Da bambina leggevo tantissimo.
Ricordo che dopo i grandi pianti, e più avanti negli anni, dopo più o meno grandi delusioni, mi accoccolavo sulla poltrona con un libro tra le mani, leggevo le prime parole attraverso il velo delle lacrime, e poi via, lontana da tutte quelle tristezze. Capitava magari di piangere di nuovo, leggendo le storie, di sicuro lacrime più belle, di quelle che che lasciano veloci il posto ad un sorriso complice. Mi capitava di innamorarmi di alcune illustrazioni, prediligevo quelle dai colori tenui e delicati, come acquarelli, le carezzavo, carezzavo la carta liscia e robusta.
Da bambina pensavo che avrei scritto, che sarei diventata una poetessa.
Un giorno la scrissi, una poesia, con l’immagine che mi veniva in mente sempre quando pensavo a cosa scrivere in una poesia “La montagna si staglia alta nel cielo”.
Non ricordo come fossi andata avanti, forse scrivevo di un ruscello azzurro e di abeti verdi.
L’immagine mi sembra di vederla ancora… però non trovo più la poesia, avevo fatto anche il disegno.
La montagna – le montagne hanno il compito di stagliarsi – il cielo azzurro, il sole con i raggi gialli. E un prato, perchè da bambini si disegna quasi sempre un prato ai piedi di una montagna solitaria.
Ma anche un grande, se gli si dicesse di disegnare una montagna, non farebbe qualcosa di molto diverso.