Al portone penso sia meglio farmi annunciare dal telefono, forse è semiaddormentata sul divano, forse il citofono la spaventa, non sa che sono io, non mi aspetta. Risponde al telefono, passo al citofono. La sua voce è concitata, eppure è un gesto normale "Aperto?" "No mamma" "Aperto?" " No mamma" Silenzio, silenzio tra le siepi del cortile, silenziosa la serratura del portone, nessuno scatto. Risuono. " Ma qui non si riesce mai, non si capisce niente" la voce è alterata, quasi un pianto dal citofono, il portone frinisce, "Mamma, a posto, è aperto".
Mia madre non vuole badanti, non vuole case di riposo. Il pensiero di esser lei a faticare ad aprire, sembra non sfiorarla, è solo colpa del citofono, se non riesce ad aprire.
Archivio mensile:marzo 2011
m'ama non m'ama
Passo davanti ad una cancellata, nella pausa pranzo, al di là c'è un prato, ed un ritrovo per gli anziani del quartiere.
D'estate, al martedì pomeriggio, attraverso le finestre aperte mi arrivano le loro musiche da ballo.
Il prato non è ancora stato tagliato, e vicino alle sbarre ho visto delle pratoline corpulente… m'ama non m'ama, ma no, mi son detta, tanto stavolta so come va a finire, non c'è più la suspence.
Quanti ne ho spiumati, di quei poveri fiorellini.
Bambina, con la Gloria e la sua mamma al Parco Sempione ne raccoglievo mazzolini da portare a casa alla mia, di mamma, che, non lo sapevo allora, era fuori, con ogni probabilità seduta a qualche tavolo di ramino.
Le pratoline diventavano anche il riso con lo zafferano, quando si cucinava per le bambole.
Crescendo, il gioco con le pratoline si era fatto più complicato… m'ama non m'ama… non m'ama, per forza, ho preso due petali insieme, 'spetta che rifaccio.
fotografie
Cercasi badante, meglio se principessa.
"Mamma, come ti è sembrata l'ucraina di ieri?"
"Ah, guarda… figurati! Ha la classica faccia da badante, sai come le badanti, quelle delle fotografie."
Veramente non so, non so come siano le badanti in fotografia.
A Milano il 22 marzo, ore 18.30, Bastardo Posto…
Ecco, nel link qui sotto c'è tutto quello che serve per esserci…
poche parole
Oggi, a dispetto di alcuni, si festeggia il 150° compleanno dell'Italia.
La sensazione che ne ho, in parte è di sgradevolezza, un po' la stessa che provo di fronte alle cosiddette onde emotive, cioè parole alle quale non seguono fatti.
Un evento, di cui sono tutti improvvisamente fan, giudici e profeti, pronti a rimuovere tutto di fronte all'evento nuovo.
Un po' tipo Natale, quando siamo tutti più buoni, ma pronti a scannarci di nuovo il 26 dicembre.
Così negli ultimi giorni le rivolte del nord Africa, queste lotte per la democrazia – di mio, prima di manifestare entusiasmo, preferivo stare alla finestra, questi popoli sembrano avere, loro malgrado, difficoltà intrinseche ad organizzarsi in regimi libertari – sono state soppiantate dallo tsunami e dal nucleare, ed intanto Gheddafi si riprende il territorio conquistato dai ribelli drogati,, minacciando l'Occidente di allearsi di Al Qaeda (rea, fino a pochi giorni prima, di aver aizzato la rivolta).
Tornando alla Festa per l'Unità d'Italia, in un tripudio di coccarde e tricolori, si gareggia per essere italiani, e più italiani degli altri, dopo un lungo periodo in cui patriottismo e la bandiera erano considerati un po' retrò, e mi ritrovo a considerare come dell'importanza delle cose ci si accorga sempre quando le si stanno perdendo.
Il governo Berlusconi ce lo ricorda tutti i giorni, si va svilendo il nostro patrimonio di valori e di cultura, ed anche di ricchezza; è emblematico che abbiano ceduto proprio ora parti della Pompei che era resistita al terremoto ed ai secoli.
Spero che di questi festeggiamenti, e delle parole di oggi, ce ne ricorderemo quando occorrerà andare a votare: stiamo partendo per un federalismo propugnato da spiriti secessionisti e ostili all'identità nazionale… eppure, un buon federalismo potrebbe anche giovare all'Italia, diventare una confederazione non vuol dire non avere più un'unità nazionale.
PAPER YOGA
LA POSIZIONE DELL'ALBERO