con cui vado  e torno dal lavoro, malissimo frequentata nelle ore notturne.
Chiamo casa, "sto per arrivare, aspetto la 90, arriva tra 3 minuti, no, adesso il display segna in coda". (coda di che,  a quell'ora?). Mia figlia salta per aria," la 90, ma mamma, sei da sola? la 90 a quesrt'ora? Ti viene a prendere Lorenzo", " Ma no, dai, qui alla fermata c'è gente a posto che salirà con me, non è ancora così tardi.".
In effetti, salendo nel mezzo leggermente affollato,  la fauna non era delle più promettenti, parecchi con bottiglie in mano, e  non di acqua, ma sono riuscita a trovare un posto a sedere davanti, in prossimità dell'autista.
La Princess mi ha accolto con un "meno male,hai fatto in fretta, mi hai fatto preoccupare"
Ah, queste mamme discole.
Dice mia figlia, che  sul davanti del filobus, spesso rubano, mentre la coda è più frequentata dai maniaci.
Chissà come lo sa..

Domenica, il ballottaggio.

Agli indecisi, perchè quelli che erano già decisi, spero che tornino tutti.

Pensate alle mistificazioni di questi ultimi giorni di campagna elettorale, condoni, finti zingari, manifesti bugiardi: è questo che volete da chi vi governa? Che non esitano ,per i propri giochi di potere, a pensare di poter patteggiare voti con ministeri, indifferenti alle  esistenze di chi ci lavora, tanto per citare un esempio recente.

il voto non è mai privo di significato, ma mai come questa volta è importante.

Ci giochiamo tutto, dobbiamo farcela prima che l'Italia sia completamente devastata, a me viene da pensare al cartone animato del Re Leone, guardate questo spezzone e rifletteteci, riflettete sul potere che avrete domenica col vostro voto:

Questo è il mio regno, dice Simba adulto, se non mi impegno a difenderlo io, chi lo farà?

http://www.youtube.com/watch?v=4OoiwY0_mKc

A me basta pensare al delirio di onnipotenza che prenderebbe una certa persona, se il suo schieramento dovesse vincere a Milano ancora una volta,  per avere paura, per il lavoro, il futuro, la cultura.

Ho postato il testo di O mia bela Madunina,, c'è un perchè… D'Anzi scriveva  forse di Milano in mano alla Lega?di Milano che perde posti di lavoro, che non ha case per le giovani coppie? Insomma, muoviamoci, pensiamo a come vogliamo vivere.

 

O mia bela Madunina che te brillet de lontan

tuta d'ora e piscinina, ti te dominet Milan

sota a ti se viv la vita, se sta mai coi man in man

canten tucc "lontan de Napoli se moeur"

ma po' i vegnen chi a Milan

 

Si vegni senza paura, num ve songaremm la man

tucc el mond a l'è paes e semm d'accord

ma Milan, l'è on gran Milan!

Le caramelle ai bambini buoni.

Il condono delle multe è  una pessima mossa comunicativa, a mio modo di vedere.

E' prima di tutto un abuso,  oltre che un'implicita ammissione di sconfitta, un'implorazione. 

Come il Premier approfittando della sua carica e dei suoi mezzi invade le televisioni, allo stesso modo la Moratti utilizza i suoi poteri di sindaco per un disonesto quanto manifesto acquisto di voti, un commercio massivo stavolta, come se  suoi concittadini ambissero alla qualifica di Responsabile Cittadino.

Il sindaco uscente ha già il vantaggio, rispetto al nuovo candidato, di poter utilizzare in campagna elettorale, a suo merito, quello che ha già fatto per la città, e quello che farà ancora se sarà nominato.

Evidentemente, non funziona così, si è resa conto che forse non ha fatto granchè, o meglio  non ha fatto quello che serviva ai milanesi, e che l'arma è spuntata. 

Ricorre allora all'abuso, fa campagna elettorale con i soldi della città, perchè non si creda che il denaro delle multe condonate non venga poi fatto rientrare da un'altra parte, tipo il paventato aumento dei biglietti ATM (misura che sarebbe anche antiecologica).

Con il  condono delle multe si avalla ancora una volta sotto l'egida del partito del Cavaliere l'immagine che le regole siano fatte per essere infrante, meglio non pagare, tanto poi si condona, massì, chi se ne frega del codice della strada e l'ecopass, tanto poi alla fine non si paga niente, costruiiamo anche sui vulcani, se lo votiamo. E dall'altra parte ci sono quei poveri coglioncelli, tra cui la sottoscritta, che rispettano le regole considerandole il fondamento della civile convivenza. 

Se vince Pisapia credo, spero che le cose cambieranno,  anche  se non dovesse riuscire a evitare la spartire le poltrone (sarebbe una rivoluzione, più ch un cambiamento!), e penso che ci saranno leggi economiche a cui non potrà sottrarsi, perchè la città non è un'isola, e risente anche di accadimenti esterni. Sono però certa che  cambieranno per quanto riguarda le case per i cittadini meno abbienti, i mezzi pubbliici, ed i servizi importanti come gli asili, le refezioni, gli anziani.  Le case, non occorre costruirle,  ci sono tanti edifici in giro che aspettano di rivivere, e anche la ristrutturazione comunque porta lavoro. Spero che un bel po' di fondi saltino fuori risparmiando sui consulenti, non posso credere che non ci siano delle persone preparate  tra i tecnici già in forze presso il Comune, il ricorso alla consulenza dovrebbe diventare occasiionale. 

Essere una città internazionale non vuole dire avere grattacieli e aiuole posticce,  bensì essere un luogo dove la gente di tutte le nazioni abbia modo di abitare, convivere e lavorare dignitosamente.

Ho scirtto convivere, non ho scritto integrarsi, che comporta una rinuncia alle proprie origine.

Fonti, a Milano, non è che ce ne siano granchè (che io sappia)

Oltrepasso pedalando piano la cancellata del Parco Sempione su viale Moliere, la meta di oggi è ritrovare la mia "vedovella", da tanto tempo non passo di lì.
Gli alberi affondano le radici anche nel tempo, e lì restano in attesa ,  in fila, alternati alle panchine, dei parallelepipedi di pietra polverosa:  un tempo qui non c'era recinzione, ricordo che a volte passava al galoppo un tipo a cavallo, altre  volte  due carabinieri, al passo, con la mantella ed il cappello napoleonico, chissà, forse passano anche adesso.
Proseguo sui viali, tra i prati che curiosamente, in un mondo dove tutto peggiora,  mi sembrano più erbosi, e imbiancati da pratoline, di quanto mi ricordassi dalla mia infanzia, che fossimo dunque  noi frotte di  bambine romantiche a raccogliere tutti i fiorellini spogliando e calpestando? Sull'erba, ora, alcuni suonatori di bongo, e dei milanesi ancora pallidi, appena fuorusciti dalle tane, che si godono il sole, alcuni  sdraiati semplici, alcuni sdraiati (s)composti, in coppia.
Non è facile muoversi per il parco in bici nel lunedì di Pasquetta, le famiglie "lui, lei, il passeggino e i nonni" avanzano sorridenti per i viali in formazione a rastrello, mentre le non famiglie si sparpagliano, seguendo una bussola incerta, di qui, di là, con movimenti repentini, sembrano  attratti dalla mia ruota.
Una volta conoscevo  i viali del Parco persino per gli asfalti,  i viali  lisci per correre con i pattini a rotelle, e quelli granulosi comodi solo per la bicicletta, e gli sterrati, con la ghiaia traditrice dove la ruota slittava; ora sono tutti senz'asfalto, la ghiaia è polverosa e  scarsa, e tanta la gente che ci cammina, sembra polverosa anche l'aria. Con l’asfalto sembra sparita anche la "mia" fontana e la sua grata, quella dove ci si fermava a bere, dallo zampillo,  si lavavano le ginocchia sbucciate  su cui poi si legava il fazzoletto a mo' di benda, a fermare il sangue.  Non c’è più l’asfalto, ma non ci sono più neanche le macchinine a pedali, rosso Ferrari, quelle che affittavi per un quarto d'ora e pedalavi su e giù sempre per lo stesso viale, ma non importava, quando sei bambino, non ci fai molto caso, l'avventura è sempre l'avventura.  “Aspetta – penso-  di fontana ce ne era un’altra, là, dove giocavo con Marina e ogni tanto c’era il tizio con l’impermeabile, Marina sapeva che bisognava stare lontane e non guardarlo neanche se ci salutava… però, mica che mi parlassero mai di niente i miei!”  Per raggiungerla bisognava passare da un’altra cancellata che adesso non c'è più,  vicino alle rocce, sotto la Biblioteca, non c’è più lì neanche il trenino , ci sono ora persone, cani, gelati… pedalo, era sulla destra, ci sembrava così lontano da dove stavamo a giocare.  L'odore… eccola, la fontana dell’Acqua Marcia, dove tante persone, soprattutto anziani,  riempivano bottiglie. La fonte della giovinezza, dicevano. Ma quell’odore lì, così… pensavo allora, lo penso anche adesso, guardando gli zampilli e cercando di decifrare le scritte di un cartello, che hanno sovrascritto con un più esplicito pennarellone "acqua non potabile” .
Un giovane si lava, uno shrilankese si ferma a rianimare con l’acqua fresca le sue rose da vendere.  Chissà se l’acqua sulfurea fa bene, alle rose, sapevo dell’aspirina, invece.
A casa, poi, ho curiosato sul web, per sapere qualcosa di più di questa fontana, ed ho scoperto che c’è una galleria sotterranea che porta la sua acqua sino al laghetto del Parco, quello  dove i pesci rossi liberati dai milanesi diventano carpe giganti.


GIULIANO PISAPIA

Sembrava che l'Amministrazione Moratti non intendesse rinnovare la convenzione con Italia Nostra, bensì indire un concorso (per giardinieri o per palazzinari?).Ora, sotto elezioni, ha concesso una proroga di qualche mese.
Per me stessa, ed anche in memoria di mia sorella che ci ha lavorato con passione, e per i miei figli che vi hanno passato settimane di vacanze "speciali" quando le scuole erano chiuse ed il Comune non prevedeva alcuna attività,  il Bosco è intoccabile, è intoccabile anche per i coniglietti che ci vedi scorrazzare, e le volpi, e le tartarughe del laghetto ed un sacco di animaletti che non ti immagini possano esserci dentro Milano.

La passione del calcio.

Non è certo mia, ma funziona un po' come le sigarette: non fumo, ma respiro il fumo degli altri. In cambio, non credo che mi abbia mai fatto male nè contagiato.
Beh comunque stasera, nei fondali della Libreria dello Sport di Milano, via Carducci, il giornalista Gianni De Felice presentava il libro di Franz Krauspenhaar, quello con la copertina  con l'alieno spettinato, che uno prima pensa alla fantascienza, poi guarda meglio  e  vede che è una zolla erbosa (mica qualunque, sicuramente di San Siro). Edito da PerdisaPop
In un'atmosfera semplice e cordiale, De Felice ha preso spunto da questo libro  comodamente tascabile (un punto a favore, per me che leggo sui mezzi pubblici) per parlare di sport e di società.  Dunque, non è un romanzo, bensi sono i ricordi calcistici di Franz, ed ogni capitolo fa a sè (secondo punto a favore per i lettori in bus).
Essendo ricordi, non sono sempre attanagliati al calcio  e questo è uno dei motivi per cui sono convinta che lo leggerò con piacere e senza sforzo, nonostante l'argomento principe.
De Felice evoca la ritualità domenicale della partita, come c'era la Messa così c'era la partita, e Franz scrive del rumore del pallone nella rete, e le grida dei giocatori. Di mio, ho ripensato  a mio padre che ascoltava alla radio "Tutto il calcio minuto per minuto", schedina alla mano, matita con  gommino per cancellare gli 1,2,  X  sbagliati, anneriva coscienziosamente il quadratino colpevole (anzi, i numerosi quadratini colpevoli, perchè non ho ricordi di vittorie al Totocalcio.  Ho ripensato anche alle domeniche al Parco Sempione, io con i pattini a rotelle, e le famiglie a spasso, i "lui" tutti  con la radiolina vicina all'orecchio.
Franz scrive della passione che cala, e De Felice si chiede e ci chiede perchè le cose siano così cambiate da un tempo, come non ci siano più gli uomini bandiera delle squadre, come potevano essere Rivera, Riva, Mazzola, ma anche negli altri sport non emergono, forseValentino Rossi.  Oggi, anche i nostri miti sono a tempo. 
Non ho ancora letto il libro, ma per quello che ho ascoltato oggi e conosco della scrittura di Franz, dagli episodi legati al calcio spazierà ai suoi ricordi di ragazzo  e racconterà le cose come le viveva, o le sognava, confrontando il passato e presente, cosa che se uno ci pensa dice "ma anch'io lo faccio": certo, ma non con la sua intensità narrativa.

m'ama non m'ama

Passo davanti ad una cancellata, nella pausa pranzo, al di là c'è un prato, ed un ritrovo per gli anziani del quartiere.
D'estate, al martedì pomeriggio, attraverso le finestre aperte mi  arrivano le loro musiche da ballo.
Il prato non è ancora stato tagliato, e vicino alle sbarre ho visto delle pratoline corpulente… m'ama non m'ama, ma no, mi son detta, tanto stavolta so come va a finire, non c'è più la suspence.
Quanti ne ho spiumati, di quei poveri fiorellini.
Bambina, con la Gloria e la sua mamma al Parco Sempione  ne raccoglievo mazzolini da portare a casa alla mia, di mamma, che, non lo sapevo allora, era fuori, con ogni probabilità seduta a  qualche tavolo di ramino.
Le pratoline diventavano anche il riso con lo zafferano, quando si cucinava per le bambole.
Crescendo, il gioco con le pratoline si era fatto più complicato… m'ama non m'ama… non m'ama, per forza, ho preso due petali insieme, 'spetta che rifaccio.

offerta di lavoro.

La Princess stava tornando a casa, sere fa, passando davanti ad un grande albergo, di quelli dove organizzano convegni. Un  tipo la ferma, le chiede se ha amiche che cercano lavoro, le lascia un biglietto da visita: qualche sera dopo. cioè stasera, avrebbe organizzato un incontro per cercare collaboratori per delle sue attività, verso le otto, un po' prima di una analoga presentazione nel mega-albergo.
Ho messo bene in guardia la Princess che le presentazioni  in grandi alberghi significano che  di base cercano di venderti qualcosa, perchè devono avere un ritorno del costo della manifestazione. E che se non ci fosse un fondo truffaldino nella cosa, con la fame di lavoro che c'è, basterebbe un passaparola, mica servirebbe un congresso.
Ciò nonostante la Princess ha preferito far lei da passaparola, costituendo un gruppettino di amici e amiche.
Devo premettere che tempo prima una delle sue amiche, cercando lavoro, aveva risposto a un'inserzione per un lavoro in una agenzia e le avevano dato appuntamento in un posteggio di Carugate, motivandolo con la difficoltà a rintracciare la stradina dov'era l'ufficio. Si presentano, e l'inserzionista propone di raggiungere l'agenzia con la sua macchina, la ragazza dice che segue con la sua macchina così può andare via direttamente, ognuno sale sulla propria auto, e lei viene raggiunta da un messaggio del tipo " Ho un impegno urgente mi spiace devo andare." E' che uno così, non hai neanche gli estremi per una denuncia, non hai nessuna prova delle sue intenzioni.
La Princess mi dice che posso andare anch'io con loro, anzi, va meglio. L'appuntamento è alle otto, arrivo a casa congelata verso le sette e mezza, ceno con l'imbuto. La Princess saluta il suo Tsunami, "la mamma esce a cercare lavoro " che detto di sera al buio non è che sia bello, ma il bimbo è ancora piccolo per obiettare. Obietto io: "Non si va a cercare lavoro, si va ad assistere ad una rappresentazione! " tra me penso che se la Princess ci crede davvero, che questa sia una possibilità di lavoro, si deve sentire proprio alla frutta.
Ci troviamo tutti davanti all'albergone,  il tipo non c'è. Eì sulmarciapiede di fronte, davanti al supermercato, dice di raggiungerlo lì.Io cito il posteggio di Carugate, in risposta un coro di "Ma dai". Insomma, per un attimo pare che il convegno si debba svolgere sul marciapiede, ma per fortuna si trova un bar aperto. Il tizio, acconciato da figo con capello allungato brizzolato quasi cotonato  spiega in fretta,  è un architetto che non ha mai fatto l'architetto (mi sa che non è l'unico), che Cina o non Cina c'è la crisi, e si è ritrovato a guadagnare pochissimo così ha fatto delle belle pensate, in campo alimentare  e come grafico. In particolare ci consiglia di fare come lui, che senza obbligare nessuno, e senza convincere nessuno, semplicemente dicendo che sta bene, riceve un sacco di richieste per  comprare il prodotto XY che fa tanto bene,  e si è ritrovato così a guadagnare 4000 euro in breve tempo.
L'assunzione di questi beveroni fa dimagrire (ho lanciato l'avvertimento "non guardate me"
!") , e dà la stessa assuefazione che dà  una bella vacanza al mare: si sta bene. 
Insomma, dei sei ragazzi non si è convinto nessuno, e nessuno è andato ad assistere alla manifestazione nel grande albergo: il collaboratore del tizio mi ha mostrato la materia oggetto del uccessivo convegno,  un dischetto tipo piccola ostia, con del silicio (che poi non è sabbia?) che pare procuri benessere.

filobus

La signora occhialuta seduta sul filobus mi lancia uno sguardo di comprensione e complicità, ma non la conosco, e così mi giro per vedere se qualcuno alle mie spalle ha raccolto il suo cenno.

No, era tutto per me.

Ora lei sfoglia una rivista, io invece resto in piedi nel mezzo stracolmo, una situazione che odio perché mi sento esposta ai borseggiatori, mi è già accaduto su quella maledetta filovia.

Arrivano zaffate di uno strano odore, e la signora seduta lancia un sospirone, lei sospira mentre io vorrei resistere in apnea.

Dal sedile alle sue spalle una zingara raduna i suoi sacchetti di plastica stracolmi e si prepara per scendere.

La signora seduta mi mormora “Meno male, non se ne poteva più”.

Cerco di restare inespressiva, non intendo partecipare ai discorsi, prevedibili, che sono iniziati tra le signore intorno  ed un pensionato,  subito dopo la discesa  della zingara, ormai gli effluvi del mezzo li conosco anche troppo bene, e non sono rari, se vogliamo vedere, anche gli italiani flatulenti di alcool e malvestiti.

L’altro giorno invece era salito un vecchietto, di quelli tutti minuti e grinzosi, sul mento un accenno di barba bianca della giornata, e degli occhiali con una vistosa montatura nera, ed un piumino bianco, troppo grande per lui, e sentivo tutt’intorno odore di zucchero filato, e  pensavo che qualche volta succedon cose che sembran venire da una fiaba.

Il display segnala 4 minuti.

Quando esco dalla metropolitana ho l'abitudine di ripassare sul lettore del tornello la tessera dell'abbonamento, una specie di dare e avere, sono entrata e ora esco, così non ho problemi se dovessi rientrare cinque minuti dopo. Non si può mai sapere nella vita, ma lo  si sa un po' di più utilizzando la filovia 90-91.
E comunque, nella stazione della metrò gialla di Piazzale Lodi, c'è sempre qualcuno che mi avvisa: guardi signora che non importa, può uscire lo stesso. Ma perchè me lo dicono? Io mica vado a dirgli che gli conviene ripassare il badge, agli altri.
Di questi tempi quando devo ritornare a casa, con la 90, bisogna attendere un sacco, per esempio lunedì 6 dicembre, c'era scritto che  i mezzi pubblici funzionavano con l'orario del sabato… guardo, alle ore 19 un passaggio  ogni 7 minuti. Guardo sul display il tempo di attesa: 19 minuti…. sembra più l'orario delle 23, però.
Stasera esco dal metrò, è un tratto di strada che odio, pochi metri a dire il vero: sulla sinistra il gabbiotto degli uomini ATM, il semaforo per l'attraversamento della corsia preferenziale, cronico rosso quando arrivo, situato in curva, con punto di approdo in prossimità di aiuola, concava , e priva di albero: quasi una trappola.
E poi un marciapiede a cubetti, bello rettilineo, fatto apposta per veder partire l'autobus quando sei quasi arrivata vicino: per me gli autisti sono dei grandi mattacchioni, una mattina ce ne era uno che chiudeva le porte quando qualcuno arrivava di corsa, e rideva, tutto da solo.
Stasera c'era un sacco di gente, ed il tempo di attesa previsto erano 9 minuti: non si ha idea di quanta gente ancora possa arrivare, in dieci minuti. Mi siedo sulla panca alla fermata,  con molta attenzione perchè sotto la panca la capra crepa, e  risoluta ad attendere pur avere un posto a sedere, e poter leggere in pace. Arriva una coppia, lei magra magra, con un maxi paletot aperto, lui intabarrato, con una voce da pechinese rauco, una sigaretta ciascuno, un'esperienza tremenda di fumo passivo, mi chiedevo se all'aperto avevo diritto di ribellarmi o no.
Arriva un filobus, finalmente, con il cartello "Fuori servizio", si ferma, ed è l'assalto. Li guardo affrettarsi, salire, stare lì in posa, e poi qualcuno comincia a scendere, visto che l'autista era nel frattempo sceso allontanandosi. Qualcuno scende e si accende una sigaretta. Mi immagino gli altri, pigiati dentro, che si guardano e si bisbigliano, rosi dal dubbio.
Arriva un altro filobus, si ferma a notevole distanza dell'altro davanti. La gente che era ancora a terra vi si precipita,  ma il filobus sta immobile. Quelli del primo bus cominciano a scendere, diretti verso questo, che da più fiducia,  in quanto portatore di autista. Alcuni del secondo bus invece scendono, non capiscono perchè non partano.
A sorpresa, parte il primo dei due bus. Poco dopo, il secondo. Rimango a terra io, ed un'altra signora.
Il display segnala 2 minuti, poi  In arrivo, e c'è qualche altro viaggiatore. L'autobus effettivamente arriva, apre le porte, si sente il tepore, si vedono giornali sparpagliati per terra, faccio per sedermi, ma il guidatore dice "Signori a  terra, la corsa è terminata. Prendete quello dietro."
Dietro, non ci sono autobus, forse ho frainteso.
Questo, In arrivo, è arrivato e non serviva arrivasse… meglio della 61, comunque, quella volta in cui segnalava  In transito, e non si vedeva nulla all'orizzonte.
Riparte, vuoto ed illuminato, due ragazze che volevano salirci avevano corso con i loro stivali coi tacchi, ed   si rammaricavano per aver perso il filobus, ah la sfiga. Non mi va di deluderle, di dir loro che aveva finito la corsa, e che il loro periglioso affrettarsi sarebbe stato comunque inutile.
Tempo d'attesa previsto sul display,  3 minuti. Mi risiedo sula panca, mi guardo un po' in giro, lo spicchiio di luna nel cielo blu e freddo, mi sporgo e guardo all'insù, la scritta luminosa ora dice 4 minuti. Credevo di trovare un due… ma che strana cognizione del tempo. Un tempo che non passa mai, perchè un po' dopo è ancora 4 minuti. Ripenso ad un "pensierino" di mio figlio alle elementari, sull'argomento "quando il tempo non passa mai", svolgimento: "quando devo aspettare cinque minuti".