La mia vita scorre uguale. Così pare. Ma da poco più di un mese mia sorella non è a casa sua. Lì mia mamma fa storie per tenere il Beghelli, dice che lo tiene sul comodino, o sul tavolino vicino al divano. Lì mio fratello ora si ferma a dormire quando è a Milano.
Nella stanza il gorgoglio dell’ossigeno ricorda un acquario. Ci sono la televisione, la radio, il frigoriferino e le finestre chiuse che non si possono aprire, e molte modalità di illuminazione. Il letto ha le sbarre, di legno come quelli dei bambini. Le sue braccia sono segnate dalle flebo, sulla mano e in prossimità della spalla gli "attacchi" per le terapie. Un libro sul comodino, che non posso pensare come si legga un libro col pensiero che sia l’ultimo, e che magari già domani non sarai in grado di tenerlo tra le mani, e distinguere le parole. Non posso pensare, però penso, mi immedesimo, in questo e nel resto. Chissà se sarò mai capace di questa forza.
"Voi sapevate che posto è questo, e non me lo avete detto"
Come si fa a dirlo, che posto è. Non bisogna togliere la voglia di combattere, e la speranza.
"Non posso fare altro che stare qui ad aspettare"
Giovedì. Hai parlato del semolino, ci piaceva, mi ero addirittura dimenticata che esistesse.E allora abbiamo ricordato le cene della domenica a base di caffelatte, in sei a tavola, ed io, la più piccola di tutti, lo trovavo un gioco, mangiare la sera quello che si mangiava tutte le mattine, però anche con la marmellata e con il burro. Non collegavo la cosa con il fatto che era il giorno libero della cameriera, e pensavo che la mamma fosse bravissima, perchè mi piaceva il pane col burro e lo zucchero.
Forse, è il momento di ricordare cose belle, cose dei periodi sereni. Di quando ancora la vita non ti ha provato.
Sorridevi, ma il viso era di nuovo stanco, e un po’ scavato, come nei giorni in ospedale. E le mani ti tremavano,ti tremavano un sacco quando mi hai dato gli occhiali la stanghetta e la vitina da rimettere.
Ieri sabato, chiudevi gli occhi, li riaprivi e parlavi. Ieri, non ti interessava ricordare con noi dove nella villa di Baveno trovavamo le castagne. Parlavi di quello che solo tu vedevi, come se una parte di te si fosse allontanata, già allontanata. Sorridevi, ci davi consigli, soddisfatta delle tue verità. Hai chiesto a tuo figlio come andava la scuola, non so quale scuola. Mi hai detto di guardare l’elefantino di Eleonora, indicavi il ripiano di fianco alla tele, ero smarrita…poi l’ho visto, l’ho visto per te. Le tue dita contratte tengono l’orsetto di peluche che domenica ti ha regalato Giorgia, perchè tanto lei aveva ritrovato il Mao.
Ieri, non hai chiesto di avere vicino gli occhiali per leggere.
Adesso mi vesto, prendo la bici, ed arrivo.