Archivio mensile:gennaio 2014

Disconnect

Martedì sera ho visto questo film, non pensavo ci andasse così tanta gente al cine di martedì.
Non so se sarà  il miglior film dell’anno, che è appena cominciato, non so se sia il migliore dell’annata 2013.
Di sicuro, la locandina non mi piace, e un’altra cosa sicura, non saprei indicare  un’immagine simbolo del film, forse, anche i locandinatori avevano la mia stessa difficoltà e l’hanno risolta così. La colonna sonora non la ricordo, mi direi: Ma c’era?
La vicenda provoca un po’ di tensione, e dovevo essere concentrata su quella, non mi sono accorta di ascoltare la musica, che pure nei video ho riconosciut: questo che riporto, per esempio,  è un momento un po’… imbuto,  nel quale  tutte le cose srotolatesi nel film  sembrano prendere una direzione.

Naturalmente, tutti i personaggi o quasi hanno a che fare con la rete, il minorenne che offre sesso e piaceri in videochat, la giornalista che cerca lo scoop e  vi lascia un po’ di penne, l’ex poliziotto ora detective informatico col figlio e l’amico del figlio entrambi diabolici, la coppia scoppiata, il gioco d’azzardo, la conoscenza di chat, la vittima, la famiglia della vittima. Sono tutte vite solo apparentemente slegate, ignare del filo  che le lega, sono uguali,  la vita e la rete.
Le varie storie non sono niente di particolarmente originali, il film sembra quasi una rassegna, un corso accelerato sulle insidie della rete.  Chi si vende, e chi lo compra, e chi lo usa. La coppia rovinata dal furto di dati personali e della carta di credito, il poliziotto che scopre il delitto del figlio, praeterintenzionale, certo. L’avvocato sempre immerso nel lavoro che davanti alla tragedia riscopre il ruolo di padre e gli affetti familiari. Il tormento che lacera le anime e porta a reazioni violente. Gli attori hanno reso bene tutto questo. Hanno recitato benissimo anche il sig. iPad, Android etc.
Certo chi diffida di Internet e vede questo film, non deporrà le armi.  Eppure il film mette in evidenza come Internet  sia la ripetizione del mondo reale, perchè fin dove ci sono le persone, le persone vere, non è mai finzione, in rete si ricreano semmai le medesime situazioni che viviamo normalmente. Virtuale può essere un gioco, la riproduzione di condizioni, di un ambiente. Gli imbroglioni, i ladri, quelli che si burlavano del prossimo,  sono sempre esistiti, ora sono cambiati i mezzi per farlo, Internet è solo uno strumento e un luogo in più. In rete è fantastico  quanto venga  più semplice dire cose che non si direbbero a nessuno che si conosce de visu,   e l’intensità dei sentimenti che nascono è tale,  che accorgersi di essere stati strumentalizzati o derubati o derisi, che ti sei fidato e ti hanno tradito, porta facilmente alla disperazione nera, a un senso di violenza repressa, ma non hai lì con chi prendertela… hai solo te stesso, e la violenza espressa scrivendo  con le maiuscole, l’urlo, e rabbia.
Ma il titolo… Disconnect, disconnesso, interrotto, scollegato.  E’ un suggerimento? Oppure, disconnessi dal reale?  Per me, è il  ragazzo, però non so se questa era l’intenzione del titolatore.

Nei sogni c’è sempre un pizzico di realtà.

Ieri sera chiedevo ad una amica romana  in Facebook se era risolta la vicenda tra i suoi gatti, perchè la micetta, seconda arrivata, dopo un lungo periodo di feeling con il gatto di casa, era diventata incontenibilmente aggressiva nei suoi confronti, tanto da doverli tenere separati e vivere aprendo e chiudendo porte facendo attenzione che la micia sgattaiolasse e andasse ad attaccare il micio. Ora la micia è seguita da uno psichefelinanalista, prende un calmante ma pare che il problema sia lontano dall’essere risolto.  Nel contempo un’altra amica ligure pubblicava la foto di un gatto che sostava da ore fuori dalla sua finestra e non sapeva che fare, e ognuno diceva la sua sul da farsi, senza accorgersi che, dai commenti alla foto del tappetino che si era deciso di mettere  al micio, questo se ne era andato, e chissà se è tornato, all’asciutto, stanotte.  Intanto si era fatta viva, dopo un sacco di tempo,  un’amica lombarda raccontava della sua precarietà e cassa integrazione
Fatto sta che stanotte ho sognato che mi assumevano,  per il recupero crediti, in una azienda dove c’erano un sacco di lenzuola cuscini per terra, quasi come gli impiegati dormissero lì,   però non credo che fossero cinesi, i colleghi di lavoro non comparivano proprio, non c’erano volti.  Insomma, ora di sera avevo già sgomberato una buona parte del pavimento e fatto due lavatrici.
Poi mi ritrovavo a casa, che non era la nostra, questa dove sono adesso, era una casa in prestito, con grandi vetrate. Il nostro cane veniva nominato nel sogno ma non si vedeva, e lo stesso i nostri due gatti neri. Era situata sul lago a Rapallo, e questa è un po’ una stranezza, lo ammetto, perchè si vedeva il lago dalle finestre ma uscendo a comprare le scatolette per i gatti mi sembra fossero le strade di Rapallo che conoscevo da ragazzina, e non so perchè andavo verso il cancello con una sedia, e la lasciavo al cancello, e il custode la riconosceva e diceva che era del Museo, di lasciarla pure lì, che l’avrebbe riportata dentro lui (quale Museo?mah!).  Andavo a comprare le scatolette –  perchè nella casa in prestito era comparso, entrato chissà come, un micio-  e mi accorgevo per strada di essere senza portafoglio e tornavo indietro. Il Capofamiglia invece aveva trovato un cagnolino, che stava impaurito sotto il divano,  e  poi scappava via da sotto il divano, e usciva in giardino, chissà come, ed allora lo vedevo anch’io, marroncino di taglia piccola, che mi ricordava un po’ la cagnolina di anni fa, che non avevo adottato ed era morta travolta da un camion.
Il micio arrivato era bianco, però aveva delle righe colorate sul pelo, in oro e fucsia,  disposte come i cordini di un pacco regalo di Natale, con tanto di fiocco  colorato sul pelo, pelo che nelle parti colorate era parecchio ruvido. E’ molto affettuoso, e dico a mia figlia che lo teniamo, e lei obietta che magari non va d’accordo con gli altri due, ed io dico se non va d’accordo, all’ultimo arrivato gli troveremo un padrone, e che secondo me ha fatto bene ad andarsene da dove lo avevano vestito a pacco regalo.
Mi sono svegliata elucubrando  su cuore e ragione, che ad aver seguito il cuore invece che la ragione, la cagnolina randagia anni fa non sarebbe morta, e che mentre il cuore a volte ha ragione, la ragione spesso non ha cuore.

Blue Jasmine

Quanto a Blue Jasmine,  appartengo alla schiera di quelli che se lo sono goduto.
In un certo modo mi ha ricordato Carnage, per il piglio teatrale che  a torto o ragione vi avevo colto,  e per la complessità delle psicologie dei personaggi, e la loro conflittualità, ed il linguaggio, sia gestuale che verbale, essenziale ed efficace.

La trama, ridotta ai minimi termini:  la sorella ricca ed elegante finisce sul lastrico e ricorre alla sorella “sfigata”, che pur  sfigata ha una vita vera e affettiva, mentre Jasmine si è ritrovata sola in un tunnel nel quale non vede  vie di uscita.
Sorelle entrambe adottate e diversissime tra loro, una elegante, l’altra inelegante,  l’una in preda a scontento rimpianti xanax vodke  e l’altra equilibrata, ha accettato i propri limiti e ci convive. Il gioco psicologico è densissimo e difficile da rendere, però ti prende, e non sai per chi fare il tifo, ed onestamente non sai neanche chi tra le due sia la vera protagonista. Blue Jasmine, Red Ginger?
Cate Blanchett  è senza dubbio  splendida attrice,  nella sua parte di donna a tratti luminosa ma devastata dall’esaurimento nervoso, termine medico che non sentivo da tempo,  mi sembra si parli ormai solo di depressione: la sua leggendaria bellezza è una bellezza di insieme, perchè nei tratti mi sembra abbia un fisico piuttosto nodoso, lo si intuisce dai piedi e dalle mani non affusolate, mentre affascinante è la bocca, il sorriso. Mi rendo conto che la bocca e il sorriso sono cose che guardo molto, e molto invidio in alcune donne, oddio, dovrei invidiarle anche per ben altro, se penso al fisico!   Invece Sally Hawkins è viva e guizzante,  con la sua parata di denti sempre sorridenti, e piena di saggezza, e non si costruisce mondi impossibili, è affettiva e accetta quello che la vita le offre, ha imparato le lezioni, ha imparato a vivere… quando cerca di seguire i consigli della sorella, incontra la menzogna. E in mezzo alle menzogne era abituata a vivere Jasmine: il mondo vero è triste e deludente per lei, inaccettabile, e si perde dialogando con se stessa di cose che non ci sono più, se stessa è tutto ciò che le è rimasto del passato.
Il maestro Allen -immancabili le “musichette” jazz in  apertura e chiusura del film – è stato tenero e analitico con i personaggi femminili, scatenando la sua abituale causticità con quelli maschili, dipingendoli come  caricature e stereotipi,  assolutamente dipendenti dall’altro sesso, .
Che poi, il mancato nuovo fidanzato di Jasmine, assomigliava tantissimo a Jack Lemmon, pensavo fosse un figlio – aveva figli JacK Lemmon? – invece no.