La nonna Bice (e altre signore) – 3

In teoria, il nonno Mario, che ben poco ha della signora, non dovrebbe rientrare nella galleria, ma per gli uomini di famiglia si può fare eccezione, sono un gruppetto sparuto, e sarà forse per sopperire a questa carenza che  ogni tanto mi pare d’essere un po’ uomo, in certi modi di ragionare, intendo.  Il nonno Mario me lo ricordo piuttosto basso,  col panciotto e l’orologio a cipolla, e la catenella d’oro. Aveva un grande naso aquilino, e poichè era anche banchiere,  si era dovuto far nominare Cavaliere del Santo Sepolcro, un ordine cristiano, per non esser creduto ebreo, ai tempi della seconda guerra mondiale, così mi aveva raccontato mio padre. In ogni caso, all’epoca doveva esser fascista, perchè incontrava Mussolini, che gli affidava il risanamento di una banca, son cose che ho letto dai giornalini casalinghi che scriveva lo zio Sandro, che trattavano anche degli spostamenti di mobili ordinati dalla nonna Bice e delle classifiche dei  tornei familiari di ping pong, cui trovava il tempo di partecipare anche il nonno. Di sicuro doveva esser stato molto ricco, ma a differenza della nonna, in vecchiaia si doveva anche esser reso conto di non esserlo più tanto,  forse era per quello che con lui si passava  gran tempo  a vedere foto, cartoline, mi affidava le sue nostalgie,  e la villa Ghirlanda di  Cernusco, e la villa di Mazzè, quella dell’episodio della nonna coi partigiani.  A proposito della villa di Mazzè, che  non ho mai visto –  la cicogna ha pensato bene di portarmi dopo il dissolvimento delle fortune familiari, un’altra bambina, quando volevano un maschio, per  giunta – dai racconti dei miei fratelli sembrava fosse un immenso paradiso. Mi ricordo nei dettagli  solo un racconto di mio padre, il nonno e il contadino avevano preso insieme al mercato due maialini,  uno per uno, che sarebbero stati allevati a Mazzè, e quando gli si chiedevano notizie, il contadino diceva che gli spiaceva per quello del nonno, che restava così magro, mentre il suo  cresceva così bene.
stemma del marchesato Tra le cose che raccontava il nonno, c’era che una volta eravamo marchesi, e che nel castello di Solza abitava on un nostro  avo fantasma, Alessandro,  che poi era anche il nome di mio zio suo figlio. “Il mondo è fatto a scale, c’è chi scende e c’è chi sale”,   si vede che in famiglia siamo  abituati al saliscendi, il nonno era figlio del capostazione di Inverigo, e non so bene quando e perchè nei secoli scorsi sia stato perso il titolo di marchesi. A proposito di perdere,  il nonno aveva anche un sacco di fratelli e sorelle,  non so se addiritura undici, forse solo sette. Mi ricordo qualche sorella, la zia Ada, la zia Cina, la zia Ninina: credo fosse la zia Cina che, perdendo a poker ad un tavolo di signore della buona società con la zia Ninina, puntò il maggiordomo Costantino, lo perse e lo vinse la zia Ninina.  Spero di non aver invertito i nomi, perchè queste zie le ho conosciute molto vecchie, ed erano sempre entusiaste di vedermi, io invece non è che le distinguessi molto.
Ho fatto in tempo a conoscere il Costantino, anche se non so cosa penserebbe ora delle modifiche all’art.18,  ma l’avo fantasma non ancora,  sono andata a Solza a vedere il castello di Bartolomeo Colleoni, ma era giorno, e così non ci siamo potuti salutare.
E stanotte spero di dormire, che non mi venga la paturnia che il fantasma  ha letto qui e adesso mi arriva, che c’è già il capofamiglia che russa con tutti i  suoi clangori.

18 pensieri su “La nonna Bice (e altre signore) – 3

    1. tiptop Autore articolo

      Dici che doveva avere dei meriti? ignoro quali specifici potessero servire, non mi pare andasse neanche a messa. In cambio pare facesse viaggetti a torino… La nonna credeva per affari.

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  1. contadinaumbra

    Mi piace leggere le storia della tua famiglia. E’ anche l’occasione per tornare indietro nei miei ricordi: ho vissuto tante belle esperienze con la sorella di mia madre e suo marito che abitavano ad Ostia. Ma prima abitavano a Ciampino perchè lui lavorava in aereoporto. Io dall’età di 5 anni trascorrevo l’estate da loro e un giorno lo zio Checco mi fece salire su un’aereo e mi fece credere che ai passeggeri che provenivano dall’India, servivano per pranzo orecchie d’elefante e serpentelli come spaghetti.
    Parliano di quasi 55 anni fa. Sai Cri, mi hai fatto venire voglia di scrivere questi ricordi, perchè non si disperdano. 🙂 che è sempre bello ed emozionante ricordare e con loro ho fatto tante risate, cosa che non ricordo con i miei genitori.

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    1. tiptop Autore articolo

      Ecco, perchè non li scrivi, stavo appunto pensandolo leggendo l’inizio del commento… il blog ce l’hai.. o puoi tenerteli per te, io mentre scrivo sorrido, penso faccia bene.. o no?

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  2. ele

    Ma spero che tu abbia scritto almeno un libro, con tutte queste storie…!

    Comunque, signora marchesa, i miei ossequi ! (le donne possono porgere ossequi alle altre donne, cioè alle Marchese??) :-)))

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    1. tiptop Autore articolo

      Non hai letto bene, il titolo non c’è più! però, ho lo stemma e il codice di avviamento postale! Si fanno gli ossequi alle donne col CAP? 😀

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  3. contadinaumbra

    Sai Tip che sto scrivendo un libro autobiografico? “Il libro della mia vita” :-)…. ho scritto due capitoli. Un pò ho pianto, perchè non è stato facile, ma scrivere,per me, ha funzioni terapeutiche e mi aiuta anche a superare degli ostacoli. Ma secondo te e la tua esperienza, è giusto mentre scrivi di te stessa, scrivere anche in modo negativo ma dicendo la verità, di altre persone?
    Aggiungerò un capitolo sui miei zii, come mi hai consigliato.

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    1. tiptop Autore articolo

      Bella domanda. Io penso che si possa scrivere, purchè siano fatti oggettivi ed inconfutabili, o siano le tue sensazioni derivanti dai loro comportamenti. Tento di non lanciare giudizi, che semmai siano i fatti e gli eventi a inquadrarli. Senza attaccare, senza insultare.
      Direi cosi.

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