Archivi categoria: campagna in collina

UNA GIORNATA PARTICOLARE, che non c’entra niente col film di Scola.

Siamo partiti con mio figlio, aveva piovuto nella notte a Milano, avrebbe ripiovuto lungo la strada.
La casa ci aspetta ancora in piedi, nel suo odore di terra dell’Oltrepo, così grosso e impregnante, così diverso dall’odore della terra del Lago Maggiore, nei miei posti,  dove sa di leggero, di foglie, di funghi.  La apriamo, ma non ci fermiamo, siamo invitati a pranzo in paese.
Siamo accolti da un cancello che si apre automaticamente, ma dobbiamo fare attenzione “Titta Titta vieni qua”  una cucciola di labrador corre,  inciampa sulla  matura cagnolina  Luna, si arrotola e corre ancora con quelle lunghe gambe che le scappano da tutte le parti.
Si mangia nella taverna, ci sono sei posti apparecchiati.  Per la padrona di casa, per il suo compagno, due amici loro, noi.  E’ stato un pranzo semplice, di cose buone. Tagliolini con pomodoro a tocchi e basilico, un piattone di fette di prosciutto crudo e uno di coppa, da cui servirsi a piene mani, le conserve casalinghe di zucchine peperoncini, cipolline, e un’insalata di pomodori, vino bianco, acqua e la depravazione della Pepsi.
Sono stata bene,  è un altro vivere.
Si è parlato molto di animali, e per un po’ il pensiero delle bestie umane è stato messo  da parte.
Il padrone di Titta,  sempre propenso a ridere,  ha anche 11 gatti, tra cui quattro cuccioli persiani da collocare.
Un altro commensale, di età avanzata, fa parte di una squadra di abbattimento dei cinghiali, ma al contempo aveva anche salvato due cardellini caduti dal nido, e una volpina orfana, che ha lasciato andare perchè sarebbe stato multato come accaduto per i cardellini, che pure ha liberato appena in grado di volare.  Perchè,  una cosa che succede in ogni dove,  nei paesi ci sono sempre persone che non si fanno mai gli affari propri.
E sì, da quelle parti qualche lupo si è visto, e daini e caprioli, e sta arrivando anche qualche cervo, e ci sono anche gli istrici, non i porcospini, proprio i più grossi istrici, non ne ho mai visto uno, credo, neanche allo zoo.
La conversazione è andata sui prezzi dei tartufi, che anche lì ci sono, prevalentemente neri,  e non sono pubblicizzati come in Piemonte, e lui nella stagione giusta all’alba va con i cagnolini che ha addestrato alla ricerca. Cagnolini bianchi perchè così li vede al buio. Si addestrano facendo odorare i tartufi ma anche facendoli mangiare, mescolandoli al cibo. Poi bisogna anche insegnar loro a non mangiarli quando li trovano.
Bah, a me i tartufi non piacciono, però mi piace cercare, infatti tornando sul Trebbia avrei voluto provare a cercare l’oro… anche se non lo trovavo, sarebbe andata bene lo stesso.
Come pescare, dicevo. A me piace pescare non per prendere il pesce, ma per l’attesa e la suspence del galleggiante. Canna fissa, ovviamente.
Dai funghi alle bisce, il passo è breve.  Marco aveva dato la caccia a un biacco nero (no, la Juve non c’entra) che era entrato in casa e si era nascosto dietro un mobile, in verticale contro la parete, arrotolato come un cavatappi.  Non me lo aveva mai detto.
Invece il signore di cui sopra, sa prendere con non chalance  le vipere con un bastone  biforcuto,  fin da ragazzo, quando le vipere venivano cercate e comprate per fare il siero antivipera, e  raggranellava qualche soldo così.  Insomma, non pare più vero che in Oltrepo le vipere non ci sono.
Il pranzo è stato intercalato dall’arrivo della legna per l’inverno, scaricata nella corte, e dagli ingressi fortuiti della Titta scatenata, contenta di ritrovarci tutti lì mentre lei era sola fuori con la schiva Luna, e dagli agguati  della giocosissima Sissi, micina tigrata di sei mesi, sveltissima ad arpionare il mio dito. E’ anche arrivato portando le uova un nostro quasi vicino di casa, ha le galline, e due cavalli, e si è fermato un po’, poi pensava di avere addosso odore di cavallo ed è andato. Nessuno di noi aveva fatto facce strane.  Io più che altro sentivo odore di pollaio, lo stesso del nostro segugio quando tornava dai suoi vagabondaggi.
Nel pomeriggio, a casa con diluvio e divano.
Alla sera dovevamo incontrarci con amici in un Agriturismo, un appuntamento che rimbalzava da Pasqua:
Mentre solcavamo il mare di colline per raggiungere gli amici,  il sole tramontava in uno squarcio di nuvole, il tempo di regalarci un arcobaleno, che sembrava lì, tangibile, sbucava dalle robinie a lato della strada.  Giovanni, sei tu? Anche il giorno del funerale di Giovanni, lui ci aveva mandato l’arcobaleno, e ci siamo passati sotto con la macchina, lo si vedeva entrare nel mare.
Poi verso l’agriturismo, dietro alla macchina degli amici, su un crinale emozionante, anche un po’ da vertigini, nei punti in cui ai lati della strada  il verde sprofondava.  La speranza di vedere i cervi, i lupi, gli istrici.  No, abbiamo solo visto un cinghiale la sera tardi al ritorno, ha attraversato la provinciale sperdendosi tra le case.
La sensazione della natura che si riprende il suo spazio, a me dà gioia.  Non so bene cosa voglio…. la vita di città, al sicuro, o la vita al limitare di un bosco, senza negozi ospedali cinema dove  tutto è più complicato, soprattutto quando hai una certa età.  Ma mi sento così bene, guardando il mare, guardando le colline, parlando di animali. E’ un tentativo di fuga dalle delusioni? Un desiderio di libertà? Non so bene, so che mi piacerebbe queste cose dividerle con qualcuno, mentre qualunque cosa io pensi di fare, mi penso sola.
Mio padre, quando ero ragazzina, mi diceva che nell’adolescenza  ci si sente nè carne nè pesce. Forse questa sensazione  torna quando si invecchia, e il fisico  non segue lo spirito?
Comunque  quella sera, piacevole con gli amici, piacevole la cena, spettacolare il panorama, mi riservava una scoperta triste.
Nell’agriturismo, in una stalla, c’era qualche mucca, un vitello, un asinello, delle gabbie di conigli. Dietro queste gabbie è apparsa un’ombra, una volpe, pensavo, dall’andatura. Ma era magra, col pelo corto, mica la bella coda rossa. E’ sgusciata via tra le gabbie, e poi l’abbiamo vista fuori, sul prato, non era un gattone  nero, era proprio una volpe, marroncino sbiadito.
Abbiamo avvisato che c’era una volpe che si aggirava tra i conigli,  lo sapevano,  sono due, sono malate per quello vengono vicino. Le volpi stanno morendo tutte, hanno la rogna, la trasmettono ai cuccioli e questi muoiono presto.
Ma come si può fare, qualcuno fa qualcosa?
Esistono delle medicine da applicare, fare lavaggi velenosi per gli acari.  Come si fa con i selvatici? Anche ci fossero delle medicine per via orale, come fai a somministrarle con la regolarità che i farmaci richiedono? lasci i bocconi con la medicina, e poi?
e il contagio potrebbe propagarsi agli altri animali pelosi che vengono in contatto con loro.
Che cosa orribile… la natura è meravigliosa e anche spietata. Ma non si può non amarla.

Un film in orizzontale.

Youth, la giovinezza.
Nelle Alpi Svizzere, anche le mucche al pascolo assurgono alla gloria cinematografica…tant’è che l’apatico direttore d’orchestra  sorride dirigendo il suono dei campanacci.  Perchè lui dice d’essere apatico, e poi si guarda dal di fuori,  e si chiede conferma della sua apatia.  Così apatico che non perde una sfumatura di quello che gli accade intorno, o di ciò che dovrebbe invece accadere.
Nel centro  benessere nella Alpi Svizzere gli ospiti sono un po’ di tutte le età,  certo per la maggior parte anziani, sempre meno anziani dei due bambini che li ascolti e son già vissuti e disincantati, pratici.
In questa sorta di casa di riposo per super ricchi  dialogano concisamente tra loro gli amici e consuoceri Fred e Mick, ovvero l’apatico e il sognatore,  il regista che sta scrivendo le scene del suo ultimo film, la figlia di Fred abbandonata di punto in bianco dal figlio di Mick, Jmmy attore di successo che deve immedesimarsi nella nuova parte,  la tosta musa di Mick  Brenda Morel,  gli sceneggiatori , la massaggiatrice, il medico, Sua repellenza la controfigura di Maradona,  e Miss Universo, che tenta di cogliere tutti di sopresa, esprimendo concetti probabilmente arguti.
Gli altri personaggi son tutti silenziosi, si muovono ieratici , anche la coppia che non si parla mai al tavolo del pranzo  è ieratica,  eccezion fatta per l’ululato che erompe dalla signora durante un  coito, diciamo furtivo ma spiato per caso dai nostri due protagonisti, contro il tronco di un abete nel bosco, ma state sereni, la coppia riprende subito la sua ieraticità.
E’ un film  prevalentemente orizzontale perchè molti dialoghi, pensieri, sogni  nascono in posizione supina, il musicista mentre dorme con la figlia piangente vicina, o mentre  le sue carni invecchiate vengono massaggiate con esperienza, il regista Mick con i giovani sceneggiatori pensano il finale del film sdraiati sui lettoni prima di dormire, o gli ospiti si avviano in fila silenziosa ed ordinata per sdraiarsi negli  idromassaggi.
La storia è fatta di niente,  ma come spesso capita, a Sorrentino e ad altri,  il filo esile di narrazione serve a presentare affreschi e personaggi, momenti, come si avessero in mente prima le scene, e poi si sia pensato a collegarle in modo più o meno plausibile.
Caine e Keitel stupendi nella loro familiarità, ingombrante il Maradona (sarà che è un personaggio che mi ispira disgusto, non me ne vogliano lui o i tifosi napoletani)  curiosa la figlia del musicista infatuata dallo scalatore svizzero, al quale avrei imposto “vuoi avere una storia con me? tagliati metà del materasso che hai per barba” e sì che mi piacciono barba e baffi) e dai con ‘sta cosa della piscina dove si immerge miss Universo tutta nuda, e i due vecchi amici la guardano, come una visione…questa foto in locandina, e ovunque, certo vistosa, si nota, attira, come ormai sederi perfetti e seni di tutte le forme non siano in mostra ovunque…forse è il momento top della loro vecchiezza, potrebbe avere questo significato. Banale, però, d’altra parte è un film pieno di luoghi comuni e dialoghi comuni. Comunque bello, bello per le musiche di Lang, bello per la fotografia minuziosa di Bigazzi, bello per la bravura degli attori. Un film che non ti scompone. Non è immediato trovarvi un senso, un messaggio, ma non è obbligatorio trovarlo, o riceverlo, e ci si accontenta della piacevolezza, del godimento nell’immediato, e già non è poco.

prossimi da vedere, Il racconto dei racconti, e  Taxi Teheran.

Complicatissimo

Difficile definire fronte e retro in una casa che sembra stare di profilo.
Nella casa in Oltrepò il bagno dà sul retro, che è anche la facciata più in ombra.  Il fronte, col soggiorno, la zona pranzo, con le due porte d’ingresso e il prato  davanti,  è invece molto soleggiato, dalle dieci di mattina sino al tramonto.
Quando ci si andava a lavare le mani, capitava di trovarsi  con le mani sciacquate sgocciolanti e  mancava sempre l’asciugamano. Allora ci si arrangiava con l’accappatoio del bagno, penso lo facessimo tutti noi, tranne il capofamiglia suppongo; delle volte invece andavo sul fronte della casa, e con piglio risoluto prendevo  l’asciugamano steso al sole sullo schienale di una sedia, e lo riportavo in bagno: sapevo che era inutile, presto sarebbe tornato steso fuori.  Altre  volte, più arrendevole, andavo a prendere un altro asciugamano pulito nell’armadio, e lo sistemavo in bagno: sapevo che poco più tardi, gli asciugamani stesi fuori sarebbero stati due.
A Milano succede lo stesso, ma in un appartamento le distanze sono più brevi, l’asciugamano può essere, se è inverno, sul calorifero, se è estate nel balconcino della cucina, appeso con le mollette ai fili  per il bucato.
Però a Milano, se non trovi il cordless, e non risponde ai richiami, non è detto che sia scarico e disperso per casa,   prima di mettersi a cercarlo in ogni dove,  conviene dare un’occhiata nel freezer, può essere che sia stato riposto ivi in terapia  perchè il display a cristalli liquidi non si leggeva più bene.

domenica

Mezza pagnotta di grano duro, mezzo salame, una busta di mortadella, una banana, una mela in un sacchetto dell’Esselunga.  Le chiavi della casa là.  Il cane, il guinzaglio, si può andare. Non ho più la stessa abnegazione. Forse l’abnegazione non può essere di diversi tipi, la stessa o diversa:  o c’è o non c’è. Ecco, non c’è più l’abnegazione di un tempo, e ora non sono abnegata per niente.
Il cane quando si avvicina alla casa si agita e comincia a uggiolare, infatti, sorpassati tre ciclisti,  due curve,  ci siamo: arriveremo giusto in tempo perchè Boris, aperto il bagagliaio,  li insegua abbaiando, i poveretti pedalano in salita. Stranamente Boris questa volta non presta molto attenzione ai ciclisti, solo un abbaio veloce,  ha il suo daffare, deve segnalare tutti i confini, acciocchè il microscopico cane dei vicini sappia.
Il chiavistello del cancello è nascosto dalla rosa canina troppo cresciuta, che cerca di trattenerti per i capelli  quando passi, guardinga, l’erba è alta, altissima, e nasconde i quadratoni di sassi del sentierino.
Non è il castello della bella addormentata, non ha le torri ma un  lucernario al quale manca una tegola, e quando entri,  potrebbe essere, che la vita a un certo punto si è fermata, la piscinetta di Luca è capovolta semisgonfia sui due ombrelloni chiusi, ad asciugare, dalle vacanze di due anni fa.
Prima del crollo del tetto, e dopo il crollo.
Prima che io mi allontanassi, e dopo.
Una nuova crepa nelle piastrelle del pavimento, corre dalla porta del salotto alla finestra verso la strada, quella che il capofamiglia non vuole mai tenere aperta di giorno, neanche gli scuri, perchè “essi” vedono dentro e rubano. Fisime, sono entrati tante volte a rubare lo stesso, e la strada è una provinciale in collina, a piedi non passa praticamente mai nessuno.
Prendo i guanti, le forbici, taglio le velleità dell’alloro  di diventare albero, no, te siepe devi restare. Le rose gialle, sono bellissime, taglio quelle sfiorite, sopra un formicaio, ed in un attimo i miei piedi pullulano  aggrediti.  Il caprifoglio corre per terra sul cemento.
Il rastrello, la scopa, il forcone.
Il sole, il vento, le nuvole, qualche goccia di pioggia, il sole.
Ora, davanti è ripulito, Luca ora potrebbe giocarci, davanti, subito fuori dalla porta, e sotto il gramo nido delle tortore,  tra il glicine e la rete
Dentro casa non ci so stare, il timore che mi incuteva ormai  è diventato grande.

“Impresa semplice”

Tornare nella casa in Oltrepò oggi non è stato così spaventoso. Con le piogge  dell’anno scorso, in primavera, che proprio poco distante dalla casa del Capofamiglia avevano causato l’esondazione di torrentello e una  vittima, il tetto sopra il fienile, e quindi sopra la cucina, aveva deciso di arrendersi e inabissarsi. Per fortuna il trave portante si era spezzato senza rompere il soffitto della cucina, forse era stato frenato dalla mille carabattole ammassate nel fienile. Ora dell’inizio di agosto il tetto era stato rifatto, ma nessuno ci ha passato le vacanze. Con enorme piacere ho costatato che parte delle macerie erano ancora fuori dalla cucina, cosicchè ho inviato una lettera minatoria al geometra. Non ho potuto lavare le cose degli armadietti di cucina, su cui aveva sgocciolato acqua tutta la primavera scorsa, perchè non si poteva aprire l’acqua: il gelo aveva rotto il rubinetto esterno e un piccolo tubo in bagno,  il Capofamiglia, nonostante gliene avessi fatto memoria, non aveva ritenuto di venire a chiudere l’acqua prima del profondo inverno, come avevamo fatto per tutti gli anni passati. Oggi non abbiamo quindi potuto provare se funzionava lo scaldabagno, e neanche la lavatrice. L’intonaco di parte del soffitto della cucina, del bagno e del loro corridoietto era già caduto a suo tempo, quasi in testa a mia figlia, tanto che l’anno scorso aveva paura a venirci, e il Capofamiglia diceva che ero io a suggestionarla contro la casa: secondo me, era di più  l’intonaco. Io ho solo paura a star lì da sola, di notte non parliamone, ma da qualche anno anche di giorno, e degli scorpioni che per altro ho imparato ad affrontare con disinvoltura.
La metà di casa sotto l’altro tetto, quello non crollato,  che ha una crepa nel pavimento del salotto (sotto c’è il vuoto della cantina),  appariva immobile, con le sue crepe di sempre anche nei muri, e tante ragnatele, quelle più di sempre.
I pali di quella che era la vigna, sono tutti inclinati,  come la rete che ci separa dalla  strada provinciale: poi, con le piogge primaverili, ricomincerà anche a crescere l’erba, come nella foto.
Ho potato le rose vicino alla casa, e abbiamo regolato il glicine, che anche quello era sceso all’altezza del nostro naso. Dai nostri vicini produttori di vino abbiamo comprato, finalmente, del riesling, della bonarda e del barbera, un sollievo tornare a berli.

CUORE

CUORE

Stamattina aprendo la scatoletta per il cane ho ripensato all’agosto di  qualche anno fa., quando con la Princess andavamo a dare da mangiare ad un gruppetto di quattro cani randagi che stazionavano in una curva un po’ prima di casa nostra.

C’era un segugio come il mio, che si lasciava avvicinare con molta diffidenza, e tre femmine, piccoline, bastardine. Gli mettevamo la pappa e stavamo a vederli mangiare, una notte che c’era il temporale eravamo preoccupate per loro, ma la mattina dopo erano ancora lì.

Poi un giorno il segugio non c’era più, qui in zona sono quasi tutti vignaioli e cacciatori, probabilmente qualcuno se lo era portato via…. Speriamo che non lo abbia poi riabbandonato … Ci sono tanti cani da caccia nei canili,  che non si sono dimostrati all’altezza…

Anche il mio segugio era randagio, infatti  ha paura degli  spari, e nelle orecchione lunghe ha  un sacco di granini, pallini di fucile ha detto la veterinaria. Qui si dice che i cani inadatti alla caccia o li fanno fuori o li abbandonano sparandogli  dietro per farli allontanare.

Certo che qui i sentimenti verso gli animali sono un po’ diversi rispetto i nostri “cittadini”…  

Una volta mi avevano detto che davano fuoco ai porcospini, perché rubavano le uova dei polli, io non ci credevo fino a quando non ne ho trovato uno semicarbonizzato morto nel nostro prato.

Ora è tanto che no trovo porcospini qua ( a dire il vero non ne vedo neanche schiacciati per strada, accadeva spesso)  erano così carini, una volta uno caduto in una buca si è fatto coccolare, ovviamente sul pancino. E credo che uno ci passasse  tutte le notti davanti a casa, trovavo la “traccia” (eufemismo) lo sapevo perché ho comprato un libretto con le tracce degli animali e avevo trovato la foto.

Tornando ai cagnolini, le femmine sono state lì ancora un giorno o due da sole, dopo non c’erano più. Una me la sono ritrovata sul nostro terreno, corteggiatissima dal cane dei vicini, Ugo,  e ambita a distanza dal nostro.

Così le davo sempre la pappa e le mettevo l’acqua, e Ugo la lasciava devotamente mangiare, cosa eccezionale visto che da noi cerca sempre di rubare tutto: da giovane l’ho perfino trovato sul nostro tavolo dentro casa che si faceva una nostra torta.

Mi sono accorta poi che la cagnolina mi aspettava, quando andavo via in macchina, e la notte c’era la sua ciambellina sotto l’ippocastano davanti a casa, ma non si lasciava mai avvicinare più di tanto.

Poi un giorno si è lasciata accarezzare, e mi ha sorriso, giuro che mi ha sorriso, perché poi  lo ha fatto spesso, mettendomi una zampina sul braccio, però senza mai farsi prendere.

Se andavo dalla vicina lei mi seguiva a distanza ed  aspettava davanti alla porta.

Ricordo che avevo chiesto al telefono a mio figlio “Tua madre è  pazza se arriva a Milano con una cagnolina che le sorride?“

Siamo partiti per tornare a Milano, senza la cagnolina, razionalmente… ma la Princess ed io in macchina ci siamo ritrovate a piangere come fontane.

Poi mi ha telefonato la vicina che la cagnolina dormiva ora sempre contro la nostra porta, non più sotto la pianta,  e che ogni tanto andava a lasciarle da mangiare, e che non riusciva a prenderla, se no l’avrebbe tenuta lei.

Così il sabato sono tornata per cercare di prenderla, sono riuscita a infilale un collare,  l’ho portata dalla vicina, si è liberata, è tornata a casa nostra. L’ho ripresa, mi ha visto entrare dalla vicina, dopo è più o meno stata lì, mi sono sempre chiesta, forse perché  mi aveva visto  solo entrare ma non uscire da quella casa. Poteva essere?

E’  morta pochi giorni dopo schiacciata da un camion nella curva tra casa dei vicini e la nostra… da un altro vicino che non ha chiamato in tempo il veterinario per non  spendere i soldi, ha detto. E l’ha lasciata lì così… per quanto?

E’una cosa che non mi so perdonare, lei mi aveva scelto, avessi seguito il mio cuore.