Citandolo ad un amico, da poco uscita dal cinema, ho bollato questo film come molto lento e mediocre. Ripensandoci, lento è lento, ma non è così banale.
Non intendo accennare alla trama, perchè l’aspettativa è necessaria al film e non voglio rovinarne la visione.
Non conoscevo nessuno degli attori del cast, nemmeno la luminosa Paula Beer, la protagonista Anna, che ha vinto il premio Mastroianni alla 73ma Mostra di Venezia, nè Pierre Niney, il coprotagonista Adrien, dai dilaganti padiglioni auricolari, dai tratti che ben si adattano alla fragilità psichica del personaggio che interpreta. Il film è girato in bianco e nero, salvo i momenti dei ricordi dei sogni e dei racconti, immagino sia il contrasto con la realtà non troppo allegra dell’immediato dopoguerra. Una cosa curiosa: ripensando ad alcune scene, mi chiedo, era in bianco e nero o a colori? Tipo le ultime inquadrature, per me doveva essere a colori, la realtà non più grigia perchè la vita riprende, ma non lo so, forse era in bianco e nero:
La fotografia è ottima, a causa di tale Pascal Marti, a me sconosciuto (e scopro sul web che, col suo zampino, avevo visto secoli or sono Le fate ignoranti) come mi è sconosciuto l’autore della colonna sonora, Philippe Rombi (con lui avevo visto Nella Casa, sempre di Ozon): in alcuni film (tra cui questo) non mi accorgo della colonna sonora, mentre in altri la distinguo, come nei film di Allen, per esempio, che spesso introduce motivi già noti, li riconosco. Vabbè, Barry Lindon, Lawrence d’Arabia, Giù la testa, erano musicone.Non so dire se sia un demerito del musicista o un merito: non la distinguo semplicemente perchè è ben amalgamata con il film, o sono concentratissima sulla vicenda, ovvero il film mi ha preso, nel suo insieme, con buona soddisfazione del regista Francois Ozon e i suoi collaboratori.
D’altra parte, quando scrivo di un film, mi piace annotare le mie impressioni di spettatrice qualunque, non da professionista, ce ne sono già tanti più preparati di me, per farlo:
Correggo, meglio: quando scrivo, in generale, che sia di un film o di altro.
Non penso di possedere la Conoscenza, e l’Infallibilità.
Dicevo, questo film non è poi una così banale storia d’amore, porta a riflettere sulla menzogna e sulla verità, l’amore semplice e l’amore complesso, la fiducia ed il perdono.
Come sembri a volte inutile la verità, addirittura importuna, quando vogliamo imporla ad altri per far stare bene noi stessi, anche se non ci è richiesta..anzi, le menzogne fanno stare così bene, perchè ferire, quanto siamo egoisti, per sottrarre momenti di vita a colori agli altri?
Il perdono anche, è una faccenda complicata, bisogna stabilire una graduatoria dei nostri valori, quali siano ovviabili e quali no, un subbuglio dentro di noi, quindi.
Nota a margine, la vicenda si svolge nel 1919, e nel paese tedesco dove arriva, Adrien è malvisto in quanto francese, i francesi sono gli assassini dei giovani morti al fronte…questo nazionalismo, questa diffidenza a guerra finita. tu sei francese, io tedesco, abituata all’idea di Europa, fa un po’ effetto, ma viene il pensiero: ci torneremo? visto che anche i muri, pare, “a volte ritornano”.