Mi ero allontanata ieri dalla casa nell’Oltrepò, per andare a Milano incontro alla Princess ed allo Tsunami che tornavano dal mare, con solo 80 minuti di ritardo del treno.
Attesa snervante in stazione, un ritardo accresciutosi di cinque minuti in cinque minuti, aggiunti sul tabellone nel momento in cui ci si aspettava di veder comparire il numero del binario.
Non sapevo che il giorno dopo avrei patito un’attesa ben peggiore.
Oggi, quando sono arrivata in campagna buon’ultima, la Princess mi dice smorfiata che non vede la micia.
Il capofamiglia ha dato da mangiare allo zoo domestico, ed i gatti nella mattinata giravano per casa: non ero preoccupata, sarà restata al sicuro sotto qualche letto, udendo i chiacchiericci dello Tsunami, le ho detto
Quando salgo al piano di sopra, vedo movimenti di coda sotto il cassone del letto, ma è il micione che esce a salutarmi.
Della micia nulla, sarà in giro, sotto qualche cespuglio, oggi c’è di nuovo il sole: nei giorni precedenti erano stati pigroni e casalinghi, un po’ l’adattamento dalla città alla natura selvaggia, un po’ il maltempo: quando provavano ad uscire, i gatti agitavano schifati le zampette bagnate dall’erba e tornavano di corsa in casa.
Stasera il micione si aggira da solo, da solo vuole la pappa e da solo mi cammina davanti. Ogni tanto arriva, e credo che sia lei, ed invece no, è il mio micione sbirolo, lungo lungo e un po’ sbilenco sulle zampe dietro, Zampito, si chiama. La micia, nome ufficiale Elvira, in realtà è sempre stata chiamata Micia, o Mizzy. Nera, occhi gialli, segni particolari la pancina un po’ spelata; le stavamo curando spray la dermatite, forse ha deciso che non avrebbe tollerato oltre il sopruso di quel colpo di seltz.
Il micione non sembra risentire della mancanza della micia, omertoso non mi vuole dire dove è andata.
Può essere che torni, anche tra qualche giorno, non ricordo però sia stata lontano così tanto: è una micia d’appartamento, ma il fatto suo ha sempre dimostrato di saperlo.
Qui intorno non è: non risponde ai richiami, non arriva per la pappa, non sentiamo miagolii, e non l’abbiamo vista nei possibili nascondigli.
Quello che è insopportabile, è pensare che magari si è fatta male e non riesce a tornare a casa.
E’ anche insopportabile pensare che forse non saprai mai più nulla.
E chi vuole può pensare che è solo un gatto, e che nel mondo succede ben altro, tragedie dove non sai più nulla delle persone: si lo so, ma esiste anche questo piccolo mondo personale, ed al cuor non si comanda.