Archivio mensile:marzo 2009

In centro piove più che a casa mia.

Uno dei problemi dello stare al sesto piano, oltre l’avere un pessimo rapporto con gli ascensori, è capire se piove o no, quando non c’è proprio un palese diluvio. Mi sporgo appena, è già tanto per una che soffre di vertigini. Non si notano i cerchi delle gocce che cadono nelle pozzanghere, è ora di cena,  e c’è anche la partita, non c’è in giro nessuno, e nessuno con l’ombrello, aperto o chiuso.
Senza ombrello a due passi dal Duomo  in mezzo a gente con l’ombrello aspetto il tram 27 sotto il tendone di un argentiere, una cornice d’argento a 80 €, due per 100 €. 4 minuti, dice il diplay, e, con diligenza, 3 poi 2, poi 1 ed infine 4…si ricomincia, ma questa volta arriva.
il tram si ferma proprio davanti al mitico Rolling Stone.
Immag037Ragazzotti all’esterno non credono ai loro occhi, c’è scritto vietato ai minori di anni 18, studiano come entrare per il concerto e riuscire a restare nonostante il divieto quando scatta la discoteca.
Il concerto di Massimo Priviero comincia. Fa effetto sentire quella musica roccheggiante, in lingua italiana. Il suono è roboante. Mi piace. Mi piace tornare a  sentire le vibrazioni della musica dal vivo, dopo qualche mese di astinenza. Mi sembran bravi, il Priviero ed il suo gruppo, illiminati da luci gialle, verdi e violette che poi si fermano sul blu, che giudico la condizione migliore, gli argenti della batteria luccicano come stelline. Penso,  vorrebbe essere il Bruce nostrano, ma non lo è.
La musica è tanto forte che dopo un po’ non mi sembran più così tanto bravi, e forse non son più bravi perchè debbo stare in piedi con il mal di schiena, e mi sembran diventate strette anche le scarpe, e temo che le mie orecchie abbiano prodotto degli anticorpi, da tanto sento ovattato.
All’uscita leggo un cartello, che dopo le due non si servono più alcoolici, chi desidera cosumarne è invitato a premunirsene per tempo. Un cartello che dice tante cose.
Torno a casa, alla guida l ‘amico dell’amico e navigatore satellitare, stupita della totale incomprensione  tra i due (guidatore e navigatore).

Le parole e il caleidoscopio.

La sveglia che non suona, nel semibuio, le tapparelle di legno, azzurro un po’ scrostato, non le tiro mai completamente giù.  Filtra una luce,  non è luce veramente però, è blu, promette che sarà una giornata serena.  Serena come me… no, non so fino a che punto mi sento serena, mi sento forte però, anche se ho questo mal di schiena che mi tormenta da un po’,  ormai sospetto del materasso economico. Il silenzio della mia stanza è frantumato dallo sferragliare del tram. Chissà, quando i platani dismetteranno le fuligginose rimanenze dell’anno scorso, e  spunteranno le foglie nuove e le infiorescenze, forse gli uccellini prenderanno coraggio, li ascolto timidi, e soverchiati. I rumori tendono a salire nell’aria, son leggeri…la strada è sul balcone, spesso qualcuno urla di notte, ma non capisco le parole.
Leggo prima di farmi il caffè, queste parole nel blog di un’amica, immerse tra altri suoi pensieri.
"Troppe parole e poca comunicazione, bisogna sempre pensare che ogni parola che ci viene detta è già stata detta, o lo sarà, prima o poi, a qualcun altro.

La parola è un mezzo di comunicazione ingannevole, illusorio o deludente."
Lascio il commento . "Mi son fermata sulle parole, che sono la mia passione… è giusto pensare che sono già state dette, e verranno dette ancora… ma le parole sono come un infinito caleidoscopio… e non saranno mai le stesse, dipende dall’animo e dal momento’ da chi le dà e chi le riceve…. "
Il caleidoscopio… può contenere pochi poveri pezzi, e può essere complesso, ricco, ma il ricomporsi dei frammenti  ha sempre un suo bello.
Un po’ come la vita, quello che ci dà, e le  cose che non possono fermarsi mai, un piccolo movimento del tubo e cambia la disposizione, bisogna guardarci dentro, e vedere che è bello lo stesso.

(immagini prese dal web)

cercando di non lasciare tracce…

Sto cercando di non farlo sapere a mia madre, che l’ho fatto, quello che tante volte ho detto, che andavo a star da sola. Lei mi dice sempre che il capofamiglia è un bravo ragazzo, di non  far sciocchezze. ma lo so anch’io che non è cattivo..

Non so se è una sciocchezza, so che tempo fa sarei stata considerata  una poco di buono, a lasciare un marito, e una figlia, e un nipotino, però quando si va si lasciano anche tante cose invisibili e impalpabili,  e magari incomprensibili per gli altri. E poi non li ho lasciati, abito solo da un’ altra parte.

Insomma, non ho voglia di discutere la cosa con mia madre,  in una famiglia dove ognuno sempre ha fatto quello che ha voluto, discussioni che lascerebbero il tempo che trovano..

E far sì  che  mia madre non  si accorga, sta diventando quasi una faccenda da commedia americana.

Chiede alla Princess, come mai la mamma è sempre fuori, non si starà separando.

Telefona, e le dicono che sono fuori, o che dormo.

Mi ha chiamato sul cellulare, ero a casa mia, mi dice “sei fuori?” ed allora dico “Si si” ed esco sul balcone, per far sentire il rumore della strada anziché la mia voce che rimbomba tra le pareti vuote.

La mamma alla domenica viene quasi sempre a pranzo da noi:  l’ultima volta, sono passata a prenderla, abbiamo mangiato,  lei dice  “andiamo in salotto, che hai il tuo pc”… argh,  il pc non è qui…per fortuna prima deve andare in bagno, mi dà il tempo di precipitarmi in  camera del Primo Figlio e prelevare un portatile rotto, che sistemo dove una volta stava il mio.  “ma non guardi il pc? “, “ No mamma, non  ne ho voglia adesso.” dico dal divano. “ Come ti sei ridotta!” ride il compagno della Princess.

squittisce il citofono

Non è possibile, li aspettavo a cena per le nove e mezza, capofamiglia, princess e principino. Il principe consorte era trattenuto a casa dalla partita della Juve,  però voleva le fragole lo stesso.
Erano le otto e le stavo pulendo, le fragole, una quantità immane, che mi arriva il capofamiglia con il principino, la dolce Princess era a fare la sua lezione di kick boxing, appunto per quello si sarebbe cenato tardi, dopo averla recuperata là.
Il tappeto con le strade gli alberi e le casette che avevo comprato per le visite pastorali del pupo era già pronto per terra, gradito dopo un primo disorientamento per l’ambiente nuovo…
Il capofamiglia esce a prendere la Princess, e resto a fare la nonna, forse è la prima volta che sto con il Principino affidato solo a me.
Si punta sulle braccia e col culetto patelloso in aria punta i piedini…Gli piace il gioco che gli ho preso, di legno, piaceva a me a dire il vero, lo afferra e lo struscia sul tappeto. Non sa ancora sedersi da solo, ma credo che manchi poco. Ciacola in continuazione, è arrivato ai bordi del tappeto… Yuuu uo uo yu uao uo…è entusiasta, ha visto le piastrelle e cerca di grattare via i disegni delle pietre… anche la tenda violafucsia lo attrae, non a lungo per fortuna.
Arrivano quei due là, giusto nel momento in cui avevo scolato la pasta.
Si mangia, si parla, si ride.
Una famiglia, due case… potrebbe essere una formula.
Mi sento più serena, disponibile, meno stanca, quando passo da casa "là" magari fermandomi a cena e dando una mano alla Princess.
Domenica scorsa ho accompagnato a potare la vigna il capofamiglia, ed in macchina, cosa che non succedeva da secoli si è parlato, di cose di casa, ma si è parlato.
Le sensazioni sono strane… è un riassestamento, un po’ sul filo del rasoio,  in cerca di nuovi equilibri.
Una cosa è certa, che in una casa nuova, tutte le volte che uso qualcosa, devo togliere etichette e cellophane, se non addirittura " ‘ spetta che lo costruisco".

grazie

Grazie a Giogugio  e a Delphine per il premio, e per le loro belle parole, e per essersi ricordate di me in  un momento in cui sono piutosto latitante.
Questo è un premio per " blog che hanno dimostrato impegno nel trasmettere valori culturali, etici, letterari o personali" , e poi ha un regolamento:

– accettare…(non si è obbligati)
– visualizzare il logo del premio
– linkare i blog che premiano
– premiare altri 15 blog meritevoli.

Non me la sento però di indicare quindici blog…son tanti e non mi va di far preferenze… e poi è peculiare, quelli che nomino le "catene" non le portano mai avanti.
Se invece di indicarne 15 ne indicassi
uno

non

non sono sparita sono solo incasinata…ieri stavo scrivendo un post, per ringraziare poi giogugio e delphine, e mi si è cancellato, oggi non ci riesco… domani vado in vigna…
Un bacione a tutti quelli che passano di qui!

Chapel

Mentre usciva dalla banca, il semaforo era diventato rosso; l’aria era umida, indecisa se essere pioggia oppure no.
Una figura dall’altra parte della strada, seduta su un gradino davanti ad una vetrina, attirò la sua attenzione: un uomo giovane, minuto, riparava sedie impagliate, ad uno degli angoli dove anche suo padre riparava sedie impagliate.
Se lo ricordava bene, un omone con grandi occhi celesti, i capelli ed il viso rossicci, lo vedeva sempre da bambina quando accompagnava la mamma in corso Vercelli, contornato da sedie, e anche da ombrelli.
Chissà se esiste ancora qualcuno che porta a riparare l’ombrello, lei per esempio non lo faceva, li comprava da poco prezzo, si  autodistruggevano o li perdeva prima.
Poi quando aveva cambiato casa, lo aveva chiamato per rifare l’impagliatura di tre sedie: ora, le sedie impagliate per quanto belle non le comprerebbe più.
Era rimasta stupita, ed anche un po’ delusa, che fosse venuto a ritirare le sedie a casa, e disponesse di un furgoncino e di un laboratorio, aveva sempre pensato che tutto si svolgesse agli angoli delle vie.
Le sedie gliele aveva anche riportate, a casa, accompagnato da un ragazzino. Il padre si chiamava Bernardo, o Giovanni, non si ricordava bene, il figlio Marco, forse, come il suo.
Non ci si fa caso di solito a queste cose, ma pensandoci, questo sconosciuto l’aveva vista crescere.
Camminare bambina per mano alla mamma, e da madre, spingere il passeggino.
Pensieri veloci, uno dentro l’altro, il tempo di un semaforo.
Passandogli vicino lo guardò mentre martellava il telaio di una sedia. L’uomo giovane alzò la testa,  due occhi azzurrissimi la scrutarono e le sorrisero,  per  riabbassarsi subito sul  lavoro.
Fisionomie.


sabato grasso, con Vertoiba 5

Sarà che non sono passata dal Centro, ma il Carnevale  – oggi sabato grasso qui a  Milano – quest’anno l’ho visto poco, giusto perchè all’Upim vendevano i costumi e nei  supermercati i sacchetti di coriandoli,  nel declino delle stelle filanti.
Dei coriandoli mi piace giusto il nome, che trovo dolcissimo, svolazzante e colorato. Magari  è un dejavù, ma trovo una certa sensualità nel lancio dei coriandoli…non però nei modi di  una donna che ne seppelliva un bambinetto, dicendo Auguri,auguri, al fianco di una mamma con testa di drago.
Al Brico Center l’unica cassa aperta, forse per sua punizione, o per nostra costringendoci a guardarla, con una cassiera con una grossa parrucca di riccioli candidi.
Passavo pomeriggi, quei miei pomeriggi di bambina solitaria, a giocare con le stelle filanti, facendone intrecci a fisarmonica, e catene, all’epoca odiavo il colore  arancione.
Al pomeriggio la presentazione del libro – che non si può definire romanzo e neanche antologia, sistema di voci penso sia stata la definizione giusta data dalla relatrice Annamaria Palladino – di
Ale D’Agostino, cui la terribile Tiptop voleva donare una margherita, uno di quei bei rami lunghi…
Terribile Tiptop perchè dopo la prima presentazione avvenuta a settembre e recensita sul blog
Sanremout, avevo commentato l’opera un po’ fuori dal coro, con un giudizio non negativo ma perplesso su alcune cose, apprezzandone altre.
Arrivata in bicicletta ed in anticipo, mi sono fiondata da un fiorista, che però mi ha proposto di tutto, anche una composizione di giacinti, uno rosa, uno bianco e uno azzurro, stile maternità che non mi sembrava il caso, e insomma ho ripiegato su tre tulipani, due gialli e uno bianco, colori della margherita tipo. Solo che ne hanno falcidiato il gambo, e sono spariti avvolti in una garza verde, insomma non era più il gesto che volevo fare io. 
La nemesi esiste, cosicchè l’autrice mi ha chiamato a parlare (io muoio in pubblico così, ma ho retto, sto imparando,ma non mi sono alzata in piedi) come interessante caso di persona che aveva già letto il libro, e non le era piaciuto.
Intanto nella libreria  c’erano dei saldi, mica tanto convenienti a dire il vero, perchè 5 euri per un Piccolo Mondo Antico in edizione Oscar Mondadori di quando ero ragazza io mi sembra troppo, tenuto conto che se apri adesso quelle edizioni lì con la colla secca altro che coriandoli.
Ho scovato però un libro solidamente rilegato  di Brunella Gasperini, ed ho pensato ora o mai più credo. Ne ricordo la piacevolezza nelle sue rubriche sui giornali, secoli fa.
Me ne sono tornata a casa in bicicletta, pensando che il tempo stava cambiando dal tiepido primo pomeriggio in cui avevo visto, pedalando, un sacco di vecchiettini accompagnati fuori, che attraversavano passin passetto sulle strisce.