
ecco lo zio

Nonna ha quel filino di sapore un po’… Nonna Abelarda?
Una foto del nipotino mi è arrivata via mms dalla Princess, dorme nel lettino con le braccina in su, in pace col mondo. Ancora non sa che dovrà vedersela con due gatti, che sono stati felici di questa iniziativa, acquistare una carrozzina per la micia e un fasciatoio per il gattone sbirolo. La lotta, qui a casa, è cominciata da un po’.
Ore dieci circa "mamy, ho delle fitte ogni 10 minuti"
"Va bene, vengo a casa"
Non sono agitata per nulla, sono contenta che sia arrivato questo momento.
Arrivo a casa che le fitte sono ogni sette.
Dico alla Princess che andiamo in ospedale quando sente lei che è il momento. Ripensiamo se manca qualcosa nella "valigia", la tessera sanitaria, l’acqua, il caricabatteria del cellulare, faccio come se nulla fosse, non si deve sentire agitata.
"metti gli occhiali, meglio delle lenti a contatto secondo me"
"Si lo diceva anche l’ostetrica"
Accendo il pc, lo richiudo " Ora sono ogni 4 minuti, l’ostetrica ha detto di andare quando sono sotto i 5", andiamo? Chiami il taxi?"
All’ospedale si compila un foglio e non succede nulla per un po’, poi la chiamano, io attendo fuori, guardiana di valigia. Me la vedo passare davanti, sparisce nell’ascensore con un dottore (la figlia, non la valigia). Ritorna con il responso del monitoraggio, travaglio non attivo, ci possono volere ore, meglio tornare a casa e aspettare lì.
Ritaxi. Nel frattempo a casa è arrivato il Prence, le fitte cominciano un po’ più dolorose, le avevano consigliato un bagno caldo, è vero, la figlia in ammollo si sente meglio. Faccio un po’ di pasta e li chiamo. Le contrazioni diventano più forte, chiama l’ostetrica, se durano un minuto, andare.
Ci imbarchiamo, durano più di un minuto. In auto la Princess soffre, ogni tanto dice" fermo", e allora apre la portiera "Non buttarti mica giù dalla macchina. dai resisti se no così non arriviamo." le dico.
Il Prence guida compunto, segue i dolori di lei nello specchietto retrovisore, mentre io forse sembro scema, cerco di portare il discorso su altro.
Questa volta la Princess piegata in due la visitano subito, Una signora di una certa età, seduta in attesa al pronto soccorso, al cellulare brontola "Ma è una cosa da pazzi, un’altra con le contrazioni, e mi passano tutte davanti" In un Ospedale per la Maternità sono cose che capitano.
Non ero nervosa, non ero preoccupata. Ero tranquilla che tutto sarebbe andato bene, è un ciclo naturale, se si lascia fare alla natura è meglio, e mia figlia è giovane, sana, sportiva, ha fatto una gravidanza da manuale. Ho aspettato seduta davanti ad un cartello "citofonare per informazioni" e mi stavo giusto chiedendo se dopo due ore senza sapere nulla potevo suonare, quando la porta si è aperta ed è apparsa la famigliola al gran completo. Una Princess ridente con un fagottino che ho guardato, guardare e non toccare erano gli ordini, e poi ho guardato il Prence. "e adesso che te ne fai di due eguali?" le ho detto.
mi sa che riandiamo in ospedale
contrazioni che durano un minuto…
a poi
(sarò una nonna sui generis, lo so)
devo esorcizzare…
Senza titoli, morire infatti che ne ricordi mai uno. Vabbè gli “eterni” si sanno… Mrs Robynson, The Sound of Silence, The Boxer… ma gli altri no. C’è da dire che non sapendoli, è veramente difficile ricordarli.
Sono tornata da poco dal concerto di Paul Simon, qui all’Arena. Li ascoltavo molto da ragazza, gli indimenticabili Simon e Garfunkel, il lungo il corto il pacioccone (il pacioccone ero io).
Che abbiano fatto dopo El condor pasa, e dopo quell’epoca lì, non lo so, non me ne sono mai curata, sapevo solo che si erano divisi. Comunque, quando mi si dice di andare a un concerto è difficile che dica di no. E poi perchè avrei dovuto dirlo, mi piacevano in due… mi piacerà anche Simon da solo; ma Garfunkel invece che fa?
.
Va bene, sono andata a sentire un cantante di cui non sapevo più nulla, per cui non so che pezzi abbia fatto e di quale disco, ho riconosciuto solo i classici.
Con M abbiamo sostato un sacco aspettando i suoi amici, nei pressi dei chioschi di zucchero filato, frittelle e paninozzi con carni diversamente cotte, sia all’entrata che all’uscita, effluvi tali che che quando sono tornata il cane e i gatti mi son venuti incontro visibilmente curiosi.
Uscendo, nella calca, ho pensato che questo pubblico era un po’ come un dito d’acqua nel bicchiere, che se si rovescia per terra o sulla tavola sembra un mare.
Ho apprezzato un’iniziativa pubblicitaria per una volta tanto sensata: all’ingresso ti offrivano di ricoprirti di Autan.
Nell’ attesa di questi amici abbiamo perso il chitarrista propedeutico, tale Ruben Ford, le cui note arrivavano comunque a farci compagnia.
E’ poi arrivato un omino in giallo e piccolo piccolo, che riempiva il palco, seguito da una band molto agguerrita. Una musica la loro senz’altro adatta all’estate, che invita a tenere il ritmo, a battere per lo meno il piedino (n.39/40).
Un energumeno nero, riccio (è politicamente corretto scriverlo perchè era italiano) mi prega di non fare foto. Intanto ho disubbidito, ma senza esagerare. A lui non ne ho fatte, comunque.
Le canzoni si sono srotolate una dopo l’altra, non che ripensandoci fossi poi in grado di distinguerle. In alcune mi sembrava di sentir sgocciolare le note, in un’altra ho riconosciuto un’influsso reggae, ed in un’altra echi del condor. Mi è piaciuto vedere la fisarmonica sul palco, è uno strumento che mi fa simpatia, come il rumorista che si grattuggiava sul petto. La batteria aggiungeva battiti al mio cuore, il tamburello andava a perdersi nello sfondo, a tratti il sax mi bucava, mentre l’omino indossava una chitarra dopo l’altra, le luci si inseguivano gialle blu e violette come nei disegni cachemire. Quando sono iniziate le note di The Sound of Silence.. non mi sono resa conto subito che Paul Simon la stava suonando da solo in un palco vuoto, non pareva. E poi la mia testa va sempre un po’ dove vuole, dietro i pensieri o dietro i sogni. Quando finisce di suonare il pezzo alza la chitarra, come per ringraziarla, perchè noi la ringraziassimo.
Non so dire se sto bene o se sto male. Credo che siano quei momenti a cui poi ripenserai sorridendone, e saranno un bel ricordo, ma intanto che li vivi sono così.
L’attendere…
Eppure ci sono cose dove non puoi che aspettare, una tortura per chi è abituato ad agire, a fare in modo che accadano.
Si avvicina il momento del tafferuglio… Mamy, sento queste cose qua…
Ma io non so, forse non saprò, non sono un dottore, e ho sempre vissuto d’istinto.
La Princess mi dice " La mamma di G aveva una seconda, ed è arrivata allattando alla sesta,tu com’eri?" Non lo so com’ero, in genere vivo, vivo protesa verso le sensazioni e priva di interesse verso questi dati.
In attesa di nuovi equilibri… quando mi sento insofferente, imbrigliata… come se tutti con i loro comportamenti decidessero per me, quale debba essere la mia vita, come io debba essere, di cosa debba occuparmi… E io non voglio…
Ho tanta paura, anche se scherzo "Talula balla la Hula… saranno cretini i genitori, però voi il nome non lo avete ancora" li vedo che si abbracciano, sereni e senza nessuna certezza per il futuro, ed io tremo dentro, ma non ci sono carezze e baci e parole dolci.
Ieri sera tornando a casa in bici mi sono fermata in farmacia per comprare l’arnicagel. Mi sento picchiettare sulla schiena e mi giro, vedo una signora molto anziana con una maglietta verde bandiera e dei pantaloni bianchi che le stanno un po’ larghi. E’ abbronzata, ma abbronzata secca ed ha dentoni equini e non equilateri. Non mi piace.
Mi dice “Signora stia attenta che dietro di lei c’è il mio cagnolino” mi piego, in effetti come non mi vedo i piedi non potrei neanche vedere una specie di maltese.
E’ il mio turno, chiedo l’arnicagel e la farmacista mi consiglia di tenerla in frigorifero, così la metto fredda e va ancora meglio.
Intanto sento la voce della signora del cane chiedere all’altra farmacista “Vorrei delle salviettine intime”
Oddio, penso, davvero non c’è età…ma no dai, cosa vado a pensare, è semplicemente igiene.
Si spostano verso gli scaffali “Non vorrei una confezione tanto grande, sa, al cane sono rimasti sporchi dei peli”
“Va bene così?”
“Si così va bene, ma mi assicura che sono per il sederino?”
E’ successo, ieri mattina, quello che gufava la mia 94enne madre, una vita da Cassandra. E quelli che mi chiedevano, ma non hai paura, a Milano, ieri sera sì, a tornare a casa sì, mi sentivo insicura e spaventabile. E quelle che odiavo e trovavo pericolose, le auto in seconda fila.
Non ero lontana dall’ufficio, sulla circonvallazione poco prima di via Ripamonti, un furgone era fermo in doppia fila, mi ero portata a lato e pedalavo, quando una macchina da dietro mi si è affiancata stringendo, ed ho traballato e poi sono caduta. Il guidatore è sceso , mi sono rialzata, mi sono spostata dalla carreggiata davanti al furgone…non mi ero fatta niente, ho raddrizzato il manubrio, è venuto via un bullone che tiene il portapacchi alla ruota, fa un po’ rumore, ma non è funzionale per muoversi, idem il cestino davanti che ha cambiato un po’ forma. Dalla borsa non è uscito nulla… mi rimetto in sella e arrivo in ufficio, un po’ trafelata, un po’ spaventata.
Son tornata a casa dal lavoro, mi faceva male un piede, mi bruciava un po’ la gamba all’interno, ed il braccio destro in alto era indolenzito.
Ho comprato l’arnicagel in farmacia, mi hanno detto di metterlo nel frigo…e poi mi ci sarei fatta il bagno.
Oggi sono dolorante ovunque, ho preso il filobus e faticavo a camminare, e a fare le scale della metropolitana, ma non volevo stare a casa, sono appena stata in ferie, e a momenti arriverà il nipotino. .
dedicato.
Ho passato giorni abbastanza tranquilli, una giusta misura di congeniale compagnia e di solitudine, solitudine si concretizzava nel gestirmi liberamente. Adoro la mia amica M perché … perché è di quelle persone con stai, e puoi dire adesso leggo, o dormo, voi andate a camminare, no io resto qua (sola in casa sua)…ci si vive di fianco, per così dire, e non addosso. E’ il modo in cui mi piace stare con le persone, una sorta di libera condivisione, se avessi una casa mia tutta mia con gli amici farei così. Anche perché si cercava di contribuire all’andamento delle cose. Io non alloggiavo da lei ma in un appartamento a parte, e sono stata bene, se dovesse essere una prova da vita single potrei dire che è andata bene, ma non lo posso dire, perché sono stati una manciata di giorni, e non nel mio habitat.
Non ho cose grandi da dire di queste vacanze, perché sono state all’insegna della pace in compagnia di persone gradevoli e in gamba. Ho camminato molto, in salita e discesa, ho preso tanto sole di nuovo, ho nuoticchiato a modo mio, ho letto un po’, ed anche riflettuto su cose della mia vita, non che abbia poi concluso nulla. Siamo andati a mangiar fuori e sempre bene, in una frazione che non ricordo più, e poi a Laigueglia, ospiti di M, amica di M e lettrice di questo blog (ciao M! e saluti a Teo.) serata movimentata, visto che ho chiuso la porta di casa della mia ospite senza far caso se avesse le chiavi o meno. E’ che bisognava non far uscire Teo, il cagnolino a molla di M.Noi tutte fuori e il cane dentro…ma la faccenda si è risolta in un istante con un fabbro, visto che non era stata girata la chiave nella serratura. E’ stato bello rivedere quel gioiellino di Laigueglia dove ero stata qualche volta in vacanza coi figli ragazzini.
Al solito, mi è capitata una cosa che può capitare a una persona su un milione, credo. Dico al solito, perché se qualcosa di assurdo può succedere, in genere succede a me, lo dice sempre anche una mia collega, che ho sempre i casi particolari, e poi dice anche che c’è sempre qualcuno che conosco o conoscevo, in ogni dove, ma questo non c’entra con il post.
Il primo giorno a Pietra, c’era il mare un po’ mosso, e devo aver catturato un granchio col reggiseno del costume da bagno . O meglio, sono uscita dall’acqua, mi sono sdraiata sull’asciugamano a pancia in giù, ed ero l’unica cosa bagnata in zona… ho sentito un solletichino all’interno del braccio, e poi c’era questo cosino minuscolo che se ne zampettava via di lato, velocissimo, sull’asciugamano. Ma il mare mi sembrava un po’ lontano per un granchiolino, l’ho inseguito e ributtato in mare. Così magari se era proprio scemo lo recuperavo al prossimo bagno.
l’oleandro è universalmente conosciuto
ma anche questa blu… morire mi venisse mai il nome
e questo violetto che assomiglia ai fiori delle "pisellacee", non so come si chiama, ma era nel giardino della mia amica, devo ricordarmi di chiederle il nome.
Sveglia alle sei e parto. La mia amica ha già fatto tutto il programmino. Quando arrivo al casello la chiamo e mi viene a prendere, mi accompagna ai miei appartamenti, ove verrò lasciata un poco in acclimatamento. Pare che diano su giardini con vista di mari e monti, come quelli che si promettono, o degli spaghetti. Alle 11 ci troviamo in piazza, c’è anche il mercato – adoro i mercati dei posti di mare, finisco sempre col comprare qualcosa in ceramica bianca blu e gialla. Col costumino e l’asciugamanino andiamo in spiaggia. Devo portare una felpa per la sera, se si mangia seduti fuori, mi ha detto, e ha un po’ di amici. Mi porto il pc che se riesco riordino le foto, e poi ho dentro la musica. Mi porto anche da leggere. E poi magari scrivo. Il tempo sarà un po’ mio.
persevero coi fiori rossi…
questo è il melograno, forse per la prima volta quest’anno farà i frutti.
Ha una sua storia, aspettavo il capofamiglia nel cortile dell’officina di un fabbro, ed intanto mi guardavo in giro, che non è mai tempo perso. Ho visto che alla base del suo melograno spuntavano dei rametti, non so se si chiamano "piedi" , mi pare di sì però, e ne ho strappato uno. L’ho tenuto in un vasetto d’acqua finchè sono spuntate delle puntine bianche, l’abbozzo delle radici e l’ho curato in un vasetto sul balcone, sembrava un bonsai, fino a quando ho pensato che fosse abbastanza grande per avere la sua vita indipendente, ed ora sta nel prato davanti alla casa, in campagna. Continua ad avere il suo aspetto un po’ strano da bonsai, e mi dà l’idea che se fosse un ragazzo porterebbe gli occhiali, ma non saprei dire il perchè di quest’idea.
Sono diventati indipendenti anche gli uccellini che avevo fotografato due domeniche fa nel nido che ogni anno troviamo nella finestra della camera da letto, che lasciamo rigorosamente chiusa per non turbarli: infatti la foto non è nitidissima, non c’era molta luce e non ho usato il flash, ho dovuto però aprire l’anta qualche istante. Quattro cosini (nella foto due nel nido e due fuori), che sembravano più pelosi che piumati, e che fanno un casino indemoniato quando arriva unn genitore a portagli gli insettini. Domenica scorsa non c’erano più, anche loro ce l’han fatta a diventare grandi.
Sabato parto, vado al mare da una mia amica fino a mercoledì, Princess permettendo, sono pronta a non partire, ed a ritornare di corsa.
Deciso oggi, organizzato oggi… ho un sacco di cose da fare in casa, il caos è assoluto.
La coppia principesca dorme sui divani in salotto, meglio che la Princess eviti di salire sul letto a soppalco ora che deve stare a cuccia, dove invece stanotte ha dormito un amico di mio figlio, con il quale è partito alla volta di New York, e stamattina li ho accompagnati al Malpensa Express.
Un viaggio indietro nel tempo, arriveranno per le due di mattina immagino, e saranno per loro le 20.
Devo ricordarmelo, fuso orario sei ore meno.
La zona bimbo sembra la fabbrica del duomo.
La casa è ingovernabile, resiste la cucina, dove cerco ancora di comandare, ed i bagni. C’è roba ovunque, che si riproduce continuamente, come le teste dell’Idra.
Ho messo la caffettierina sul fuoco per me, sono andata a vedere se la lavatrice era finita e invece mi ero dimenticata di farla partire, mi ha chiamato al telefono un’amica, ho chattato due minuti, ho rifatto il letto in salotto con le lenzuola pulite aiutata dal Prence appostato sul fronte opposto.
Tornata in cucina per carcare la lavapiatti ho visto la caffettierina sul piano d’appoggio, stavo per lavarla, era piena di caffè e mi sono ricordata. Gelido.
Il capofamiglia l’aveva tolto dal fuoco, e appoggiato lì, provvidenziale, non dico di no.
Ma dirmi che era pronto, era troppo. Se era per il cane, lo avvisava, ne sono certa.