Archivio mensile:Maggio 2013

non mi dà soddifazione scrivere su FB… non resta niente

Non so se posso contare di arrivare ai posteri scrivendo su FB.
Oggi, quando sono uscita di casa per andare al lavoro, stava attraversando la strada un gruppetto di persone, tutte col valigino, chissà da dove venivano, non ci sono alberghi vicini.
In ogni caso, li ho raggiunti all’attraversamento della corsia preferenziale, dove si erano collocati in formazione sbarramento, e sembravano non accorgersi che lì il semaforo non diventa verde quasi mai, e mi hanno fatto perdere il filobus che stava arrivando.  La cosa però non è spiaciuta alla mia flemma tipica milanese: va bene, tra un po’ ne arriverà un altro, intanto leggo, quattro minuti sono tantissimi.  Insomma, quando ho visto questi omini con valigia, ho proprio pensato che noi umani siamo una specie infestante, e che forse, crisi o non crisi, semplicemente non ce ne è per tutti.  Uno di quei pensieri, che se ci pensi intensamente,  ti fanno sembrare un po’ tutto privo di significato, del tipo ci siamo inventati lavori inutili come la burocrazia, e si copiavano carte con penne calamai e bella scrittura, poi sono arrivate le fotocopie con la carta chimica che si sbiadiva da sola e poi i toner, e poi i link e anche se la gente per un po’ è stata riciclata, come la plastica,  che adesso i copiatori con calamai sono magari quelli che immettono dati nei pc,  adesso si stanno  sostituendo meccanicamente i lavori che potevano fare gli uomini, e gli uomini sono inutili, alcuni uomini si sentono inutili, ma chi ha il diritto di decidere che tu non hai più diritti? Chi glielo ha detto che può?
E mi sembra una cosa aberrante,  perchè l’uomo non dovrebbe perdere il diritto ad avere dei diritti, cioè,  è vivo, ha diritto a vivere, respirare… ci avevano detto crescete e moltiplicatevi, se non ricordo male.  Ora non so bene, ma a me sembra che nelle comunità di animali, ci sia posto per tutti…semmai creano un gruppo nuovo, come per mitosi.
Oggi si parla di Little Tony, perchè è morto, se no non mi pare se ne parlasse più tanto… c’è da dire che non mi è mai piaciuto come cantante,  proprio una questione di epidermide.
Si parla anche della rabbia grillina, ma d’altra parte il calo era prevedibile, un primo segnale in Veneto: è ovvio, la gente arrabbiata voleva delle soluzioni. Però dai, una scrollatina alla politica gliel’hanno data.
Si parla anche di femminicidio, ed è un termine che mi sta sulle balle, mi pare che l’assassinio abbia già le sue pene previste, esistono le aggravanti. Femminicidio… che ci sia qualcosa di distorto da reinquadrare, nella nostra società,  invece, non viene in mente  a nessuno, perchè è un po’ più faticoso e impegnativo. Tipo, l’assuefazione alla violenza.
Oggi, è stato l’ultimo giorno di lavoro di una collega che ha dato le dimissioni per stare a casa., e mi sono ricordata la sensazione che avevo provato quando per un attimo mi ero illusa di rientrare nell’ultimo prepensionamento.

Il Grande Gatsby di Luhrmann

Come per Anna Karenina, film visto di recente, la visione è stata inizialmente traumatica: memore della versione cinematografica del 1974 con Robert Redford e Mia Farrow, mi aspettavo una trattazione più soft, soffusa, pacata e allo stesso tempo incalzante. Le due locandine, coloristicamente, mi sembrano rendere l’idea della differenza tra le due trasposizioni.
Il libro, l’ho letto più di quarant’anni fa… il film ha quasi quarant’anni, andando a vedere il remake – che  non è un remake , però – di Baz Luhrmann pensavo, però, cavolo, forse era meglio se davo una rilettura al libro prima. Insomma, al cinema mica sempre si deve andare improvvisati,  qui per esempio potevano fiorire paragoni a tutto spiano.  Quarant’anni fa… mamma mia ma quanti anni ha Redford? nato nel 1937… 76… Di Caprio 39.
Ho guardato questo film inizialmente cercandovi il romanzo e la precedente versione cinematografica,  poi mi sono accorta che era sbagliato, ” non si replica il passato” dice Nick Carraway  nel film , risponde Gatsby  “Certo che si replica”, per forza lo dice,  è abituato a dominare, ma questa seconda affermazione non mi serve.
Se la locandina antica può baluginare emozioni non dette, la locandina dell’ultimo Gatsby ha invece colori decisi, e la povera Daisy vi appare come soverchiata dalle figure che la circondano: è voluto, o casuale? questo personaggio centrale – secondo me Daisy lo è, non meno di Gatsby –  sembra in balia di ciò che le accade intorno, e di chi le sta intorno, tra collane di perle che si rompono… la sua, quando riceve una lettera di Gatsby poco prima del matrimonio, e la collana di Myrtle nel litigio col marito, che la spingerà a correre nella strada e morire. Fatica Daisy a distinguere tra i suoi sentimenti e quelli che gi altri vogliono che lei provi,  e mi pare, Carey Mulligan, sia assai più viva della fantasmica Mia Farrow, per come me la ricordo, lo pensavo  guardando gli occhi brillanti  e contagiosi di questa ragazza, questo suo sorriso irresistibile.
Anche  Tom Buchanan è reso benissimo, nel suo senso animalesco, da Joel Edgerton ricco arricchito da generazioni che detesta gli arricchiti freschi, e Tobey Maguire ha interpretato magnificamente l’essere nè carne nè pesce  di Nick Carraway – se fossi uno scrittore  mi piacerebbe senz’altro chiamarmi così – quell’aria un po’ osservatrice e smarrita, quel cercare di essere all’altezza – sempre che sia un’altezza – delle circostanze.  Dolenti note per quanto riguarda l’osannato Leonardo Di Caprio, che a parer mio continua ad avere un viso da eterno ragazzo ed un fare da studente di college che vuole sembrare già uomo, ed in questo ruolo secondo me non ci stava proprio,  non mi pareva credibile.   Cioè, non gli leggo nel volto che nasconde segreti, una sofferenza, trascorsi bui, ha il suo bel facciottino rotondo, gli occhi celesti, i capelli biondi… non è del tutto vero che l’abito non fa il monaco, un po’ si sembra quello che si è… o no?
Mi hanno lasciato un po’ interdetta le feste di Gatsby,  che per un effetto certamente  voluto non erano propriamente stile anni ’20,  musiche,  e anche atteggiamenti, sembravano più una sarabanda da discoteca, cioè, la descrizione di Francis Scott Fitgerald ma giusto giusto un filino esasperata… stelle filanti d’argento, fuochi artificiali.  La connivenza dela polizia, il cui capo compartecipava ai divertissement offerti da Gatsby, la folta schiera di imbucati, il fatto stesso che Gatsby possa essere un gangster, direi che ai giorni nostri non ci sorprendono  più, ne leggiamo tutti i giorni sui giornali.
Un particolare gradito, le inquadrature di un trombettista, che suonava sulle scale di sicurezza di un palazzo di New York, a scandire i momenti della festicciola orgiastica ordita da Tom Buchanan con l’amante,  nella quale aveva coinvolto il perplesso Nick.
Insomma, il film è piacevole nel complesso, anche se lo sento lontano dalla traccia rimastami dalla lettura del romanzo, come dicevo molto lontana nel tempo: la stessa impressione che avevo avuto per Anna Karenina, di una mia lettura, di un mio ricordo diverso del libro, solo che  mi era parso inguardabile proprio il film , anche considerato a sè stante.

Dove osano le idee…

Quest’anno al Salone del Libro di Torino sono arrivata senza aver fatto i compiti. Non avevo dato neanche un’ occhiata al programma, non avevo sbirciato tra i social network  quando chi era dove. Ho pensato  “vedo gente, faccio cose” , non avevo punto voglia di applicarmi, tanto ci sono i corridoi che ti portano.  Un po’ ho fatto male, perchè dando una scorsa al programma sul treno del ritorno – non c’è da stupirsi, io sono quella che rllegge le mail sempre dopo che le ha inviate –  effettivamente ho scoperto presenze che mi sarebbe piaciuto pescare nel mare magnum.  D’altra parte  è il quarto anno che visito il Salone, e dall’esperienza avevo tratto  alcuni comandamenti.
Il primo è: salta tutti gli eventi con i grandi nomi, nelle sale Azzurra, Rossa, Gialla e quant’altro, tanto non ci entrerai mai, salvo che non ti pianti in attesa impalata un’ora prima, in coda.
Il secondo: se vuoi farti una scaletta degli eventi abbordabili, falla, ma non puntare su un unico cavallo, tieni le alternative, quelle  sempre interessanti che cominciano un quarto d’ora dopo, anche mezz’ora. Infatti, quando l’ora è vicina ti troverai sicuramente all’estremo opposto della location interessata. Arrivarci non sarà facile, devi attraversare i vasconi, e in quel mentre incontrerai tutte le persone della tua vita, tutte quelle che non puoi non fermarti a salutare, per cui calcolare i tempi delle percorrenze è impossibile.
“Ci vediamo dopo” è una cosa assai improbabile, non si può sapere se la marea di gente restituirà quel corpo.  Se cerchi qualcuno in uno stand, c’era fino a cinque minuti fa, mentre i più irritabili se ne sono appena andati perchè non ne potevano più del Salone.
Posso dire quindi che la mia visione del Salone è stata piuttosto ridotta, gli ho dedicato solo una parte del pomeriggio di sabato e della domenica che sembrano volate,  non tre giorni come l’anno scorso, niente grandi eventi, niente “fuori salone”, però  l’aria della manifestazione si respira comunque…  Respiravo stanchezza. L’anno scorso c’era stato forse meno pubblico, però un filo di entusiasmo serpeggiava.  Forse sono io che attribuisco al Salone il mio stato d’animo, o semplicemente il Salone rispecchia l’umore italiano in periodo di crisi. Non ho visto scolaresche nè ho percepito molti sorrisi in giro. Al padiglione 1 non ho visto la consueta esposizione di strumenti musicali, salvo non fosse nascosta altrove, peccato perchè era bella, e i bambini ci impazzavano, a provare gli strumenti: forse è stata sostituita dall’equipe di chef dal vivo del padiglione 3,  cucina, libri sui cioccolati e così via. Però, la Cucina teorico pratica  di Ippolito Cavalcanti duca di Buonvicino, libro curiosissimo e ho scoperto anche miliare,  mi ha costretto alla resa e l’ho regalato all’amica che mi ha ospitato. D’altra parte i programmi di cucina imperano anche in TV, quasi i cervelli abbiano abdicato in favore del tubo digerente: ma non voglio accanirmi, anche la cucina è una forma di cultura, e una scienza, ma in pochi la vedono così.
Assente Giulio Mozzi, incontro ormai quasi istituzionale nei corridoi del Salone, nessuna manifestazione di San Precario, mi pare, il serpentone che si era snodato l’anno scorso nei padiglioni…libri libri, e e anche stand che non mostravano “nulla”, quelli degli e-book, impediti a impilare il loro prodotto, a organizzare firma-copie, qualcuno ha messo sdraio, sabbia secchielli e palette. Coda inevitabile al firma-copie di Zerocalcare, che invece dell’autografo fa disegnini. Libri e giochi, e videogiochi, e giochi di ruolo. Le conferenze Rai.  Il giovane Federico Libero Bassini detto Cico che non voleva più andar via dall’angolo giochi, sacchi su cui gettarsi e saltare,  e mucchi di pennarelli.
Sembrava un salone in attesa di qualcosa, certo, come per ogni cosa che si ripete ogni anno, c’è chi dice che occorre cambiare, rinnovare, come si dice sempre per il Natale, il Capodanno, che tutti disdegnano poi nessuno ne fa a meno. Non credo vada cambiato, perchè è uno specchio… così pieno, confuso e a suo modo ordinato, è il salone che ci segue, segue l’editoria, che si chiede Ora che facciamo, da che parte andiamo? Forse, il salone specchio qualche indicazione la può dare, delle tendenze, dei gusti del pubblico. Però, il pubblico va anche educato, al buon gusto, ai sapori sani, non puoi tener conto solo del mercato, quando fai cultura, lo dice la parola stessa, è insegnamento, fede, crescita, e diventa sacrificio, perchè quando la vivi così è sempre più difficile conciliarla con la sopravvivenza economica, purtroppo, occorrerebbe modificare questo, non il Salone.  Penso alla cultura quella calda, vitale, che avvolge le nostre giornate, non a quella sorta di cose  asettiche  che ci piomba dall’alto,  calata da qualche sedicente intellettuale astruso in nome del progresso delle idee… vabbè, ma io sono vecchia, e tradizionalista.

Il mio lavoro.

Ieri leggevo questa notizia,  dell’uomo disperato che doveva lasciare la casa pignorata e venduta all’asta, e si è dato fuoco, aveva un debito di 10.000 euro, dal 2001,  e la casa era stata venduta per 26.000 euro.   L’articolo sul fatto accaduto in Sicilia, si conclude così: “E’ arrivato il momento di fermare  –  dice Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria  –  tutte le procedure di recupero dei crediti e di avviare una moratoria che possa consentire alla gente di mantenere la propria casa. Le famiglie non ce la fanno più ad andare avanti. Questo gesto drammatico è la spia del malessere sociale che vive la povera gente di fronte alla grave crisi economica di questi mesi”.
Ricordo, anni fa,  un uomo che aveva sparato al perito nominato dal tribunale che voleva entrare nella casa per valutare l’immobile.  Ricordo una signora che mi disse che il marito era in ospedale perchè non riusciva ad orinare, pensando al debito, e che tempo prima aveva cercato di impiccarsi in cantina.   Ricordo un mio collega picchiato  nel salottino della banca da un debitore. Un altro aveva mandato un salmone affumicato intero, al medesimo collega, che lo aveva rimandato al mittente. Ricordo una pratica che ero riuscita a far chiudere pagando una cifra simbolica, indispensabile per mettere la parola fine al debito,  un padre e marito violento e violentatore, suicida in carcere, la vedova non più padrona della sua mente, i due figli, ovviamente precari, che si erano fatti  carico della madre. Non è un lavoro facile,  il mio, sicuramente, non solo per i risvolti legali e l’esperienza; mi ricordo che ero stata assegnata, proveniente dagli sportelli, al reparto legale, dove dovevo occuparmi di assegni smarriti, successioni, indagini della magistratura, e quando mi dissero se volevo passare al contenzioso, recupero crediti, risposi che, potendo scegliere, preferivo di no, non mi ci vedevo in quei panni lì.   Poi, mi trovai invischiata in quelle tematiche,  avendo dato una caparra per acquistare una casa su cui una banca aveva messo un’ipoteca a seguito dell’insolvenza del proprietario, in stato pre-fallimentare. Insomma, ne uscii, ma mi ero nel frattempo accorta che la materia era invece interessante.  E soprattutto, avevo toccato con mano che un insolvente non è sempre e solo una vittima, cioè, alle volte è un incallito, altre volte un disperato. Il mio di quella volta lì lo avevano definito un re Mida al contrario…
E in ogni caso, mi sono resa conto che quello che ormai da anni è il mio lavoro, non è da vedere in chiave così negativa, dipende da come lo si svolge, riconoscendo dignità all’interlocutore, che ha comunque un problema, e si cerca di risolverlo, e sono contenta quando ci si riesce, a trovare un accordo, non è una cosa così rara o impossibile.
La notizia che citavo in apertura  si aggiunge alle innumerevoli storie di disperazione per la crisi attuale,  non che anni fa non accadessero,  ma è indubbio che ormai sono all’ordine del giorno.  Però da addetta ai lavori, nell’articolo leggo tante altre cose… per esempio, il credito è del 2001, non so di che anno sia il pignoramento, immagino sia iniziato nel 2002. Ora, sono solo le banche che fanno lievitare i debiti, o anche i tribunali?  con le loro lungaggini – spesso motivate dalla carenza di personale, un’udienza rinviata all’anno successivo, la sentenza a due o tre anni… un cancelliere viene spostato temporaneamente,  senza essere sostituito, quante volte è accaduto? o una maternità,  e tutto sta fermo finchè ritornano, per esempio i mandati di pagamento delle esecuzioni concluse stanno fermi, il debito così non viene estinto nè ridotto, sta lì ancora, e matura interessi, i soldi non tornano in circolo. Danno per il debitore, e per il creditore, che non è sempre una banca.  Un creditore poi non ha convenienza ad attivarsi per il recupero di cifre modeste, con azioni costose, quali un pignoramento, punta a trovare piuttosto un accordo. Per cui non so, temo che qui l’articolo sia un po’ generico.
Anche la conclusione del Sindaco siciliano, che dice di fermare i recuperi del credito… ma allora le banche dovrebbero erogare prestiti e pazienza se il debitore non li rende? La banca è un’impresa, mica un’opera di carità, sarebbe come dire al panettiere fai il pane, e lo distribuisci, ti paga solo chi vuole, però.  Per me, smetterebbe di fare il panettiere, o sarebbe per lo meno molto incazzoso, le banche smetterebbero di far piccoli finanziamenti,  con ciò che ne consegue, cosa che sta già in parte avvenendo.
Signor Sindaco, quando parla di moratorie, Lei sta parlando di soldi altrui, fossero imprestati da Lei,  cosa farebbe? che quei soldi poi non sono sempre  delle odiate banche, ma anche di fornitori, di mogli separate, magari in situazione non meno disperata del debitore,  hanno faticato a trovare i soldi per il pignoramento, tra avvocato, notaio, perito, pubblicità d’asta e aspettano da anni di riavere il dovuto.  Ho visto estinguere un pignoramento perchè il nuovo giudice ha eccepito che il titolo con cui era iniziato non aveva i requisiti per essere esecutivo, dopo 9 anni che il procedimento era in piedi, nel corso del quale era anche stata vinta dal creditore una causa di opposizione.  Una Waterloo per il creditore, che non ha diritto al rimborso delle spese.
Ora, signor Sindaco, questa Sua idea,  un’idea che sicuramente vorrebbe tamponare un’emergenza,   ancora una volta insegnerebbe agli italiani che gli impegni si possono anche non rispettare, e non credo che si abbia bisogno di questo, in Italia, anzi.
Nessuno mi toglie dalla testa che se ci fosse meno corruzione, e gli incarichi e i lavori fossero dati per merito e non perchè chi conosce chi, non saremmo in braghe di tela, il problema nostro, italiano, non è solo la crisi.  Piuttosto, quello che serve, è che la gente abbia la possibilità di lavorare, e di fare fronte agli impegni, perchè di persone che hanno ancora senso dell’onore, e patiscono nel mancare, e onesti si sentono in una gabbia ingiusta dalla quale non trovano un modo di uscire, credo ce ne sia ancora parecchia, e non vorrei che a una ad una se ne andassero.
Insomma, non è che si debba invece dare una mossa lo stato?  invece di prosciugare tutte le risorse, lasciarle girare, e magari pensare che le modifiche degli iter giudiziari non siano  necessariamente quelle che interessano alcuni politici?  Magari completare l’informatizzazione, mettere un po’ più di personale?  Una giustizia giusta e che funziona è un opzione in più per attirare investimenti sul patrio suolo.
Non è la moratoria che ridà il senso della propria dignità a una persona in difficoltà, è il lavoro, è il sapere di poter mantenere la propria famiglia, e che i figli potranno avere un futuro magari non di miseria.  La moratoria, da sola, non serve a nulla, la disperazione è solo rimandata, ed è ora che voi politici manteniate gli impegni assunti sedendovi sulle tanto ambite poltrone.

Devianze

C’è qualcosa di bacato nel modo di diffondere, leggere le notizie, e di conseguenza nel loro diffondersi, come si procedesse per sineddoche, per slogan.
Per quanto dove arrivi la mia memoria, in fatto di giornali e di notizie, mi ricordo seriosi telegiornali, seriosi quotidiani e settimanali da una parte, e  la stampa scandalistica e pettegola dall’altra  che allora era per me incarnata, o meglio incartata, da settimanali tipo Stop e Novella 2000, dove un bacio faceva notizia, dapprima in foto in bianco e nero,  gli interessati si celavano sotto occhialoni scuri, poi via via  a colori fino al cliché della foto in acqua fino alla cintola e a seno nudo, anche in inverno.
Ora ci sono anche i social network, a fare da bollitore, e anche da termometro,  delle notizie, e la comunicazione va veloce, non ci si può fermare a leggere tutto, ovunque, ed allora si cerca il cavillo, o la cosa ridicola, e si batte su quello, quasi una gara a trovare  il brontolamento  e che non abbia ancora rilevato nessuno.
E’ così che si perdono i concetti, i ragionamenti, quelli che dovrebbero magari essere illustrati e propalati  e potrebbero, chessò,  arrivare ad aprire le menti, arrivare a chi non ha avuto la fortuna di studiare. Ci si ferma sull’inezia, sul gesto, cosicchè un’inezia, un gesto possono così rovinare un personaggio pubblico, o esaltarlo, quest’inezia offusca passato presente e futuro.
Insomma, mi sembra che la divulgazione si sia come allineata al livello delle foto a colori di cui sopra, scatti magari concordati col fotografo.
Guardo le “onde” su Facebook,  l’indignazione o l’ilarità,  dura un giorno, per far posto ad un’altra onda il giorno dopo, e vi sento come uno spirito di gara, a chi sarà l’arguto più arguto…. ma a cosa serve, se non a inacidire l’animo e far sentire tutti scontenti di tutto, in un modo assolutamente non costruttivo… non c’è tempo per pensare, per fare,  e anche la stampa pare adeguarsi, noi perdiamo,  la gente sta su FB, allora è così che si deve fare.
Non so, mi pare che quello che una volta era giornalismo, ora sia diventato come una branca del marketing.
Sono concetti ancora un po’ disordinati, chiedo venia.

Della rapa.

La rapa non è che sia bellissima, rispetto a tanti altri tipi di verdure non sembra avere delle peculiarità:  è a forma di rapa, una specie di disco volante inciccionito, bianca o di un rosso violaceo,  come le cipolle, solo che non è a strati.  Infatti ci vestiamo a cipolla, ma non ho mai sentito raccomandare a nessuno di vestirsi a  rapa. Testa di rapa, sì, che l’ho sentito,  e non credo che lo si dica solo a quelli che si tingono un ciuffo di capelli di verde, un po’ magari lo meritano,  da bambina pensavo si riferisse a chi aveva la testa dura come una rapa, ma ora che sono cresciuta so che le zucche sono più dure, e poi leggo su Internet,così  mi sono accorta  che forse voleva dire testa vuota, visto che la rapa è un alimento povero anche come sostanze nutritive, c’ha solo un sacco di vitamina C ,  e poi è difficile da digerire, pare faccia male alla tiroide e protegga dai tumori, ma è tutto da provare.   Nonostante ciò, sembra che abbia tanti modi buoni d’esser cucinata, io mi ricordo solo delle minestre, di quand’ero piccola, di riso con le rape, quelle bianche,  ma non dovevano piacermi granchè, perchè  di anni ne sono passati tanti, e non me ne è mai venuta nostalgia, a me, che ho nostalgia un po’ sempre di tutto.
Comunque, premesso che la rapa non dà magari un tono di eleganza ad un discorso, è da  qualche giorno che mi frulla in testa il modo di dire “non si può cavar sangue da una rapa”,  gli inglesi dicono invece acqua da una pietra, insomma quel concetto lì.  Secondo il senso comune, significa  che è inutile insistere nel  fare una cosa impossibile: la rapa, per tale bisogna, è oggettivamente  poco collaborativa.  E’ anche vero che non ci si aspetta che un gatto ci scodinzoli, o una tartaruga corra, si prende quello che di buono danno,  e così il nostro micio di casa ci fa le fusa,  pazientiamo che la tartaruga lemme raggiunga la foglia di lattuga. Parimenti,  non possiamo aspettarci che una persona egoista  profonda altruismo,  che una bugiarda  non menta, che una golosa ti lasci l’ultima fetta di torta alla panna: la natura di queste persone non esclude però che, coi loro limiti,  abbiano del buono da dare,  questo in loro dobbiamo cercare, aspettarci.   Quindi se applichiamo questo poco  musicale proverbio  agli umani,  e lo leggiamo come “Non puoi chiedere a una persona cose che non ti può dare”, ecco,  se  ce lo ricordassimo un po’ più spesso,  forse le cose andrebbero un pochino meglio, per quanto riguarda la tolleranza  e il rispetto reciproco.

IRON MAN 3

Un film di cui scrivere a caldo, appena visto, anche in considerazione delle innumerevoli presenze di corpi umani incandescenti,  a rischio esplosione,  e incendi di benzine e petroli.
Un film dove non manca nulla, da un gigantesco coniglio di peluche a una frotta di armature volanti,  e dove sono stati presi in ostaggio, a turno, un bambino, l’amata e il Presidente USA, il coniglione no.  Alla fine, salvi tutti,  i buoni, e annientati tutti i cattivi e semicattivi.
Tutto perchè avevo guardato con poca attenzione l’orario del film turco-tedesco Muffa…  Iron Man 3 è’ un film che in condizioni naturali non sceglierei mai di vedere, in ogni caso ieri mi sono detta:  “Vinciamo questa  prevenzione intellettualoide, conosciamo il nemico”. Oltretutto, quando si è nervosi e un filo stressati, non credo che sia il tipo di film migliore da vedere, per quanto di pura fantasia e di sicuro mentalmente poco impegnativo.
Caspita, mi son vista Robert Downey jr, passato dai problemi tossicologici di anni fa all’essere un gran bell’uomo tonico e muscoloso, la bellissima Gwineth Paltrow, Ben Kingsley… credo questo renda l’idea, in quale tipo di cinema si nasconda il bisness, anzi, non si nasconde affatto, è di tutta evidenza.
Non so dire nulla della colonna sonora, forse la colonna sonora erano i rumori delle armature in volo supersonico, le fiamme, le esplosioni.
Nel casino finale, dove i buoni vincono i cattivi,  mi è sfuggito in che modo siano stati eliminati questi ultimi, esseri umani a incandescenza che se gli tagliavi un braccio ricresceva, forse sono esplosi, ma lì era tutto un putiferio.
A essere sincera, qualche sorriso e qualche sussulto mi è scappato, anche se nei primi minuti di proiezione mi aveva sfiorato un’ideina ” e se mi lasciassi andare ad un sonnellino?”.  Ciò non toglie che  durante tutta la visione con senso  estremamente pratico mi sia chiesta ” Ma a che pro tutto ciò?” .
Un fantomatico Mandarino minaccia gli Stati Uniti, e il cattivone di turno manifesta il suo intento, cioè governare il mondo con la strategia del terrore, tenendo in pugno sia il Presidente Usa che  il più terrorizzante terrorista.  Ma mi chiedo, uno che governa il mondo, poi cosa se ne fa?  In fondo, potrebbe lasciare in pace il mondo e giocare a Risiko, o coi soldatini come si faceva una volta, o Indiani e Cow Boy, guardi e ladri.  Governare il mondo è impegnativo, non ti lascia un momento libero per te.
E poi si obbligano i Super Eroi a salvare il mondo tutti i giorni, è uno stress anche per loro, e le loro famiglie.
La trama, di per sè, è inconsistente, è strumentale per lo sfoggio di effetti speciali, ma ritengo che, per gli amanti del genere, sia godibilissimo. Di mio, non credo che ripeterò l’esperimento.

Il dolore di mia madre.

Andare a trovare mia madre non riserva molte sorprese. In genere come arrivo ha da ridire se tengo la giacca aperta e prendo freddo, ho fatto più tardi di quanto ho detto, anzi, aveva detto lei, e si è dimenticata l’ora che  aveva detto.  In genere vengo accolta dalle esclamazioni dei tavoli vicini “ha visto signora che sua figlia è arrivata?”  e mi siedo al tavolo con un certo imbarazzo. Se mangio, non devo mangiare, e tante altre sue preoccupazioni di questo tipo.
Oggi, ancora uno dei suoi temi preferiti:
“Tuo fratello, tsè, è un bugiardo. Dice che mi telefona un giorno si e uno no, invece non mi chiama mai. E’ da quando ha quella donna lì che non è più gentile con me. Adesso lei ha la gamba rotta lo sai? La vendetta del cielo. ”  e comincia a venirle il magone.
“Mamma no, dai, ogni volta  dici è quella donna lì, adesso hai riabilitato la precedente, e va male questa, che quando eri da lui veniva sempre a trovarti, e cucinava, stava lì pomeriggi con te.”
“See see  lui non è più il bravo figlio affezionato di prima. Ma io quanti anni compio?”
“Il prossimo gennaio sono cento, mamma.”
Ha un’aria incerta “Ma io pensavo i cento di saltarli, di compierne 91. Ecco, compirò 100 anni senza avere rivisto tuo fratello, mai più, non verrà mai più a Milano”
“Mamma, lui abita in Veneto e non sta benissimo, è appena stato qui la settimana scorsa, certo che verrà ancora, non può farlo spesso come vorresti tu.”
“Passo le giornate aspettando che varchi quella porta” dice accennando con la testa all’ingresso.” e non mi chiama mai, se non lo chiamo io”
“Mamma sai che non è vero” ormai la mamma piange “mamma lo abbiamo visto anche l’altra volta sul cellulare,  ti ho fatto vedere le chiamate, che avete parlato”
“No, no, è un bugiardo, lui non mi chiama più”
“Mamma, ti stai facendo male da sola, vuoi ascoltarmi? Lui ti chiama, è qui sul cellulare, ci sono le chiamate col suo numero, quelle ricevute e quelle perse. Lui ti chiama, se non rispondi, ti richiama.”
Il discorso, giocoforza ad alta voce, si fa difficoltoso, non c’è verso di farle capire che non è come pensa lei. Mia figlia mi fa segno di lasciar perdere. Anzi si fa aggressiva. Sorride solo al bisnipotino “I bambini sono innocenti” dice, e io non sono per niente d’accordo, a volte sono crudelissimi “Adesso non rispondo più al telefono, così non può più dire che mi chiama.  Perchè lui fa finta, mi imbroglia, pensa di farmi passare per scema, perchè sono vecchia. Non ho più un figlio. Devo trovare qualcuno che tenga il telefono e risponda quando lui chiama, così sente che lui non parla, che fa finta di chiamare, che rimane scritto sul telefono che mi ha chiamato, e se lo dice un altro almeno gli credete, che non sono io che sono scema.”
Singhiozza, e mi sento gli occhi addosso, come fossi la carnefice della vecchietta, invece non so come uscire dall’impasse,  spiegarglielo, che il suo dolore è fondato su cose che inventa lei, per starci poi male.
Chiamiamo il suo figlio mio fratello, risponde, parla con la mamma. Poco dopo la mamma riprende a dire che è un sacco che non lo sente.
“Mamma, ma lo abbiamo appena chiamato”
“Ah si? E cosa mi ha detto?”
“Non lo so mamma, ci hai parlato tu”
Ci pensa su “Cosa vuoi che dicesse? Si certo che ti chiamo, stai tranquilla. E’ un bugiardo, non si fa mai sentire”.
E’ persa in questo loop, la sua mente appare come un muro impenetrabile, penso si renda conto che non si ricorda più bene le cose, e allora nega questa evidenza con tutta la sua forza. Alza le braccia, in segno di resa.
“Giuro, che io muoia qui all’istante se dico bugie, che tuo fratello non mi ha mai chiamato una sola volta.”  A quel punto, mi aspettavo un fulmine che,  ZOT , la colpisse, invece no, interviene con intento salvifico mia figlia, sua nipote diletta.
“Nonna,  davvero eri triste perchè hai litigato con la vicina di letto? Me lo diceva la Rocio”
“Chi io? Non litigo mai con nessuno, adesso anche la Rocio mi prende per scema”
Insomma, ce ne è per tutti.  Anch’io sono definita stronza, anche se con aria titubante perchè la parolaccia ai suoi tempi era forte,  perchè difendo mio fratello che fa lo stronzo: fortunatamente qualche minuto dopo vengo riabilitata, solo io naturalmente.
Sono tornata a casa esausta, continuo a pensare  a queste ore passate con la mamma, nelle quali ha quasi sempre pianto,  convincendomi che sta meglio quando non ci vede, e non le viene invidia della nostra vita a casa nostra, e sicuramente nel suo tran tran quotidiano si perde più via. D’altra parte come si fa a non andare da lei che è così contenta quando ci vede… per i primi cinque minuti, e comunque anche in quei cinque minuti manifesta la sua felicità brontolando su qualcosa che facciamo, se no non sarebbe lei, è il suo modo di sentirsi utile, immagino, non la ricordo diversa.
Credo che la perdita di autosufficienza pesi tantissimo sul suo umore, come è comprensibile che sia,  prima non piangeva così di frequente come da quando sta sulla carrozzina.
Alla sera mi chiama da un altro numero telefonico, le hanno prestato il cellulare, pare che il suo non funzioni più: mi chiede se lo ho bloccato in qualche modo quando ero lì  perchè era arrabbiata con mio fratello. Ovviamente no…