E’ un gioco strano, che gioco non è, tutt’altro. Gioco è anche quello degli ingranaggi, come stanno messi tra di loro.
Ieri sono passata da casa – come posso dire, la casa vecchia, l’altra casa, in un post precedente l’avevo distinta come casa di famiglia.
Non so ancora che casa è, per me è sempre casa, l’ho messa insieme e ci ho vissuto 9 anni, e ci stanno le persone che mi sono più care, gli affetti indubitabili.
Son passata da casa, e mi ha accolto un odore caldo umido di cane, ed il cucciolo Boris che cresce a vista d’occhio, in fondo lo avevo visto solo martedì.
Al di là del cancelletto c’era un altro cucciolotto a quattro zampe, che mi ha rivolto un’enorme risata… ora quando mi ride, plana sulla pancia e nuota, agitando le gambette e le braccia. Poi ha cercato di ciuciare la gamba di una sedia.
Ho messo in una borsa qualche altro vestito… quando passo, porto via qualcosa, e penso che questo tipo di cernita sarà utile per difarmi finalmente di tutto quello che non ritengo necessario alla mia sopravvivenza.
Quando abiti in una casa spaziosa, non ti poni tanto il problema, il posto c’è, e lasci lì: è più difficile il contrario, eliminare, perchè non si sa mai che un giorno…
Sono dell’opinione che tra quello che abbiamo in casa a Milano, e quello che abbiamo in campagna, in caso di disastro nucleare, possiamo far ripartire l’umanità intera.
La cesta della biancheria traboccava… la Princess non si sente sicura nella divisione dei capi per categorie, e nulla si era mosso dallo scorso martedì, come la sabbietta dei gatti.
Ho riordinato il lavello e ho aspettato di accompagnare la Princess alla lezione di Kick Boxing, un ritorno dopo la maternità, in prova, sperando che il Principino bambino, appena pasciuto, restasse bravo con il suo papà.
Fare la spesa al super alle otto di sera, senza nessuna ansia, è stata un’esperienza nuova, anche comprare due arance, due pere invece di sacchettoni. L’ansia "è tardi" sale, ma poi tu le dici "sta buona, che c’hai? ", insomma, è un vivere da imparare: può venir buono sempre, e anche sul lavoro, che sta raggiungendo livelli intollerabili di… prescia? si dice così?…ma una fretta opprimente, non gioiosa.
Archivio mensile:febbraio 2009
Ti svegli, senti passare il tram. Non mi sembra che ci sia una vera e propria linea, credo che sia un andirivieni dal deposito. E ci sono le cornacchie, che al sesto piano sono tanto più vicine. Ci sono gli alberi nella via, platani, adesso hanno foglie secche e marroni, ed i loro frutti a pallina, ma presto diventeranno color verde tenero, e sarò a tu per tu con gli uccellini, si sentono anche quelli, per fortuna. Credo che gli uccellini di città però sian furbi, e nidifichino contro le case, ben protetti, piuttosto che sui rami degli alberi alla mercè del vento e della pioggia, ed anche del calore moltiplicato del sole.
Ti svegli in una trapunta che è ancora troppo nuova per avvolgerti col calore che dovrebbe, e ti muovi con circospezione, è ancora tutto nuovo, e si teme di sciupare. Poi arriverà la noncuranza, e sarà casa.
Guardrail
Lunedì sera dovevo uscire, per la presentazione del libro di un’amica Facebook.
La scelta dell’abbigliamento non è difficile, anzi quasi obbligata, non ho portato con me per ora che poche cose, il necessario per qualche giorno.
E’ un po’ come stare in un campeggio, tante cose non le hai e ti arrangi un po’: anche le pentole sono ancora imballate, e bicchieri a òpoco prezzo che mi piacessero non li ho ancora trovati.
Quando è ormai ora di andare, mi viene da pensare che mi ero preparata senza impigliarmi in nessuno, ed ero stata in completo silenzio, che senza uscire di casa forse si perderebbe l’uso della parola, a stare da soli si ascolta si guarda, ma non si parla, e poi si usano gli sms.
Guido per Milano, in fondo è come sempre, ma pensavo un po’ preoccupata al ritorno in piena notte, quando sarebbe stato difficile trovare posteggio perchè la carreggiata deve essere libera, passano i camion per il lavaggio stradale, e non conosco ancora la zona by night per muovermi in sicurezza.
L’incontro con gli amici, le presentazioni, ci si avvia al luogo, un bar nei pressi del Naviglio, e improvvisamente mi accorgo di essermi dimenticata di cenare. E’ proprio un bar, non c’è una saletta… si saluta l’autrice, intorno solo volti sconosciuti. La svolgimento della serata è lasciato agli avventori, non accade nulla, non sembra neanche che debba accadere nulla, nella penombra, ma va bene così, la conversazione nonostante la musica, più rumorosa che altro, funziona,
Un cameriere prende le ordinazioni, un filo di speranza si accende in me attanagliata dalla fame: sconsolata, vedo arrivare un vassoio con tre bicchieri, nessun piatto. Qualcosa è esposto sul bancone, residuo dell’ora dell’aperitivo, ma mi vergogno un po’, con le mie forme abbondanti (eufemismo) essere quella che si abboffa…ma alla fine cedo, spiluzzico. Certo che comincio bene, magari riesco davvero anche a dimagrire.
Si accende una lucina…Eva si alza, con altri due ragazzi, una breve introduzione, leggono brani del libro, sorridono, e ridono e si fanno cenni: una presentazione, come dire, domestica, spontanea. E così è, fresca e sorridente, Eva, sedutasi poi al tavolo con noi.
Al ritorno penso se non sia un po’ "Guardrail" anch’io, per quanto in epoca e circostanze diverse.
Come pensavo, non trovo posteggio, lascio la macchina vicino alla casa di famiglia, dove sarebbe comunque servita la sera successiva, e chiamo un taxi per tornare al mio eremo.
Avevo aperto la valigia, e stavo attaccando alla maniglia una fettuccia arancione. E’ vecchia, le rotelline girano male, è tagliata. E la maniglia non si allunga. Mio figlio la voleva buttarre via. io l’ho trattenuta, la userò per fare avanti e idietro con la casa nuova.
Il micione si è messo a giocare con la fettuccia e si fa accarezzare.
Il pensiero, improvviso, il gatto, i gatti.
Cè un momento confine…
Il limbo.
Poi le cose succedono.
Ritiravo la biancheria asciutte e progettavo mentalmente il piano lavatrice.
Poi le cose si interrompono.
Chissà se il materasso nuovo è comodo.
Sono giorni strani
Il tempo vola
mi dico dopo, ed è già domani
i cuccioli crescono
c’è chi ha due dentini e vorrebbe camminare
e chi di dentini ne ha tanti e aguzzi, e insiste a passare dallo sportellino del gatto, ormai giro vita.
Altrove, le stanze incomplete sanno di imbiancatura,
i cartoni ammassati in un angolo, le librerie come isole nel mare.
Su una, i libri primi arrivati.
Il tavolo al posto del divano, le isole al posto del tavolo
Su un tavolino il materiale spaziale in un ammasso di fili, ed il giradischi usb ancora imballato.
In angolo, due casse di vinile attendono.
In cucina l’essenziale, ma neanche, è ancora da pensare. C’è il sapone per i piatti, e le posate non esistono ancora.
Sopra la vasca da bagno tipo zampe di un grosso ragno attendono la tenda della doccia, con le palmette rosse.
Il vuoto della lavatrice.
Il letto non ha i cuscini.
Voglio mettere tende gialle ed arancioni in camera, e fucsia scuro ed arancioni in salotto.
Per domenica sera abiterò qua.
Apre la porta, la luce filtra rigata dalle taparelle, non ha l’abitudine di serrarle.
Anche dal letto le piace seguire con gli occhi le geometrie sulle pareti, e le ombre. La mente e la fantasia seguono gli occhi.
Erano le otto del mattino, il cielo era limpido e freddo. Sullo sfondo dei tetti delle case, sembravano vicinissime, le cime bianche delle Alpi.
E con oggi sono
Mi sto accingendo a fare un passo che è frutto di un cammino di qualche anno, e che mi spaventa un po’, mi spaventa un po’ se guardo queste due cifre, e mi spaventa sentendo nell’ aria galleggiare queste cinque lettere, c, r, i,s,i.
Ma appunto in forza di queste due cifre, so che non posso rimandare la verifica.
Ormai manca poco perchè mi trasferisca.
Andare a vivere da sola, anche se dico che non lascio nessuno e che abito solo da un’altra parte, sarà una "bella" prova, mi aspetto più rose che margherite, che come noto hanno profumo e spine, mentre la margherita, il mio fiore preferito, è dolce e romantica, e profuma di prato.
quando ci sono più voci narranti
è stato l’argomento della prima lezione nuova serie del corso di scrittura creativa, svolto da Giulio Mozzi in modo molto interessante e che non sono, al solito, in grado di riassumere. Anche perchè nella mia borsa saccheggiata e devastata non sono riuscita a trovare una penna e non ho preso il benchè minimo appunto. Si è partiti dal Manzoni, passando attraverso Faulkner (L’urlo e il furore), i Fratelli Karamazov , Ulysse, Il suicidio di Angela B (Umberto Casadei) per arrivare al mio adorato La scomparsa di Patò, il modello "faldone", raccolta di documenti , in questo caso intorno alla misteriosa sparizione, i cui contorni vengono definiti in realtà da quello che non viene detto.
La parte seconda della lezione è stata avvincente, con il modo che ha Giulio Mozzi di interrompere la lettura del racconto via via ci fossero da parte sua osservazioni, severe, ma pertinenti.
In sunto la storia, scritta da una compagna di corso, racconta di un ragazzino affetto da una malattia che non gli faceva sentire dolore, e quindi si faceva male senza accorgersene. La madre lo teneva iper protetto in compagnia solo del suo amico immaginario. Il ragazzino con l’aiuto dell’amico immaginario organizza la fuga, e va via di casa dopo aver aperto tutte le uscite del gas.
Una delle considerazioni… porsi il perchè il ragazzino racconta.
Poche righe dopo l’inizio del racconto, c’era un’interruzione, nella quale ci si riportava al passato, più lunga del racconto stesso.
La lunghezza del racconto, due pagine, che non è una lunghezza " commerciabile, a meno che non si voglia fare una raccolta di racconti brevi che abbia un filo conduttore.
Alla fine Mozzi ha espresso considerazioni come, pur nato da uno spunto interessante, alla fine il racconto non lo fosse; mi è venuto da pensare (ma il tempo era scaduto e non ho potuto proporlo) che forse avrebbe potuto svolgersi su due piani, da un lato un genitore ferito dallo scoppio che parla del figlio con la Polizia che svolge accertamenti, e dall’altra il figlio che si immalinconisce e a sua volta a chi, nel suo vagabondaggio, gli chiede, racconta della sua vita, dando le risposte alle domande che emergono dai racconti del padre; però non deve essere facile, neanche un po’, scrivere una cosa così.
Comunque ho gradito la serena sincera severità di Mozzi.
puff puff 2
Quando al mattino ci si fa la doccia, e ci si crogiola nella schiuma sotto l’acqua calda, non si sa ancora cosa capiterà nella giornata.
Sono arrivata col mio solito leggero ritardo in ufficio, ed ai tornelli cerco il mio bel portafoglio di pelle arancione, scelto apposta per poterlo individuare subito nella specie di bagaglio che mi porto appresso, denominato borsa.
Niente. Con un po’ di vergogna comincio a tirar fuori il cappello, i guanti viola, la macchina fotografica, i due cellulari, la busta in pelle con tutto un po’, l’altra busta "necessaire informatico"… chiavi della bici della casa nuova della macchina della casa … nulla… il contenuto smetto di elencarlo per la vergogan che non è più solo un po’. Una collega si ferma per sostegno morale…mi fanno entrare senza badge, la collega mi accompagna nella stanza, è molto gentile, anche se, nonostante si stia appalesando l’ennesimo episodio di sfiga, riesco ancora a camminare.
Svuoto completamente la borsa, i colleghi solidali sono ormai diventati tre… telefono a casa, occupato… il capofamiglia sul cellulare, è già per strada. La Princess non risponde al cellulare, il Nuoro ha la segreteria telefonica, il numero fisso dà cronicamente occupato. Finalmente la Princess, con reazioni che sembrano ancor più bradipesche ad una madre che non ne può più, cerca in casa nei posti dove potrebbe celarsi il portafogli. Non c’è.
Telefono alle due banche, blocco i bancomat, per fortuna i documenti erano altrove, e l’abbonamento tranviario pure.
Corro a casa, non prima di aver inoltrato la prescritta mail al personale ed ai capi: Prendo mezza giornata di ferie, per questo motivo, se non finisco le pratiche prolungo nel pomeriggio (e sto meditando anche di prolungare fino a Lourdes).
A casa rintraccio i numeri deile tessere bancomat, e corro dai carabinieri per la denuncia.
Dopo un po’ di attesa, è il mio turno, ed a metà della stesura della mia denuncia chiama mia madre, è stata contattata da uno che ha trovato dei miei documenti, le ha lasciato il numero di cellulare.
Lo chiamo, concordo come recuperarli, interrompo la denuncia, vado. E’ un anziano, molto gentile, che mi dà l’astuccetto che era rei bancomat ed ora contiene badge dell’ufficio, tessera sanitaria e carta del supermercato. Lo ringrazio molto, mance non ne posso dare perchè ho le tasche vuote e neanche posso prelevare, ma comunque non l’avrebbe certo accettata.
Mi spiace per il portafoglio, era bello e conteneva un ricordo caro…
Mentre aspetto che il giovane carabiniere finisca di parlare con il suo maresciallo, mi guardo in giro, c’è un pensile a scomparti, che contengono ognuno incartamenti ed il cappello. Concludo la denuncia col giovane simpatico e gentile, e torno a casa pronta a ripartire per la prima banca, la seconda domani mattina, è sulla strada per l’ufficio.
Ecco… e stasera la prima della nuova serie di lezioni del corso di scrittura… gli assegni, devo ricordarmi gli assegni, chi li usa più?
Però.. ripensandoci, potrei far fidanzare mia madre col tizio che mi ha trovato le carte.
Eri infreddolita,ti sei lasciata andare sul sedile del filobus, immersa nei pensieri, più o meno maliconici, più o meno come l’alone che il fiato lascia sul vetro e che osservi ritrarsi piano piano e sparire.
Ci sono momenti in cui ci si sente soli davanti alle cose, per quanto tu faccia e dica e lotti e ti ostini, e non ci puoi fare nulla. è l’assenza della presenza…non ci sono braccia che ti accolgono, nessun sussurro che vuoi sentire "son qui con te". E poi vedi la luna piena immobile sul Naviglio, e le luci bianche e le coppie di luci gialle che scorrono, e non piangi, comunque non piangi più.
1,2,3 pronto.. pronto…prove tecniche di trasmissione
Sono nella casetta fino a stasera, aspetto frigo e cucina e faccio intanto un po’ di cose… il lavello è nel bagagliaio della macchina da portar su… brrrrrrrrrrrrrrr speriamoche 80+50+48 siano effettivi……brrrrrrrrr!
LIBERE DENTRO – Racconti di Donne del Sud
Dopo l’ufficio sono andata con due colleghi alla presentazione di questo libro, scritto da Maria Grazia Galati, amica di uno di loro.
La cornice, Spazio Design Elementi… un’inaspettata esposizione di cucine di lusso, elegantissimi frigoriferi tipo armadi, fornelli ad infrarossi, una profusione di inox.
L’autrice, una vivace sorridente energica donna bionda, presumibilmente libera dentro, e meno fuori, costrettasi su alti tacchi e minigonna a far gli onori di casa, più rilassata dopo, in pantaloni e golf.
Il libro, cinque racconti di Donne del Salento, la cucina, un cuoco prepare le ricette di cucina nascoste nelle trame e rimpinza il buffet.
Vino pugliese, negramaro Marangi.
Le tartine con pomodorini e un po’ piccanti le ho scoperte subito, leggendo le prime pagine, la frisa. Troverò anche le palline invulnerabili all’acciuga, e la torta con patate e capperi, ne sono certa.
Sfogliando il libro, bellissime foto del Salento, in bianco e nero, a dir la verità le foto del Salento me le ricordo blu di mare e di cielo, queste sanno anche di secco di arido e di antico.
Ottimo il formato, per una come me che legge prevalentemente in autobus, sembra una scemata, ma conta: Il Signore degli Anelli, regalatomi in unica soluzione, non lo leggerò mai (soprattutto tutto perchè non è il mio genere).
Libro nuovo in cucina nuova, un ottimo insolito connubio.
puff puff…
Sabato mentre stavano montando l’armadio ed il letto ed io stavo lavando la portafinestra della cucina, mi sono presa un colpo: mi sono resa conto che la portafinestra si sarebbe aperta solo per una spanna, finendo contro il mobiletto di sessanta cm del lavello… e i mobili mi sarebbero arrivati martedì. La finestrra faceva il giro a 47,5 cm dal muro…il lavello doveva essere meno… ma di che misura sono i lavelli? Lo spazio è pochissimo, 180 cm giusti giusti in cui far stare lavello cucina e frigo. le collocazioni obbligatorie, per via di rubinetti e scarichi e scaldabagni appesi: finestra, lavello, fornello, frigo.
Col cuore in gola, vedo sul catalogo Ikea che gli acquisti (quindi gli ordini si possono cambiare entro 30 gg) provo a telefonare, io avevo chiesto anche il finanziamento…insomma, si fa, ma devo andare lì. Che dovessi andare lì era scontato…
Insomma, accompagnata dal capofamiglia perchè la mia macchina era in uso alla Princess ita a Firenze con la sua famigliola, ho passato il pomeriggio a sbrogliare la pratica, e ne sono emersa senza cucina, senza libreria (l’ordine andava disdetto tutto) pagando il trasporto e una parte del montaggio,e col problema del lavello sottomisura.
Lode all’Ikea: lunedì mi hanno chiamato, dicendo che avevo diritto al rimborso anche del trasporto e del montaggio.
Così, depressa per la difficoltà per trovare il lavello, telefonicamente e di persona in un paio di posti, ho ricomprato la libreria, le sedie, sono andata da un coso di idraulica grosso e ho trovato il lavello, e sono tornata dove avevo visto una minicucina a gas con forno elettrico e un minifrigorifero. Ora mi mancano i pensili e lo scolapiatti… e pregare che quando verrà l’idraulico a collegare lavello e cucina, lo scaldabagno funzioni, ora che c’è il gas si può provare.
Insomma… la sfida continua… La sfida con chi? con la sfiga? con me stessa? con il mondo, aa far vedere che mi arrangio? non so… però mi sento in combattimento!