Archivio mensile:ottobre 2009

Quasi un anno dopo.

Normal
0
14

false
false
false

MicrosoftInternetExplorer4

/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:”Tabella normale”;
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:””;
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:”Times New Roman”;
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}

Due colonne, salvate dopo l’abbattimento del muro di cinta, fanno da porte su uno spazio aperto di aiuole e  viole del pensiero. Poi il cancello vero, chiuso, e la reception. E  il corridoio con le lapidi incise con i nomi dei benefattori, e l’anno.  Si fermano al 2006, il nome di  una  Fondazione. Poi un’altra lapide aspetta,   un foglio di marmo rosa. E poi lo scivolo e le  scale, e il corridoio lungo.
E l’ascensore lentissimo che parte con un sobbalzo.
Stanza a  destra, letto centrale.  Un’infermiera sudamericana dall’aria dolce dice a lei, ed a me appena arrivata, “Vede, non deve pensare di essere l’unica paziente. La flebo così va bene” L’ammalata è rabbiosa, non è convinta, non è soddisfatta. E’ agitata, freme, si lamenta, si lamenta di essere scivolata  giù dal letto, così ora di notte la legano, e la maschera dell’ossigeno, e la flebo che non finirà mai, e non potrà mai superare una notte così.
“Mi danno fastidio i piedi, le calze.” dice rannicchiando le gambe ossute e poi distendendole. Sta immobile,  e sembra vibrare. Lo sguardo si ferma, gli occhi sembrano fissare un fantasma. Le porgo il cellulare con il numero fatto, attende di sentire la voce, come aggrappata al telefonino, parla, sorride, si distende un po’. Parlare al telefono è una cosa normale, una che faceva tutti i giorni.
“E’ inutile che veniate qui, non sono di compagnia, non sto bene”

“Ma siamo noi a farti compagnia, sei qui, magari ti passa di più il tempo,  quando stai bene hai le tue cose da fare no? Ma se non ti va, verrò meno…”
" No, è che state qui e mi vedete agonizzare. Me la sono cavata tante volte, ma questa volta sento che non ne esco”
E’ difficile rispondere a queste cose. L’osservo, la bocca serrata piegata all’ingiù, e gli occhi come fissi in un punto. Un’espressione indefinibile… la bambina che non riesce più ad ottenere quello che vuole, e sta subendo un’ingiustizia…. vedo i suoi pensieri che mulinano, ripetitivi. Non vuole arrendersi, e ha paura.
Ho paura anch’io, di quello che leggo in quel suo sguardo.

Venerdì, a Venezia.

In treno anche il tempo corre  veloce sulle rotaie, non ho mai giocato a scacchi alle sei e quaranta del mattino ed infatti ho perso. A scacchi, perdere, è quello che ho fatto sempre, a qualunque ora. Noto con me stessa che uso il verbo fare, e non il verbo capitare… mi accollo le mie manchevolezze. Non ho mai incontrato nessuno che mi lasciasse vincere, neanche mio padre, e non solo a scacchi. Meno male.
Un voce annuncia che per un disservizio il treno terminerà la corsa a Mestre, e non a Venezia SL. Santa Lucia, non Sulla Laguna come pensavo da ragazzina. La voce precisa soddisfatta che sul binario 1 ci sarà un treno regionale che partirà alle 9.06 diretto a Venezia. L’Eurostar si ferma, e sono le 9.04, senza bagaglio si va spediti, saliamo sul Regionale, e dopo di noi sale una signora artefatta che, con accento romanesco, intratterrà senza sosta il suo accompagnatore. Le porte si chiudono, siamo in piedi in un’atmosfera di caldo umido,  il treno non parte e viaggiatori furiosi o imploranti picchiano le porte, inesorabilmente chiuse. Tutti scontenti, insomma. Però poi parte, e come parte praticamente è arrivato, tale è la distanza tra Mestre e Venezia.
Mi sento sollevata, mi sembra già tanto essere arrivata a Venezia in un giorno di sciopero nazionale dei trasporti.
All’edicola ci muniamo di cartina, e ci dissuadono dall’acquistare il biglietto per il vaporetto, non rimborsabile. Il servizio è irregolare, non ne hanno visto passare uno. L’Arsenale è solo in fondo a Venezia, dalla parte opposta alla Stazione. Venezia non è grande, non si è mai espansa, per forza, le isole son finite, anche se oggigiorno non si puo’ mai dire.
Però Venezia è su e giù, Venezia è calli campi e sotoporteghi…Venezia è che ovunque vada lo sguardo lì vorresti fermarti a guardare meglio, ad assaporare. Attraversadola di fretta alla mattina abbastanza presto, quando non c’è ancora tanta gente in giro, ti accorgi anche del quotidiano di Venezia, che vita complicata sia… Sicuramente, sembra complicata a chi non ci è abituato.
Ci sono, ordinatissimi,  i sacchettini  dei rifiuti fuori delle case, e passano dei carretti a prenderli, e poi buttano i sacchi neri nei barconi, verdi come i camion di Milano. Quasi ovunque la raccolta del pattume è colorato di verde, una simulazione ecologica. Ti accorgi che non vedi in giro bambini, e pensi ai passeggini, e tutte le scale dei ponti che ci sono, e allora ai disabili e poi ai vecchietti, chissà se dietro quelle finestre ci sono persone che non possono uscire ma non vogliono lasciare la loro Venezia. In fondo, come in ogni paese, per gli anziani, i malati, lasciare la propria casa è come fare un passo verso la fine. A Venezia credo non esistano ascensori, e anche i fili d’erba sono rarissimi. Forse,  dietro le porte,  per me passante rigorosamente chiuse,  ci sono anche giardini.
Forse, la sera, qualcuno preferisce accendere le candele.
Venezia  è uno stato d’animo.

il libro della mia amica

Normal
0
14

false
false
false

MicrosoftInternetExplorer4

/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:”Tabella normale”;
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:””;
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:”Times New Roman”;
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}

La sala della Biblioteca Ostilio Bego di Trezzano sul Naviglio via via si riempie, tante donne, di tutte le età.

Le donne sono grandi lettrici, e il titolo in effetti appare diretto ad un pubblico femminile, anche se poi leggendo il libro non è così, non è  una storia sdolcinata, è semplicemente vita, quella di tutti, quella davanti alla quale pochi si soffermano con attenzione.

Vengono letti alcuni brani e Bruna Miorelli parla del libro, delle generazioni che vi sono rappresentate, delle donne che vi si muovono, perdenti e no. La voce di Bruna mi è familiare, è la mia maestra, la nostra maestra, Cynthia è mia compagna di scuola di scrittura, caparbia e determinata.

Siamo quasi coetanee, e quindi il nostro diventar grandi ha attraversato la stessa storia, e il libro lo ho letto velocemente, senza nessun intento critico letterario, semplicemente partecipe, una cosa che mi accade sempre più di rado.

Gli interventi del pubblico sono stati bellissimi, dalla madre che ringraziava perché il figlio  dopo aver letto il libro sembrava aver apprezzato la lettura e stava continuando, a quella che si poneva problemi sul senso materno della protagonista, chi apprezzava la semplicità di scrittura.

Erano suoi concittadini, e mi sono sembrati così autentici, senza nessuno sfoggio di erudizione, senza competizione, semplicemente parlavano con spontaneità e con il cuore. Dicevano cose giuste, poi.

via privata Bastia

Mai sentita. E’ vicino a via Ripamonti, poco dopo il ponte, scendendo, a sinistra e poi a destra. E’ una via dietro un cancello, e un po’ si capisce perchè, nel buio sembra un’oasi rispetto al circondario, fatta di casette carine, che tu dici Ma è Milano qui? e poi ti chiedi se questa grossa città si conoscerà mai abbastanza. Ammetto che comincio ad apprezzarla, meglio tardi che mai.
In fondo a sinistra, mi pare senza insegne ma non so, era buio, ci sta l’associazione Van Ghè, Ambulatorio d’Arte.  Non so perchè proprio ambulatorio, in genere l’arte è creatività, nascita, laboratorio, fabbrica…forse i tempi sono cambiati e ha ferite bisognose di medicazione, o le manca l’ossigeno, o zoppica.
In ogni caso sono entrata in un posto che un po’ era quello che vorrei fare io quando andrò in pensione, perchè non so se è una cosa in cui ci si guadagni da vivere, ma certo da vivere è un guadagno. Un ingresso, ovviamente l’attaccapanni, un ufficetto. E un salone grande e alto, le pareti in diverse tonalità come fossero colori trasparenti sul muro, il pavimento in assi grezze, grandi finestroni da fabbrica, tendoni sul fondo, a riparare la parte che era di abitazione, una cucina, un bagno, un soppalco. Panche e sedie, due materassi per terra coperti da drappi e cuscini. Sulla parete di fronte ai tendoni, una specie di mini palco, ricoperto da stoffa rossa che mi ricordava un po’ le gradinate delle partite dell’oratorio, e i faretti, ed i leggii.
Un tavolo con un aperitivo con cose semplici. Ecco, questo vorrei fare… uno spazio ampio in cui vivere, e prestarlo per le presentazioni di libri, o le feste di compleanno, o le mostre degli amici.

Comunque venerdì sera c’era Guido Catalano, il Poeta, accompagnato da due chitarristi che per me erano sconosciuti, ed ora ovviamente non lo sono più, e sono anche bravissimi, Matteo Negrin e Federico Sirianni,  e il Sirianni diceva sempre di Negrin chitarra di bravura, e pensavo che allora forse l’altro dovesse essere chitarra di buonumore.
E’ bello assistere a spettacoli dove traspare affiatamento autentico, e mi chiedevo anche perchè non fossero in televisione, che son meglio di tanti che ci transitano. Poi mi son detta "No zitta che poi se vanno in televisione mica li vedi più così a portata di mano". L’ospite, chiamano qualcuno della città in cui vanno, hanno detto, l’ospite a Km 0, Suso, è indiscutibilmente brava, ma non so, secondo me non era in armonia con cose tipo la stralunatezza, la spontaneità … insomma, non si lasciava andare.
E’ che ho fatto anche un video, ma non riesco a caricarlo.

RENDIMI L’ANIMA GIONNI di Guido Catalano

ho sognato che veniva dio a casa
e mi diceva, è venuto il momento
di cosa? gli chiedevo
di rendermi l’anima

puoi ripetere per favore, dio?
devi rendermi l’anima, Gionni
nel sogno mi sembrava del tutto naturale
che dio mi chiamasse Gionni

ma scusa dio
in questi casi non vien giù la Morte
con la falce il mantello?
io mi son sempre immaginato che sarebbe venuta giù la Morte
con la falce e il mantello
che magari mi invitava pure a fare una partita a scacchi
e se vincevo non mi spiccava la testa
io così mi immaginavo, dio

no, Gionni
tu t’immaginavi male

e come facciamo, dio? gli dicevo
rendimi l’anima, mi diceva
no
come no?
no
come no?
no dio no, non te la renderò
oh Gionni sì, me la renderaì
ma non è tua la mia anima dio!
e chi lo dice? lo dici tu mica lo dico io!

a quel punto
io mi rendevo conto che stavo sognando
dio, gli dicevo a dio, questo è solo un sogno, non mi puoi far nulla
Gionni, lo so che questo è un sogno, io vengo a riscuotere le anime in sogno
ma così muoio dormendo!

ma Gesù! è come Naitmer!
più o meno

a quel punto
io che avevo visto tutti films
in cui qualche bastardo mostro infame
tentava di ammazzarti in sogno
facevo uno sforzo di concentrazione della Madonna
e mi trasformavo
in un topolino
ma dio che era uno furbo, si trasformava in gatto
e io mi trasformavo in ape
e lui in apicoltore
e io in puffo
e lui in Gargamella
e io in automobile
e lui in vigile urbano
e io in acqua
e lui in spugna
e io in Superman
e lui in Kriptonite
e io in Imperatore del Giappone
e lui in bomba atomica

allora io mi trasformavo in Dio
e lui
diceva: minchia e adesso?
eh, adesso dio siamo due dio e non mi puoi far nulla
mi hai fregato
a sto giro sì
vabè vado
ciao ci vediamo dio
ciao Gionni
ciao

Sono ricominciati i giovedì all'Arci

Maria Carla Baroni sta già leggendo quando arrivo nella saletta, non molto affollata. E’ la prima serata del nuovo ciclo, l’annuncio è arrivato un po’ all’ultimo momento, ancora non si sapeva se la piacevole abitudine del giovedì sarebbe potuta continuare nell’autunno.
Che dire della poesia della Baroni?
Che può dire una a cui non piace la poesia, in generale?
E perchè una a cui non piace la poesia si autoflagella settimanalmente?
Non sono una critica letteraria di professione, e le cose che ascolto leggere dopo poco mi sfumano, non saprei riportare i testi e citazioni in maniera attendibile, me ne resta l’impressione, però.
E’ una donna matura, è economista, leggo nella presentazione, e ambientalista. Un po’ come me, penso, matura bancaria naturalista.
Questa volta, ascoltando, provavo una forte sensazione di contrarietà, il suo sguardo sulla vita suonava assolutamente opposto al mio.  Non per i temi di cui si occupa, il divenire, la natura, politica, società…
E’ che…. Ho annotato qualche verso.
"sulla riva fuggono le onde/carezze morenti " … ma quando mai un’onda è una carezza morente… è un qualcosa che arriva, è un fruscio… il mare per me è un’immagine di vita.
" il legno dà luce e calore nel momento in cui muore" … insomma io non riesco a vederle così le cose ma forse sono fortunata, che riesco a vivere senza la prospettiva di morire.
E dice che facciamo parte di un tutto in divenire, ma noi singole particelle di questo tutto invecchiamo, ed allora c’è una certa malinconia nel vedere accorciarsi la nostra vita…. Eccheccavoli no, non immalinconirti mica, vivila, alza lo sguardo, combatti questa sensazione tarpante.
Che poi la poesia non è che non mi piaccia mai. Addirittura, senza volerlo, su questo blog devo aver lasciato scritto qualcosa che mi hanno detto assomigliare ad una poesia.
E’ che tante volte mi sembrano assurde, le poesie, rigide.
Come se uno  sentisse strombazzare una macchina nella via, e si desse il compito "quasi faccio una poesia sul traffico" e vengon fuori certe cose impettite. Altre, suonano ridondanti di incubi notturni, ed io dormo placida e non le capisco.
Mi capita di rado, di sentirci l’anima, ma credo sia un limite mio, o mia la concezione che una poesia dovrebbe essere come quando si guarda il mare o il fuoco o le nuvole nel cielo.
La poesia ai giovedì di Turro mi piace, forse perchè è una cosa tra amici. Forse perchè ascolti e vedi il poeta che legge, e ci parli.
E poi era bello in estate si formava la tavolatona e si cenava nel dehors del circolo… e questa volta invece a mezzanotte e 01minuto si è brindato per il compleanno di Anna, davanti a una teglia di tiramisù guarnito da una candelina. 
 La prossima serata, l’8 ottobre,  ci sarà un reading di poesia, e sarà anche aperto a chi vuol leggere qualcosa di suo.