Archivio mensile:Maggio 2010

american graffiti a Gudo Gambaredo

– Ma dove andiamo a mangiare? Non mi vengono in mente posti.
– Ce ne è uno dove suonava mio figlio, ma non è che sia elegante.
– Non m'importa che sia elegante, che poi costa anche. Ma non esiste da qualche parte un'osteria con le tovaglie a quadri, il vino in fiaschi e il campo bocce?
– Forse il Beppe lo sa..
– Ma quel bar in fondo alla strada di Trenno, che poi si gira a destra e si va al Gallaratese… lì non c'erano le bocce?… mille anni fa, però.
– Facciamo che ci sentiamo, mando Beppe in avanscoperta

Non potevo che essere sotto la doccia.
– Mamy, l'Anna.
– Dille a che ora
– Alle otto,il  Beppe ha trovato il posto e ha prenotato per le otto e mezza.
Il posto era in periferia, un capannone alle spalle di una invitante trattoria, una scritta con qualcosa di america latina, all'interno campi bocce, odore di gomma, di pneumatico. Tanti campi tutti spenti, sul fondo, a sinistra un bar con qualche luce accesa, dei tavoli con tovaglie rosa e qualche grappolo di palloncini colorati. Nella parete a destra, come si aprisse verso un altro mondo, una porta con la scritta ristorante pizzeria, e delle luci, ci infiliamo lì. Metà sala  buia, due o tre tavoli con gente che mangia. Uè, meno male che abbiamo prenotato e siamo puntuali, scherzo con Beppe.
Beppe dice che non capisce, al pomeriggio era pieno di gente. Non capiamo ma mangiamo e  poi chiediamo e ci spiegano. Niente bocce il venerdì ed il sabato perchè funziona la discoteca.
Intorno alla macchina, dobbiamo decidere dove andare, invece delle bocce, o in cerca delle bocce. Cominciano ad arrivare i danzatori di salsa e merengue. L'insegna ora è illuminata, incorniciata da un filo di lucine piccole colorate, che fanno molto Natale. Anche  all'interno pende qualche filo di lucine bianche. Decorazioni per tutte le stagioni, di sicuro non è un posto lussuoso. Alcuni ragazzi fermi vicino a una macchina attigua vengono chiamati per spostare i tavoli. Arriva una biondona autoctona scollata sfatta con accompagnatore estero, al contrario poco sfolgorante.
Anna vorrebbe andare a casa, il capofamiglia tace, Beppe propone Gudo Gambaredo. Approvo incondizionatamente, ignoro tutto di  Gudo Gambaredo, ma mi sembra che il nome vada a pennello per la serata.
Il navigatore, un congegno di poche parole, ci conduce nell'oscurità, ci ha fatto abbandonare le strade frequentate e ci ha portato in mezzo alle campagne. Una macchina in sosta con i vetri appannati ci fa simpatia. La  strada, non illuminata, si è fatta stretta e corre tra due fossati. "Una strada da conigli" interloquisco. Il navigatore anticipa di girare a sinistra ma nessuno gli credeva,  non si vedeva niente, ed invece sì, all'improvviso si apre una strada, con le stesse caratteristiche di quella che lasciavamo. Eccolo lì, immobile, con due orecchie su, illuminato dai fari attraversa la strada, Beppe sterza e lo evita. Dice che d'ora in poi si toccherà le palle tutte le volte che prevedo qualcosa, ma io mi difendo, è ovvio che ci siano i conigli in un posto così, e quasi tutti gli animali girano di notte, di giorno dormono.  Continuiamo il viaggio, ed Anna dice di aver paura, ed io dico che non ce l'ho perchè siamo in quattro, fossi sola non mi sarei mai avventurata (ma neanche sola col capofamiglia, penso, ma non lo dico).
Gira a destra, poi a destra, poi a destra, invece no, ci fermiamo,   siamo davanti al bar trattoria Santoro.. E' il posto che Beppe cercava, e quello che io speravo di trovare.
Due gradini scalcagnati, una bottega, sulla destra vendono salumi, forse anche il pane, di giorno, di fronte all'entrata il banco bar, e una porta, e un'altra sul lato. Al centro troneggia un calciobalilla, che se fosse umano sarebbe pieno di rughe,  non ha neanche il segnapunti, bisogna contare i goal guardando le palline dal vetro del campo di calcio.
Ci fanno vedere la saletta,quella della porta laterale, tovaglie rosse, e poi l'esterno, una veranda, con i gerani e dei fiori di stoffa dell'Upim impolverati, attaccati ad un palo, possiamo accomodarci lì, ma no, dopo ci beviamo la birra e il limoncello, prima c'è il calciobalilla.
Io sto in porta, dove riesco a fare i ganci.
Gudo Gambaredo però non lo ho visto scritto su nessuna freccia, su nessun cartello, ed in cielo c'era la luna tonda, rossa.

chiavi di ricerca

Era da un po’ che non guardavo con attenzione le chiavi di ricerca,  rilevate da Shinystat..
Ci sono quelli che il pc lo interrogano proprio, con tanto di punto di domanda,  quelli che hanno finito la fantasia per gli status di FB, quelli che hanno problemi con i compiti… quelli che boh, io cerco di figurarmi cosa cerchino, cosa pensino, e che poi finiscano da me.
Resta un bello spaccato di società… ho evitato quelle un po’ porno, anche perchè si ripetono uguali da anni.

stavo guardando con tranquillità una lucertola trova avverbio
sostituire il verbo fare mio fratello fa l’infermiere
toporagno sul muro
tip che sbadiglia
tip top and the clok la cansone
" ci sono coloro che guardano le cose come sono, e si chiedono perchè…io sogno cose che non ci sono mai state e mi chiedo perchè no"
stufa di essere presa per il culo
quanto diventano grandi i maltesi
nonna con nipote free media
palestrato ignorante
larve di scorpione
immagini di cuori con frasi da mettere su facebook
domanda ho dei ticket restaurant posso usarli per fare la spesa dove?
come si gira il polpettone senza romperlo
come si mette una tip top alla bici
cane mordicchia talloni
cartelli spiritosi wc
belle frasi per fb da mettere su dime
grazie per l’attenzione

Rumori

Descrivo sempre la mia casetta di Pallanza come un’oasi di pace, nel centro storico chiuso al traffico, vicino al lago, all’imbarcadero, ai giochi per bambini, ai palmipedi, al cinema… per la prima volta sono riuscita a passarci un week end intero.
Sento gridare nella piazzetta davanti a casa,  una voce che sembrava di un pazzo, di quelli che vedo a volte girare per strada a Milano e se la prendono con chissà chi.   Le voci diventano due, mi affaccio al balcone… sono due uomini, uno in trincea  dietro il muretto del suo piccolo cortile,  l’altro all’esterno, sta aprendo il portellone di una macchina. Arriva una donna a urlare chissà che. Qualcosa che c’entra con il parcheggio. E’ zona pedonale, il parcheggio è un bene prezioso: a me non residente hanno concesso un pass, ma non il permesso di sosta. Urlano. La donna grida al trincerato “ Figlio di puttanaaaa” e lui “ E te sei, sei, sei un pezzo, un pezzo  di puttana”, forse si vergognava un po’ a usare quella parola,  e lei non so, snocciolava il numero di figli, e nipoti. Sono cominciati a volare i vasi del muretto, come si fa la lotta coi cuscini, però questi erano vasi con la terra e piantine grasse. Un vaso è finito dentro il portellone.
Poi si sono calmati, era ora di pranzo. Secondo me, sono parenti.
Fortunatamente,  alla mattina ti svegliano le rondini, che impazzano sfrecciando su quella stessa  piazzetta,  e lo stesso verso sera, cioè, non mi svegliano,  ma impazzano. E quegli stridii mi sembrano una cosa meravigliosa, me  li ero quasi dimenticati…Secondo me le rondini vanno tutte d’accordo, forse perché non cercano parcheggio.
Domenica pomeriggio,  seduta sul lungolago al sole, ascoltando pizzicamenti di chitarra, prova acustica per il concerto jazz della sera, c’erano uccellini piccolissimi che svolazzavano,  ed erano rondinini, già vestiti belli eleganti. 
Alla sera stavo raggiungendo la piazza per il concerto e arrivata sul lungo lago vedo due canne da pesca, poi due uomini, e sento un rumore di qualcosa che si agita nell’acqua, che abbiano preso un luccio?  Nella rete ci sono  due pesciotti, che sbattono ancora debolmente la coda… quello che fa casino è un papero, nell’acqua, vicino a un pontile… ma non stava rubando il pesce, aveva abboccato direttamente all’amo, per fortuna sono riusciti a toglierlo.

I brutti anatroccoli.

La fiaba va letta un po’ bene. Non è solo il fatto di non dar peso alle apparenze, che possono nascondere grandi bellezze… il brutto anatroccolo era considerato brutto non perchè lo fosse, ma perchè era diverso. E qui ci sono le prove!
Questi cosini sarebbero brutti???

Il mio Salone del Libro di Torino, con sandali bugiardi.

Sul treno regionale per Torino delle sette e un quarto c’erano alcune passeggere, belle e dalla pelle scura. Mi sono ricordata di articoli letti parecchio tempo fa su un certo tipo di pendolarismo, avrei voluto poterle osservare, cercare indizi dei loro pensieri. Alcune sembravano allegre, una parlava all’indirizzo di un’altra, che resa invisibile dai sedili rimaneva sileziosa,  ed usava un’intonazione un po’ accesa, ma non ero certa che fosse arrabbiata, il suono di quella lingua sconosciuta non era per niente sgradevole.
Le prime ore del mattino, pensavo, sono le migliori per l’utilizzo dei servizi igienici pubblici: mi decido prima di scendere  dal treno e nel w.c. pulito trovo la carta igienica, lo sciacquone che funziona, ci sono gli asciugamani e perfino il sapone, penso di lavarmi anche gli occhiali. Non poteva andare così liscia, qualcosa mancava infatti,  l’acqua dal lavandino, ma per fortuna non avevo ancora messo il detersivo sulle lenti.
Alla cassa del Salone del Libro arrivo una ventina di minuti prima dell’apertura (perché devono pagare gli espositori, ed anche il pubblico?). Quelli dietro di me bofonchiano perché la cassiera è  lenta. Però mica si può dire, se la fila lunga degli altri è formata da famiglie, fanno prima a smaltirla rispetto una fila lunga uguale di biglietti singoli.  Ma l’importante è brontolare, mica cercar di capire.  E comunque arrivava il profumo delle brioches, dal bar Autogrill dell’ingresso. Uno dei tanti bar Autogrill all’interno del Lingotto, mi è venuto da ridere quando nel pomeriggio, sorseggiando una corroborante spremuta d’arancia (vera) ho sentito un signore trafelato parlare al cellulare “ Sì sì sono arrivato adesso – e si guarda intorno – mi trovi al bar Autogrill “ guardi signore che ce ne sono minimo quattro, nell’immensità “Aspetta che ti spiego meglio, sono nel padiglione 3…”
Però Autogrill all’interno di un salone del libro, non è che suoni tanto bene. “Sono al Bookgrill”… “troviamoci al Bookcook” … Bibliogrill… Ecco, invece il nome del ristorante Ciao, è perfetto. Seduta, mangiando, ho esclamato “sembra di essere in una stazione, tutti che  salutano”. E’ un continuo sventagliare di braccia alzate e dita frenetiche, “ehi qui, siamo qui” “qui qui qui c’è un tavolo” per un braccio che cala altri si alzano.
I miei obiettivi al Salone del libro erano due… trovare qualche poster da mettere nella casetta di Pallanza e trovare qualcosa di lacustre.
Sul mare ci sono un sacco di pubblicazioni, e barche e pesci e isole e coste e narrativa, mentre sui laghi,  il lago Maggiore in particolare no, mi venivano in mente solo Luino e Piero Chiara. 
Insomma, ho catturato un libretto sulla strage di ebrei nel 1943 nell’albergo di Meina, credo la prima strage italiana, di cu avevo sentito parlare, ed un libro di Mario Soldati, intitolato Orta, con alcuni scritti anche su Feriolo e Gignese. Cercavo storie e leggende, però.
Per i poster, ce ne era uno che mi piaceva, giustappunto l’unico che non era in vendita: no, no, gli altri non li voglio, mica è colpa mia se non mi piacciono.
Tallonata da quelli di Green Peace, che mi devono aver  individuata  sbracata nella mia poco smagrente camicia rosata, credo volessero catturarmi e proteggermi dai giapponesi – però non ho visto giapponesi, giusto, come mai mancavano? –  ho fatto lunghe camminate tra i libri, con un momento di suspence… un’impressione  di violenza, di passo militare, di rumorio… credevo avessero arrestato uno… Ma no, era Saviano, che si avviava a una conferenza. Un effetto tipo pifferaio di Hamelin , il padiglione è sembrato svuotarsi confluendo in coda dietro a lui. E’ stato un attimo realizzare che se anche mi fossi accodata, non sarei riuscita a sentire niente di quel che diceva, e per dire “ho visto Saviano” lo posso dire lo stesso, e mi è spiaciuto per lui, che fosse così prigioniero.
L’effetto del Salone di quest’anno è stato in un certo senso positivo, rispetto la mia prima visita, lo scorso anno, nella quale mi era sembrato tutto un po’ grigio, omogeneo…niente di nuovo, quest’anno, però i libri mi sembravano più invitanti, più eleganti, amichevoli… come farfalle, nonostante certa letteratura equivoca dispersa tra i libri per bambini, con tanto di copertina rosa confetto “Sei mariti per una topolina” Non ho osato guardarne le figure.
Ho comprato poi “Lo scommettitore” di Remo Bassini, e, per sopravvivere in Facebook, “Non leggete i libri fateveli raccontare”, di Luciano Bianciardi, e “Insetto sarai tu!” che parla di insetti geniali.

E se nel girare avessi incontrato una fontana, mi sarei risvoltata i pantaloni e ci avrei pucciato i piedi, buttando all’aria i sandali fintocomodi.

bolle di sapone

Ho visto in cucina  lo sparabolle dei Gormiti,  di plastica gialla, con una boccetta caricatore… fare le bolle di sapone impugnando un’arma.
Ma  perchè perdere la delicatezza del gesto? Le labbra che si avvicinano ai  cerchietti di plastica che trattengono un tessuto di accqua un po’ lucida, e soffiano piano, nel  il timore di infrangerlo. La bolla che vola, altre la seguono,c’è un senso di gioia, forse sarà la leggerezza di quel volo, o questa nascita un po’ magica.
Da bambina giocavo con le bolle sul balcone della cucina, abitavamo al settimo piano, e non mi ponevo ancora il problema delle vertigini.
Non esistevano ancora le boccettine di plastica con i cerchietti ed il liquido che quando finisce è da buttar via. Che quando poi ti ritrovi  madre, scafata dalle esperienze della vita, ti chiedi che mai ci sarà dentro se non sapone – son bolle di sapone, eh! -, ed allora ci rimetti un po’ di detersivo per i piatti, un po’ d’acqua, e via andare.
Quelle non esistevano ancora, e non avevo neanche le cannucce. Le cannucce pensavo si trovassero solo nei bar, e potessi averle solo portandone di nascosto qualcuna a casa. Un’ambizione di possesso forse tipica della mia generazione, che avrebbe alimentato  i furti di posaceneri dai bar, prima che arrivasse la pubblicità e il marketing ed il merchandising, ed i portaceneri te li mettessero lì, nei bar, per essere rubati, alla faccia del libero arbitrio. Come le  saponettine e i bagni schiuma degli hotels, insomma.
La mamma mi faceva le cannucce, con la carta degli alimentari, quella un po’ gialla, robusta, ruvida  che il macellaio usava per la carne.
La arrotolava e la legava con un pezzettino di spago. Penso che fosse la mamma, ma forse era la bambinaia Maria, o sua sorella, la cameriera Laura, che era in cucina. Era normale che la Maria fosse con me, e anche Laura, visto che era il balcone della cucina. Penso che fosse la mamma, ma mi sembra strano che ci  fosse lei a fare queste cose, nel mio ricordo si confonde.  Però era stata la mamma a urlare in cucina quando mi sono tirata un armadio addosso, rimanendo nell’incavo. Quello me lo ricordo, il suo spavento, il mio non lo ricordo tanto visto che non mi ero fatta niente. Ma sentire un rumore,  entrare in una stanza e trovare un armadio a terra dove ci doveva essere la tua bambina, non deve essere un bel vedere per una madre.
Mi affidavano un pentolino, con l’acqua e del sapone da bucato, quello in polvere, che aveva  sempre dei grumini non sciolti. E le bolle riuscivano lo stesso,  con la cannuccia della carta del macellaio, e volavano dal settimo piano, sopra il cortile.

TEMPO DA PAPERI

Capita, andando in piazza, di incontrare qualche volto noto.
In questo tempo piovoso, acquatico, la coppia di paperi che dal prospiciente lago ha deciso di farsi un giretto in una via dello shopping, l' ho incontrata che tornava da via Ruga.


ci siammo fermati per i soliti convenevoli, io speravo che smettesse di piovere, loro erano indifferenti, dicevano, il tempo andava bene anche così. Poi siamo andati ognuno per la propria strada.

Grazie

Oggi una persona  mi ha fatto avere un file con tutto il mio blog copincollato dall’inizio alla fine. Avevo detto che volevo farlo e non lo facevo mai, un po’ per salvarmi  una copia di tutto quello che avevo scritto, un po’ perchè mi avevano suggerito di lavorarci per farne un libro. Ho detto di non farlo, che era un lavoraccio,  "Ma no dai, che se poi faccio il libro mi tocca metterci i ringraziamenti! "

Il libro non so se lo farò, ma intanto i ringraziamenti li metto qui, è stato un bellissimo regalo.

Sassi

In piedi vicino alla porta , Lei  aveva visto per terra, vicino a un piede del letto matrimoniale, delle piccole cose di colore scuro, ed il pensiero, schifato ed allarmato, era corso al cane, l'ennesimo misfatto di quel disastro intestinale ricoperto di peli, sempre scodinzolante.
"Guarda il tuo cane"  disse a Lui indicando quegli oggetti non volanti e  non identificati.
Lui non si scompose, andà a prendere la carta in cucina, e cautamente li prese "Sono sassi" disse" dei giardini, li mangia"
"Ah" disse lei, perplessa sulla provenienza di quei sassi " ma pensa di essere un criceto, li mette nelle guance?"
"Non è detto" rispose Lui, dirigendosi verso il bagno.
Lei lo seguì " Li lavi? Li lavi?!"
"Si, li porto in ufficio, li tengo sulla scrivania"
Lei scosse la testa e andò in un'altra stanza.
Qualche giorno dopo facendo le pulizie trovò un sasso di discrete dimensioni tra gli ombrelli pieghevoli, ed altri due vicino al lavandino nel bagno più piccolo. Ed un altro ancora vicino al comodino.
Non sapeva bene che fare, Lui era fuori città.
La prima idea era stata "Li butto"
poi "No si arrabbia"
"Ma vuole fare un aiuola di sassi espulsi dal cane, sulla scrivania?"
Questi erano un po' grossi, però, forse erano "altri" sassi, un progetto diverso, suo, o del cane.
"Oh, senti, io quello degli ombrelli lo butto…era anche su una mensola alta"
Gli altri sono ancora lì, erano un po' più colorati, venati, di quello sacrificato.
Lui se li ricorderà e diventeranno intoccabili  solo quando Lei gli chiederà cosa vuol farne, un po' come quelli che guardano il Gran Premio alla TV, russano sul divano ma se spegni saltano su.