Archivi tag: friends

La passione del calcio.

Non è certo mia, ma funziona un po' come le sigarette: non fumo, ma respiro il fumo degli altri. In cambio, non credo che mi abbia mai fatto male nè contagiato.
Beh comunque stasera, nei fondali della Libreria dello Sport di Milano, via Carducci, il giornalista Gianni De Felice presentava il libro di Franz Krauspenhaar, quello con la copertina  con l'alieno spettinato, che uno prima pensa alla fantascienza, poi guarda meglio  e  vede che è una zolla erbosa (mica qualunque, sicuramente di San Siro). Edito da PerdisaPop
In un'atmosfera semplice e cordiale, De Felice ha preso spunto da questo libro  comodamente tascabile (un punto a favore, per me che leggo sui mezzi pubblici) per parlare di sport e di società.  Dunque, non è un romanzo, bensi sono i ricordi calcistici di Franz, ed ogni capitolo fa a sè (secondo punto a favore per i lettori in bus).
Essendo ricordi, non sono sempre attanagliati al calcio  e questo è uno dei motivi per cui sono convinta che lo leggerò con piacere e senza sforzo, nonostante l'argomento principe.
De Felice evoca la ritualità domenicale della partita, come c'era la Messa così c'era la partita, e Franz scrive del rumore del pallone nella rete, e le grida dei giocatori. Di mio, ho ripensato  a mio padre che ascoltava alla radio "Tutto il calcio minuto per minuto", schedina alla mano, matita con  gommino per cancellare gli 1,2,  X  sbagliati, anneriva coscienziosamente il quadratino colpevole (anzi, i numerosi quadratini colpevoli, perchè non ho ricordi di vittorie al Totocalcio.  Ho ripensato anche alle domeniche al Parco Sempione, io con i pattini a rotelle, e le famiglie a spasso, i "lui" tutti  con la radiolina vicina all'orecchio.
Franz scrive della passione che cala, e De Felice si chiede e ci chiede perchè le cose siano così cambiate da un tempo, come non ci siano più gli uomini bandiera delle squadre, come potevano essere Rivera, Riva, Mazzola, ma anche negli altri sport non emergono, forseValentino Rossi.  Oggi, anche i nostri miti sono a tempo. 
Non ho ancora letto il libro, ma per quello che ho ascoltato oggi e conosco della scrittura di Franz, dagli episodi legati al calcio spazierà ai suoi ricordi di ragazzo  e racconterà le cose come le viveva, o le sognava, confrontando il passato e presente, cosa che se uno ci pensa dice "ma anch'io lo faccio": certo, ma non con la sua intensità narrativa.

m'ama non m'ama

Passo davanti ad una cancellata, nella pausa pranzo, al di là c'è un prato, ed un ritrovo per gli anziani del quartiere.
D'estate, al martedì pomeriggio, attraverso le finestre aperte mi  arrivano le loro musiche da ballo.
Il prato non è ancora stato tagliato, e vicino alle sbarre ho visto delle pratoline corpulente… m'ama non m'ama, ma no, mi son detta, tanto stavolta so come va a finire, non c'è più la suspence.
Quanti ne ho spiumati, di quei poveri fiorellini.
Bambina, con la Gloria e la sua mamma al Parco Sempione  ne raccoglievo mazzolini da portare a casa alla mia, di mamma, che, non lo sapevo allora, era fuori, con ogni probabilità seduta a  qualche tavolo di ramino.
Le pratoline diventavano anche il riso con lo zafferano, quando si cucinava per le bambole.
Crescendo, il gioco con le pratoline si era fatto più complicato… m'ama non m'ama… non m'ama, per forza, ho preso due petali insieme, 'spetta che rifaccio.

il mondo virtuale non è poi così virtuale…

Qualche hanno fa ho aperto il blog, era la fine del 2005, tra poco ricorre il compleanno, ed avevo pochissimi lettori, scrivevo e non mi leggeva nessuno, Splinder era organizzato in modo diverso e si aveva meno visibilità.
Un giorno  a commentare è comparso  Pigi00, aveva appena aperto il  suo blog,  che allora si chiamava Brianza. Un ragazzo tranquillo che si guardava intorno attento, ma con idee pacate, con il coraggio della normalità, in un mondo dove tutti cercano di emergere, di fare un qualcosa di diverso dalla massa.
Andavamo d'accordo, ci facevamo grandi chiacchierate in chat, io travolta dalle irrequietudini quotidiane e lui assillato da una madre apprensiva (mi rimproverava quando gli sembrava che con i miei figli mi comportassi uguale!), e dal cruccio di essere spesso considerato dalle ragazze l'Amico, ogni tanto un esame da preparare, poi le vicende della squadra di calcio di extracomunitari che allenava, e la decisione di aprire un  nuovo account.
Chiacchierando con lui, pensando alla sua età, ai suoi studi, alla zona dove viveva, avevo avuto non so come il pensiero che dovessero conoscersi, lui ed un mio collega .
Così avevo fatto delle indagini con Ruggero " ma tu conosceresti uno a cui piace scrivere all'incirca della tua età, che  studia legge, e si può chiamare Pigi? " e  Ruggero si è ricordato di un compagno delle medie, partecipavano insieme al giornalino della scuola. Mi sono fatta dire il nome della scuola…. "Pigi tu sei stato a quella scuola lì?"
Era stato a quella scuola lì, ed allora un giorno mi sono divertita a passare Pigi al telefono a Ruggero, e poi ad una cena per il mio compleanno li ho invitati entrambi, con altri amici
Oggi mi è arrivato un sms da Ruggero,  Pigi non ce l'ha fatta.
Era scomparso dal blog, ma come tanti con l'erompere di  Facebook, anzi, anche da Facebook Pigi era scomparso,  ci si sentiva a disagio. Ma la sua assenza dovevamo poi scoprire che non era dovuta a quello.
Un giorno  riprende a scrivere, della sua lotta contro un tumore, che lo aveva preso alle gambe, e poi  la chemio, e le gambe che riprendevano a muoversi, e la  quantità di ginnastica che doveva fare, ed era ottimista, e fiducioso… poi di nuovo il silenzio, io non osavo chiamarlo, e ora.. ora è tardi, è tardi anche per pensare che se lo avessi chiamato magari sarebbe stato contento di sentirsi ricordato… e invece non lo ho fatto.
Scrivere ora qui serve a poco….. ma voglio che il suo ricordo resti in questo blog, e giuro che se mai ne tirerò davvero fuori un libro, lo dedicherò a lui, che lo leggeva e commentava sempre, e sempre mi diceva che se avessi scritto un libro sarebbe stato il primo a comprarlo.

capita in FB: ho scoperto che non sono umana!

Sono andata a ricercare un blog in splinder, tanti non vengono più coltivati, mi era tornato in mente un blogger con cui avevo avuto qualche scambio anche in chat, chissà, forse ci scriveva ancora.
Lo trovo, scopro che è su FB, gli dico se si ricorda di me, come blogger, gli chiedo l'amicizia.
Accetta, ieri.
Oggi trovo questo messaggio in posta:
"scusami ma io cancello chi non ringrazia
ho pochi amici e tutti umani,
ciao."
rispondo
"se questa è la tua misura per valutare le persone, fai bene a cancellarmi. Il fatto che mi ricordassi di te, ti avessi cercato su splinder e vedendo il tuo nome (ricordavo solo il nick, ai nomi faccio poco caso, che siano Nomi o nomi) avessi ricollegato al vederti qui, dovrebbe essere sufficiente perchè fossi tu a ringraziare me, semmai.

Ma io a queste cose non faccio caso, cancello invece i contatti inesistenti, quelli che fanno raccolta di figurine, si fanno pubblicità, pubblicano solo link e citazioni, non interagiscono e non frequento di persona. Un giorno ne ho cancellati 120.
Mi spiace, fai come credi. "
risponde immediatamente.
"ho fatto bene a cancellarti."
Per quanto ci sia rimasta umanamente male, sono orgogliosa di essere stata cancellata.
Mi accorgo ora che mi ha anche bloccata, volevo per curiosità vedere quanti amici abbiamo in comune.
Ma visto che lo incontravo nei commenti, senza sapere che era il blogger che bloggisticamente conoscevo, di certo ne abbiamo, amici che gli hanno detto grazie.

american graffiti a Gudo Gambaredo

– Ma dove andiamo a mangiare? Non mi vengono in mente posti.
– Ce ne è uno dove suonava mio figlio, ma non è che sia elegante.
– Non m'importa che sia elegante, che poi costa anche. Ma non esiste da qualche parte un'osteria con le tovaglie a quadri, il vino in fiaschi e il campo bocce?
– Forse il Beppe lo sa..
– Ma quel bar in fondo alla strada di Trenno, che poi si gira a destra e si va al Gallaratese… lì non c'erano le bocce?… mille anni fa, però.
– Facciamo che ci sentiamo, mando Beppe in avanscoperta

Non potevo che essere sotto la doccia.
– Mamy, l'Anna.
– Dille a che ora
– Alle otto,il  Beppe ha trovato il posto e ha prenotato per le otto e mezza.
Il posto era in periferia, un capannone alle spalle di una invitante trattoria, una scritta con qualcosa di america latina, all'interno campi bocce, odore di gomma, di pneumatico. Tanti campi tutti spenti, sul fondo, a sinistra un bar con qualche luce accesa, dei tavoli con tovaglie rosa e qualche grappolo di palloncini colorati. Nella parete a destra, come si aprisse verso un altro mondo, una porta con la scritta ristorante pizzeria, e delle luci, ci infiliamo lì. Metà sala  buia, due o tre tavoli con gente che mangia. Uè, meno male che abbiamo prenotato e siamo puntuali, scherzo con Beppe.
Beppe dice che non capisce, al pomeriggio era pieno di gente. Non capiamo ma mangiamo e  poi chiediamo e ci spiegano. Niente bocce il venerdì ed il sabato perchè funziona la discoteca.
Intorno alla macchina, dobbiamo decidere dove andare, invece delle bocce, o in cerca delle bocce. Cominciano ad arrivare i danzatori di salsa e merengue. L'insegna ora è illuminata, incorniciata da un filo di lucine piccole colorate, che fanno molto Natale. Anche  all'interno pende qualche filo di lucine bianche. Decorazioni per tutte le stagioni, di sicuro non è un posto lussuoso. Alcuni ragazzi fermi vicino a una macchina attigua vengono chiamati per spostare i tavoli. Arriva una biondona autoctona scollata sfatta con accompagnatore estero, al contrario poco sfolgorante.
Anna vorrebbe andare a casa, il capofamiglia tace, Beppe propone Gudo Gambaredo. Approvo incondizionatamente, ignoro tutto di  Gudo Gambaredo, ma mi sembra che il nome vada a pennello per la serata.
Il navigatore, un congegno di poche parole, ci conduce nell'oscurità, ci ha fatto abbandonare le strade frequentate e ci ha portato in mezzo alle campagne. Una macchina in sosta con i vetri appannati ci fa simpatia. La  strada, non illuminata, si è fatta stretta e corre tra due fossati. "Una strada da conigli" interloquisco. Il navigatore anticipa di girare a sinistra ma nessuno gli credeva,  non si vedeva niente, ed invece sì, all'improvviso si apre una strada, con le stesse caratteristiche di quella che lasciavamo. Eccolo lì, immobile, con due orecchie su, illuminato dai fari attraversa la strada, Beppe sterza e lo evita. Dice che d'ora in poi si toccherà le palle tutte le volte che prevedo qualcosa, ma io mi difendo, è ovvio che ci siano i conigli in un posto così, e quasi tutti gli animali girano di notte, di giorno dormono.  Continuiamo il viaggio, ed Anna dice di aver paura, ed io dico che non ce l'ho perchè siamo in quattro, fossi sola non mi sarei mai avventurata (ma neanche sola col capofamiglia, penso, ma non lo dico).
Gira a destra, poi a destra, poi a destra, invece no, ci fermiamo,   siamo davanti al bar trattoria Santoro.. E' il posto che Beppe cercava, e quello che io speravo di trovare.
Due gradini scalcagnati, una bottega, sulla destra vendono salumi, forse anche il pane, di giorno, di fronte all'entrata il banco bar, e una porta, e un'altra sul lato. Al centro troneggia un calciobalilla, che se fosse umano sarebbe pieno di rughe,  non ha neanche il segnapunti, bisogna contare i goal guardando le palline dal vetro del campo di calcio.
Ci fanno vedere la saletta,quella della porta laterale, tovaglie rosse, e poi l'esterno, una veranda, con i gerani e dei fiori di stoffa dell'Upim impolverati, attaccati ad un palo, possiamo accomodarci lì, ma no, dopo ci beviamo la birra e il limoncello, prima c'è il calciobalilla.
Io sto in porta, dove riesco a fare i ganci.
Gudo Gambaredo però non lo ho visto scritto su nessuna freccia, su nessun cartello, ed in cielo c'era la luna tonda, rossa.

TEMPO DA PAPERI

Capita, andando in piazza, di incontrare qualche volto noto.
In questo tempo piovoso, acquatico, la coppia di paperi che dal prospiciente lago ha deciso di farsi un giretto in una via dello shopping, l' ho incontrata che tornava da via Ruga.


ci siammo fermati per i soliti convenevoli, io speravo che smettesse di piovere, loro erano indifferenti, dicevano, il tempo andava bene anche così. Poi siamo andati ognuno per la propria strada.

Grazie

Oggi una persona  mi ha fatto avere un file con tutto il mio blog copincollato dall’inizio alla fine. Avevo detto che volevo farlo e non lo facevo mai, un po’ per salvarmi  una copia di tutto quello che avevo scritto, un po’ perchè mi avevano suggerito di lavorarci per farne un libro. Ho detto di non farlo, che era un lavoraccio,  "Ma no dai, che se poi faccio il libro mi tocca metterci i ringraziamenti! "

Il libro non so se lo farò, ma intanto i ringraziamenti li metto qui, è stato un bellissimo regalo.

METRO MILANO, ma anche le filovie non scherzano.

Volevo scrivere un paio di cose sul libro di Paolo, che ho terminato oggi di leggere, e cercavo su Google la foto della copertina da mettere qui, ho digitato semplicemente Melissi.
Melissi Beach Hotel, Melissi Camping, the Melissi digital (ci stiamo avvicinando?) e, dopo un "Purchase Melissi"con figurina del carrello con la spesa , finalmente appare egli.
Non sono una recensora, sono solo una lettrice, e il libro lo ho letto in filobus, quello che prendo tutte le mattine e che mi ispira tanti pensieri, che non so se sia più esatto definire surreali, o sia più semplicemente astrazioni. Un filo di pensieri e considerazoni che sarebbero da annotare subito, poi non si riesce più qualche istante dopo a ricostruirne la consecutio…
Paolo ne ha scritto, è riuscito a raccontare.
Lo immagino in metrò che osserva. Cioè, non osserverebbe, continuerebbe a leggere il suo libro, sono i particolari che vanno a stuzzicarlo, lui passerebbe senza guardare il manifesto, ma il signore che osserva per un tempo milanesemente eterno un formaggino spalmabile, non puà lasciare indifferenti. I
Il regolamento, trasferito dallo specifico all’assoluto, suona assurdo.
Il sig. Pasculli, e Marcovaldo.

Ho detto a Paolo che sento alcuni sguardi in comune.
Per esempio, vorrei scrivere delle ritualità che regolano i posti a sedere, c’è tutto un gioco di sguardi…
La metropolitana, quella gialla, la prendo per solo due fermate, qualche volta mi è capitato di stare pronta alla porta, e non scendere alla mia fermata, è che pensavo. Poi non trovo le scale al loro solito posto, e mi riscuoto. Scendere a Portodimare penso sia una delusione.
Anch’io ho scritto della metropolitana, un racconto, lo trovate qui nel blog.

Buone Feste….

Uno dei miei desideri (sono sempre tanti) è quello di riuscire a tornar qui,  presente come una volta… ma quando finalmente mi trovo davanti al mio pc… mi viene addosso tutta la stanchezza della giornata, e fatico a leggere, e perfino a scrivere.  Intanto….

 

il libro della mia amica

Normal
0
14

false
false
false

MicrosoftInternetExplorer4

/* Style Definitions */
table.MsoNormalTable
{mso-style-name:”Tabella normale”;
mso-tstyle-rowband-size:0;
mso-tstyle-colband-size:0;
mso-style-noshow:yes;
mso-style-parent:””;
mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt;
mso-para-margin:0cm;
mso-para-margin-bottom:.0001pt;
mso-pagination:widow-orphan;
font-size:10.0pt;
font-family:”Times New Roman”;
mso-ansi-language:#0400;
mso-fareast-language:#0400;
mso-bidi-language:#0400;}

La sala della Biblioteca Ostilio Bego di Trezzano sul Naviglio via via si riempie, tante donne, di tutte le età.

Le donne sono grandi lettrici, e il titolo in effetti appare diretto ad un pubblico femminile, anche se poi leggendo il libro non è così, non è  una storia sdolcinata, è semplicemente vita, quella di tutti, quella davanti alla quale pochi si soffermano con attenzione.

Vengono letti alcuni brani e Bruna Miorelli parla del libro, delle generazioni che vi sono rappresentate, delle donne che vi si muovono, perdenti e no. La voce di Bruna mi è familiare, è la mia maestra, la nostra maestra, Cynthia è mia compagna di scuola di scrittura, caparbia e determinata.

Siamo quasi coetanee, e quindi il nostro diventar grandi ha attraversato la stessa storia, e il libro lo ho letto velocemente, senza nessun intento critico letterario, semplicemente partecipe, una cosa che mi accade sempre più di rado.

Gli interventi del pubblico sono stati bellissimi, dalla madre che ringraziava perché il figlio  dopo aver letto il libro sembrava aver apprezzato la lettura e stava continuando, a quella che si poneva problemi sul senso materno della protagonista, chi apprezzava la semplicità di scrittura.

Erano suoi concittadini, e mi sono sembrati così autentici, senza nessuno sfoggio di erudizione, senza competizione, semplicemente parlavano con spontaneità e con il cuore. Dicevano cose giuste, poi.

via privata Bastia

Mai sentita. E’ vicino a via Ripamonti, poco dopo il ponte, scendendo, a sinistra e poi a destra. E’ una via dietro un cancello, e un po’ si capisce perchè, nel buio sembra un’oasi rispetto al circondario, fatta di casette carine, che tu dici Ma è Milano qui? e poi ti chiedi se questa grossa città si conoscerà mai abbastanza. Ammetto che comincio ad apprezzarla, meglio tardi che mai.
In fondo a sinistra, mi pare senza insegne ma non so, era buio, ci sta l’associazione Van Ghè, Ambulatorio d’Arte.  Non so perchè proprio ambulatorio, in genere l’arte è creatività, nascita, laboratorio, fabbrica…forse i tempi sono cambiati e ha ferite bisognose di medicazione, o le manca l’ossigeno, o zoppica.
In ogni caso sono entrata in un posto che un po’ era quello che vorrei fare io quando andrò in pensione, perchè non so se è una cosa in cui ci si guadagni da vivere, ma certo da vivere è un guadagno. Un ingresso, ovviamente l’attaccapanni, un ufficetto. E un salone grande e alto, le pareti in diverse tonalità come fossero colori trasparenti sul muro, il pavimento in assi grezze, grandi finestroni da fabbrica, tendoni sul fondo, a riparare la parte che era di abitazione, una cucina, un bagno, un soppalco. Panche e sedie, due materassi per terra coperti da drappi e cuscini. Sulla parete di fronte ai tendoni, una specie di mini palco, ricoperto da stoffa rossa che mi ricordava un po’ le gradinate delle partite dell’oratorio, e i faretti, ed i leggii.
Un tavolo con un aperitivo con cose semplici. Ecco, questo vorrei fare… uno spazio ampio in cui vivere, e prestarlo per le presentazioni di libri, o le feste di compleanno, o le mostre degli amici.

Comunque venerdì sera c’era Guido Catalano, il Poeta, accompagnato da due chitarristi che per me erano sconosciuti, ed ora ovviamente non lo sono più, e sono anche bravissimi, Matteo Negrin e Federico Sirianni,  e il Sirianni diceva sempre di Negrin chitarra di bravura, e pensavo che allora forse l’altro dovesse essere chitarra di buonumore.
E’ bello assistere a spettacoli dove traspare affiatamento autentico, e mi chiedevo anche perchè non fossero in televisione, che son meglio di tanti che ci transitano. Poi mi son detta "No zitta che poi se vanno in televisione mica li vedi più così a portata di mano". L’ospite, chiamano qualcuno della città in cui vanno, hanno detto, l’ospite a Km 0, Suso, è indiscutibilmente brava, ma non so, secondo me non era in armonia con cose tipo la stralunatezza, la spontaneità … insomma, non si lasciava andare.
E’ che ho fatto anche un video, ma non riesco a caricarlo.

RENDIMI L’ANIMA GIONNI di Guido Catalano

ho sognato che veniva dio a casa
e mi diceva, è venuto il momento
di cosa? gli chiedevo
di rendermi l’anima

puoi ripetere per favore, dio?
devi rendermi l’anima, Gionni
nel sogno mi sembrava del tutto naturale
che dio mi chiamasse Gionni

ma scusa dio
in questi casi non vien giù la Morte
con la falce il mantello?
io mi son sempre immaginato che sarebbe venuta giù la Morte
con la falce e il mantello
che magari mi invitava pure a fare una partita a scacchi
e se vincevo non mi spiccava la testa
io così mi immaginavo, dio

no, Gionni
tu t’immaginavi male

e come facciamo, dio? gli dicevo
rendimi l’anima, mi diceva
no
come no?
no
come no?
no dio no, non te la renderò
oh Gionni sì, me la renderaì
ma non è tua la mia anima dio!
e chi lo dice? lo dici tu mica lo dico io!

a quel punto
io mi rendevo conto che stavo sognando
dio, gli dicevo a dio, questo è solo un sogno, non mi puoi far nulla
Gionni, lo so che questo è un sogno, io vengo a riscuotere le anime in sogno
ma così muoio dormendo!

ma Gesù! è come Naitmer!
più o meno

a quel punto
io che avevo visto tutti films
in cui qualche bastardo mostro infame
tentava di ammazzarti in sogno
facevo uno sforzo di concentrazione della Madonna
e mi trasformavo
in un topolino
ma dio che era uno furbo, si trasformava in gatto
e io mi trasformavo in ape
e lui in apicoltore
e io in puffo
e lui in Gargamella
e io in automobile
e lui in vigile urbano
e io in acqua
e lui in spugna
e io in Superman
e lui in Kriptonite
e io in Imperatore del Giappone
e lui in bomba atomica

allora io mi trasformavo in Dio
e lui
diceva: minchia e adesso?
eh, adesso dio siamo due dio e non mi puoi far nulla
mi hai fregato
a sto giro sì
vabè vado
ciao ci vediamo dio
ciao Gionni
ciao

Intervallo

A volte nell’intervallo vado  a mangiare da sola, nel baretto più vicino all’ufficio.

Non offre una  gran scelta, ma vado tranquilla sulla piadina o con l’insalatona.

Mi sono scelta il tavolino single, nella saletta del retro, la porta aperta sul cortile.

Mastico la mia piadina.

Arrivano due colleghi, marito e moglie,  e mi chiedono se voglio andare al tavolo con loro, faccio segno di no con la testa.

Finito di masticare, mi spiego meglio “Grazie, ma ho quasi finito”

Riaddento la piadina, stavo dando un occhio a Dnews.

Dal tavolo di fianco lei mi chiede:

“Come va?” sorrido masticando, crunch crunch

“E il nipotino cresce bene?”  sorrido masticando, crunch crunch

“Quanto ha? Non cammina ancora, vero?” sorrido trangugiando, glump.

“ha undici mesi, cammina sorretto, stamattina mi ha detto mia figlia che si stava portando via una bambina in passeggino, si era attaccato  e lo spingeva.”

Ho finito la piadina, nel silenzio, mangiavano.

Poesia

Ieri sera, come quasi tutti i giovedì, sono andata all’ARCI "Martiri di Turro", si fa poesia,  e qualche volta musica, o prosa. E son sempre serate piacevoli. Ieri sera c’era Guido Catalano che ci ha letto un po’ delle sue poesie… insolite, esilaranti ma non solo.

Questa è una, con cui ha vinto un premio, organizzato da Le Trottoir di Milano, mi pare l’anno scorso.

come sfuggii a una trappola infame tesami dai milanesi una domenica d’Agosto)

quando mi hanno detto che c’era da scrivere qualcosa
sulla domenica
mi son detto, beh, io sulla domenica sono ferrato
io sulla domenica ci ho un sacco di roba da scrivere
io la domenica me la posso giocare bene
la domenica a me come concetto mi ispira

poi, mi son detto
mi metto a scrivere sulla domenica
una bella poesia
adesso che siamo ad Agosto
che per me Agosto è come una domenica di trentun giorni
magari mi metto a scriverla
una domenica
d’Agosto
mi sembra perfetto
non può che uscire un capolavoro
mi son detto

allora mi sono seduto
davanti al compiuter
l’ho aperto
ed eccomi li davanti alla pagina bianca
che poi non è propriamente una pagina vera
è una pagina virtuale
che io la vedo come fosse una pagina bianca
ma non è una pagina vera bianca
è un insieme di 0 e di 1
secondo me è una serie di 0 e di 1
che io vedo una pagina bianca
ma è una faccenda del tutto virtuale
ed è questa la cosa veramente affascinante della cibernetica moderna
che ti semplifica la vita
ma nel contempo un po’ ti inganna pure
che tu vedi una roba che in verità è un’ altra roba
è tutto un insieme di 0 e di 1 secondo me
l’ho letto da qualche parte

comunque
io mi sono seduto
ho aperto il compiuter
ho aperto la pagina bianca
virtuale
una domenica d’Agosto
e mi son detto, ora io scrivo una bella poesia sulla domenica dato che il tema in questione è proprio la domenica

che io sinceramente
a dirla tutta
fosse stato per me
io avrei scelto anche un altro tema
non che la domenica non mi vada bene
che sono ferrato io sulla domenica
ma potessi scegliere
magari non sarebbe proprio ai primi posti
non so,
la pizza
la bomba a mano
la masturbazione
l’aeroplano
il gatto
Gesù
l’autostrada
il vampiro
eccetera eccetera

però, ho pensato
magari si è scelto la domenica
che chi più chi meno
la domenica
ho pensato
chi più chi meno
un po’ a tutti
anche quelli meno bravi
quelli meno capaci
magari una cosa sulla domenica
ci riescono a scriverla
ho pensato

allora mi son messo lì
una domenica d’Agosto
seduto
ho aperto il compiuter
ho aperto la pagina bianca virtuale
e mi son detto

ora io scrivo una roba sulla domenica
una roba talmente profonda
una roba talmente innovativa
che la gente dopo averla letta
leverà gli occhi dalla pagina
e guardando nel vuoto per alcuni minuti
stringendo il foglio tra le mani
non potrà fare a meno di dire:

“porca vacca questo qui ha capito tutto ma proprio tutto sulla domenica, questo qui, io non so chi sia, che studi abbia fatto, quale sia il suo credo, quali i suoi gusti, ma questo qui, porca vacca, ha scritto qualcosa che io non ci avrei mai pensato sulla domenica, e dire che io di cose sulla domenica, un po’ come tutti, penso, di cose sulla domenica ne ho pensate a bizzeffe…”

ecco
questo era un po’ il mio fine
quando mi sono seduto
una domenica d’Agosto
davanti al compiuter
e dopo averlo aperto
e dopo avere aperto la pagina virtuale del compiuter
mi son messo lì per scrivere una poesia sulla domenica

però poi
non so com’è
non mi veniva mica
ero lì
tutto concentrato
non mi veniva mica
è impossibile, mi dicevo
è impossibile
e passavano i minuti
è impossibile, continuavo a dire ad alta voce
sempre più alta
e passavano sempre più minuti
è impossibile porca vacca!
che a un certo punto la mia fidanzata che stava nell’altra stanza
viene, un po’ preoccupata
e mi chiede: “ma cos’è che è impossibile?”
ed io che in quei frangenti lì mi viene su un nervosismo mica da ridere
“ma niente ma niente, fammi un po’concentrare che qui sta succedendo una roba veramente strana, sta succedendo”

e così
passavano un sacco di minuti
che poi divenivano mezz’ore
che poi divenivano tre quarti d’ora
che poi divenivano ore
e arrivava la sera
e io non ero riuscito neanche a scrivere una riga
sul tema “la Domenica”

e allora lì ho capito
in una domenica d’Agosto
davanti alla pagina bianca virtuale del mio compiuter
io ho capito
che si trattava di una trappola
che queste persone
che tra l’altro erano pure milanesi
che coi milanesi, si sa, bisogna stare attenti
queste persone milanesi
che gli era venuta in mente la domenica come tema
per una poesia
queste persone milanesi
mi avevano teso una trappola

una trappola infame
che loro hanno pensato di fregarmi
dandomi come tema la domenica
che me li figuro io
lì a Milano
con i loro ghigni tipicamente milanesi
attorno a un tavolo
con un’enorme pentola piena di Cassola nel mezzo
che loro tipicamente mangiano la Cassola quando devono creare un piano malvagio
ai danni di un poeta torinese
che loro odiano i poeti torinesi
soprattutto quelli bravi come me
che loro hanno paura che un giorno i poeti torinesi bravi come il sottoscritto
un giorno diventano famosi e oscurano Milano
con i loro versi immortali
che Milano deve essere sempre più importante di Torino anche nella poesia

e io me li immagino
lì nella loro stanza
con le luci soffuse
con le mani e i menti tutti unti di Cassola
che loro, i Milanesi, tipicamente la Cassola la mangiano con le mani

e me li immagino che tra un pezzo di Cassola e un sorso di Wiski
io me li immagino
che il loro capo
dice:

“diamogli come tema la domenica che lo fottiamo che lui è un poeta talmente profondo e innovativo che con un tema così banale e scontato, lo mandiamo in para – che loro usano questi termini tipo “mandare in para” – diamogli la domenica che vedrai che non gli viene mica una poesia profonda e immortale che lui è abituato a confrontarsi con concetti ben più alti e sicuramente la domenica non ce la fa”

e mi viene la nausea a pensare
a queste persone milanesi
che complottano alle mie spalle per fregarmi
tutte unte di Cassola

e così
io ho chiuso il mio compiuter
mi sono alzato dalla sedia
e sono andato nell’altra stanza
con un bel sorriso come di soddisfazione
sulla faccia
un bel sorriso di soddisfazione
per essere scampato alla trappola dei milanesi

mi sono fatto un panino al prosciutto cotto
mi sono accomodato sul divano
ho aperto la tele
dove tutti quei puntini luminosi
creano
immagini
meravigliose

 

e poi questa poesia d’amore:

quanto t’amo secondo te quanto?
in chili quanto t’amo?
il litri quanto t’amo?
quanto t’amo in metri?
quanto, dimmi quanto secondo te quanto
in iarde? (una iarda è 0,9144 metri)
quindi quanto t’amo in iarde secondo te?
e secondo te quanto t’amo in megatoni?
in mele?
in api?
in camions?
ma secondo te è possibile amarti in cani?
in cani ad esempio quanto t’amo in cani?
in fuchi?
in biglie?
in polpastrelli?
in delta di fiumi?
quanti delta di fiumi abbisognamio per esprimere quanto io t’amo?

in presidenti della repubblica italiana?
lo so, ti sembra strano
ma è plausibile esprimere quanto t’amo in presidenti della repubblica italiana
de nicola
einaudi
gronchi
segni
saragat
leone
pertini
cossiga
scalfaro
ciampi
napolitano

solo undici!
no
almeno altri cinquecento anni di presidenti
almeno

in umberto eco?
quanti umberti echi ci vorrebbero
per stabilire quanto t’amo?
impossibile dirai tu
infatti
ce n’è uno solo
ma immagina che uno possa moltiplicare umberto eco
quindi quanti echi quanti secondo te quanti?

è inutile
lo so
non esiste
un’ unità di misura valevole
per calcolare quanto t’amo

apparte
il vecchio vecchio
bum bum bum
del mio cuore aritmico
bum bum bum
quando ti vedo
che mi cammini verso

torino

E’ la prima volta che vedo Torino, salvo una volta per lavoro, treno-tribunale-treno, della quale mi ricordo vagamente il taxi.
Finalmente vado alla Fiera del Libro al Lingotto, mi sembra un sogno, e due giorni, venerdì e sabato!
Credo, spero,  che incontrerò un sacco di amici, conosciuti qui e su FaceBook, e ne rivedrò altri.
Per la precisione, venerdì sarò al Lit Camp  che si svolgerà il 15 e il 16 presso il Circolo dei Lettori, un circolo che mi piacerebbe tanto fosse a Milano per tutte le iniziative che ha.

Aggiungo questa cosa, ci giravo intorno coi pensieri in metropolitana mentre venivo in ufficio. Appunto non ho mai avuto molto a che fare con Torino, però mi sto accorgendo che dev’essere una città molto viva, e in effetti ci sto conoscendo "virtualmente" belle  persone.