aspettare

Ieri sera attendevo il treno sulla banchina della metropolitana,  finalmente segnalato in arrivo entro un minuto e mezzo;  discese  la scale, una di quelle signore anziane  piccinine che parlano con tutti mi si avvicina mangiando patatine e si confida "oh meno male che non c’è da aspettare tanto,  vero?"  Non saprei, rispondo, sono qui da un quarto d’ora.
Aspettare è sempre un tormento,
Pensavo a faccende di cuore.
Alle schermaglie, al farsi desiderare.
Al desiderare.
Le cose belle non sono mai per te.
Questa convinzione genera una sfiducia implicita,  quello che sta capitando non può essere vero, se è vero, finirà subito.
Questa insicurezza logora, ti fa vedere cose che non sono.

Aspettare ed aspettarsi.
Quando si mette in gioco tanto,  si sa che comunque non ci si deve aspettare nulla.
Neanche un calcio in culo, però.
Ci si analizza, il tuo comportamento non poteva andare bene, era per il  bianco o per il nero.

Sapevi, ma l’hai fatto lo stesso
Qualche volta capita di pretendere, di non volersi mettere da parte,  ci sono momenti che non lo riesci proprio ad accettare.
Resta il tempo, a rendere giustizia alle faccende, ed a medicare.
Aspettare.
Mio figlio in un compito alle elementari alla domanda "Quando il tempo non passa mai?" rispose "Quando devo aspettare cinque minuti".
Ecco.

13 pensieri su “aspettare

  1. mkk

    l’attesa non porta solo delusioni e disinganni, a volte porta belle sorprese, sensazioni grandiose, realtà inaspettate. l’attesa non deve generare aspettative, deve servire per creare progetti.

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  2. auxesia1

    E’ sempre il tempo a fare da giudice imparziale. Io non mi aspetto enon aspetto più niente. Se dovesse giungere qualcosa di inatteso la gioia sarà maggiore. Se non dovesse giungere niente almeno non avrò aspettato per niente.
    Solo che a volte, pur non attendendo niente, il vuoto attorno è grande.

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  3. chiaroilmattino

    Poster
    (Caludio Baglioni)

    Seduto con le mani in mano
    sopra una panchina fredda del metro
    sei lì che aspetti quello delle 7.30
    chiuso dentro il tuo paletot
    Un tizio legge attento le istruzioni
    sul distributore del caffè
    e un bambino che si tuffa dentro a un bignè.
    E l’orologio contro il muro
    segna l’una e dieci da due anni in qua
    il nome di questa stazione
    è mezzo cancellato dall’umidità
    Un poster che qualcuno ha già scarabocchiato
    dice “Vieni in Tunisia:
    c’è un mare di velluto ed una palma
    e tu che sogni di fuggire via…
    di andare lontano, lontano…
    E da una radiolina accesa
    arrivano le note di un’orchestra jazz
    Un vecchio con gli occhiali spessi un dito
    cerca la risoluzione a un quiz.
    Due donne stan parlando
    con le braccia piene di sacchetti dell’UPIM
    E un giornale è aperto sulla pagina dei films.
    E sui binari quanta vita che è passata e quanta che ne passerà
    E due ragazzi stretti stretti
    che si fan promesse per l’eternità.
    Un uomo si lamenta ad alta voce
    del governo e della polizia.
    E tu che intanto sogni ancora
    sogni sempre, sogni di fuggire via…
    di andare lontano, lontano…
    andare lontano, lontano…
    Sei li che aspetti quello delle 7,30
    chiuso dentro il tuo paletot
    seduto sopra una panchina fredda del metro.

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