Archivi tag: provo da sola

L’acqua della doccia è calda, piacevole, in questa fine estate. Scorre sui capell, sulla nuca, sul viso, si porta via le  stanchezze, la confusione.
Sono nella casa coniugale, sorseggio un bicchiere di latte, il cucciolo Boris, che non è il mio cane, pende dai miei movimenti, come dovessi porgere a lui il bicchiere da un momento all’altro. Ho svuotato la lavapiatti, ho preparato il tavolo per la colazione del mattino dopo, come ho fatto per anni, e come faccio per me sola nella mia casa single. Qualcosa è cambiato, il capofamiglia prende ora il thè, non più yoguth caffelatte e miele. E preparo anche il bicchieron ( una specie di bicchiere biberon) per Baby Herman, che sarà anche Principe, ma ha un’inarrestabile tendenza al salire.  Ieri voleva arrivare al citofono tenendosi a me e con i piedi sulla parete.
Quando sono qui è quasi come se non mi fossi mai allontanata, è casa mia. Ma anche quando sono nella mia casa da sola, sono a casa mia, nel mio silenzio, con le mie cose, quelle indispensabili, e sto bene, e ho una vita parallela.
Però forse non dovrebbero  esser parallele, dovrebbe essere una sola, il miracolo geometrico.

C’è voluto del coraggio stamattina, con la luce senza forza che filtrava a stento  grigia dalla finestra, e i caloriferi spenti, ad uscire dal letto e buttarsi sotto la doccia, e regolare l’acqua… ma altrettanto coraggio a chiudere il getto caldo, e mettere il piede fuori dalla nuvoletta di vapore acqueo.
Una cosa del vivere da soli, è che si è l’unico produttore di calore animale in giro per casa. 

Le camelie hanno lasciato il posto alle azalee

Ed anche i fiori bianchi, e rosa, e gialli degli alberelli e delle siepi stanno lasciando il posto alle fogliioline verdi e tenere. Foglioline che crescendo diventeranno impolverate e  torride, ma non voglio pensarci.
Anche quei grovigli grigi di foglie e di frutto, rimasti sui platani che vedo dalla finestra,  sono scalzati dalle foglioline.
Voglio godere della loro lucentezza e non pensare alla polvere secca dell’estate.
La trapunta del letto è un po’ tutta tormentata, l’alternanza del caldo e del freddo, ed i passaggi dei gatti.
I gatti irrequieti nella casa nuova, così rumorosa, così  "sulla strada",  di notte c’è sempre qualcuno che passa urlando, o le moto, e il tram che sferraglia all’alba.
Gatti quatti, guardinghi, felpati… spazi da conoscere, salti da calibrare, impronte sul lavandino, si strusciano,  ti scrutano dalle postazioni sconosciute, ma ora conquistate.
Dico dei gatti, ma potrei anche dire di me.

Le parole e il caleidoscopio.

La sveglia che non suona, nel semibuio, le tapparelle di legno, azzurro un po’ scrostato, non le tiro mai completamente giù.  Filtra una luce,  non è luce veramente però, è blu, promette che sarà una giornata serena.  Serena come me… no, non so fino a che punto mi sento serena, mi sento forte però, anche se ho questo mal di schiena che mi tormenta da un po’,  ormai sospetto del materasso economico. Il silenzio della mia stanza è frantumato dallo sferragliare del tram. Chissà, quando i platani dismetteranno le fuligginose rimanenze dell’anno scorso, e  spunteranno le foglie nuove e le infiorescenze, forse gli uccellini prenderanno coraggio, li ascolto timidi, e soverchiati. I rumori tendono a salire nell’aria, son leggeri…la strada è sul balcone, spesso qualcuno urla di notte, ma non capisco le parole.
Leggo prima di farmi il caffè, queste parole nel blog di un’amica, immerse tra altri suoi pensieri.
"Troppe parole e poca comunicazione, bisogna sempre pensare che ogni parola che ci viene detta è già stata detta, o lo sarà, prima o poi, a qualcun altro.

La parola è un mezzo di comunicazione ingannevole, illusorio o deludente."
Lascio il commento . "Mi son fermata sulle parole, che sono la mia passione… è giusto pensare che sono già state dette, e verranno dette ancora… ma le parole sono come un infinito caleidoscopio… e non saranno mai le stesse, dipende dall’animo e dal momento’ da chi le dà e chi le riceve…. "
Il caleidoscopio… può contenere pochi poveri pezzi, e può essere complesso, ricco, ma il ricomporsi dei frammenti  ha sempre un suo bello.
Un po’ come la vita, quello che ci dà, e le  cose che non possono fermarsi mai, un piccolo movimento del tubo e cambia la disposizione, bisogna guardarci dentro, e vedere che è bello lo stesso.

(immagini prese dal web)

cercando di non lasciare tracce…

Sto cercando di non farlo sapere a mia madre, che l’ho fatto, quello che tante volte ho detto, che andavo a star da sola. Lei mi dice sempre che il capofamiglia è un bravo ragazzo, di non  far sciocchezze. ma lo so anch’io che non è cattivo..

Non so se è una sciocchezza, so che tempo fa sarei stata considerata  una poco di buono, a lasciare un marito, e una figlia, e un nipotino, però quando si va si lasciano anche tante cose invisibili e impalpabili,  e magari incomprensibili per gli altri. E poi non li ho lasciati, abito solo da un’ altra parte.

Insomma, non ho voglia di discutere la cosa con mia madre,  in una famiglia dove ognuno sempre ha fatto quello che ha voluto, discussioni che lascerebbero il tempo che trovano..

E far sì  che  mia madre non  si accorga, sta diventando quasi una faccenda da commedia americana.

Chiede alla Princess, come mai la mamma è sempre fuori, non si starà separando.

Telefona, e le dicono che sono fuori, o che dormo.

Mi ha chiamato sul cellulare, ero a casa mia, mi dice “sei fuori?” ed allora dico “Si si” ed esco sul balcone, per far sentire il rumore della strada anziché la mia voce che rimbomba tra le pareti vuote.

La mamma alla domenica viene quasi sempre a pranzo da noi:  l’ultima volta, sono passata a prenderla, abbiamo mangiato,  lei dice  “andiamo in salotto, che hai il tuo pc”… argh,  il pc non è qui…per fortuna prima deve andare in bagno, mi dà il tempo di precipitarmi in  camera del Primo Figlio e prelevare un portatile rotto, che sistemo dove una volta stava il mio.  “ma non guardi il pc? “, “ No mamma, non  ne ho voglia adesso.” dico dal divano. “ Come ti sei ridotta!” ride il compagno della Princess.

squittisce il citofono

Non è possibile, li aspettavo a cena per le nove e mezza, capofamiglia, princess e principino. Il principe consorte era trattenuto a casa dalla partita della Juve,  però voleva le fragole lo stesso.
Erano le otto e le stavo pulendo, le fragole, una quantità immane, che mi arriva il capofamiglia con il principino, la dolce Princess era a fare la sua lezione di kick boxing, appunto per quello si sarebbe cenato tardi, dopo averla recuperata là.
Il tappeto con le strade gli alberi e le casette che avevo comprato per le visite pastorali del pupo era già pronto per terra, gradito dopo un primo disorientamento per l’ambiente nuovo…
Il capofamiglia esce a prendere la Princess, e resto a fare la nonna, forse è la prima volta che sto con il Principino affidato solo a me.
Si punta sulle braccia e col culetto patelloso in aria punta i piedini…Gli piace il gioco che gli ho preso, di legno, piaceva a me a dire il vero, lo afferra e lo struscia sul tappeto. Non sa ancora sedersi da solo, ma credo che manchi poco. Ciacola in continuazione, è arrivato ai bordi del tappeto… Yuuu uo uo yu uao uo…è entusiasta, ha visto le piastrelle e cerca di grattare via i disegni delle pietre… anche la tenda violafucsia lo attrae, non a lungo per fortuna.
Arrivano quei due là, giusto nel momento in cui avevo scolato la pasta.
Si mangia, si parla, si ride.
Una famiglia, due case… potrebbe essere una formula.
Mi sento più serena, disponibile, meno stanca, quando passo da casa "là" magari fermandomi a cena e dando una mano alla Princess.
Domenica scorsa ho accompagnato a potare la vigna il capofamiglia, ed in macchina, cosa che non succedeva da secoli si è parlato, di cose di casa, ma si è parlato.
Le sensazioni sono strane… è un riassestamento, un po’ sul filo del rasoio,  in cerca di nuovi equilibri.
Una cosa è certa, che in una casa nuova, tutte le volte che uso qualcosa, devo togliere etichette e cellophane, se non addirittura " ‘ spetta che lo costruisco".

E’ un gioco strano, che gioco non è, tutt’altro. Gioco è anche quello degli ingranaggi, come stanno messi tra di loro.
Ieri sono passata da casa – come posso dire, la casa vecchia, l’altra casa, in un post precedente l’avevo distinta come casa di famiglia.
Non so ancora che casa è, per me è sempre casa, l’ho messa insieme e ci ho vissuto 9 anni, e ci stanno le persone che mi sono più care, gli affetti indubitabili.
Son passata da casa, e mi ha accolto un odore caldo umido di cane, ed il cucciolo Boris che cresce a vista d’occhio, in fondo lo avevo visto solo martedì.
Al di là del cancelletto c’era un altro cucciolotto  a quattro zampe, che mi ha rivolto un’enorme risata… ora quando mi ride, plana sulla pancia e nuota, agitando le gambette e le braccia. Poi ha cercato di ciuciare la gamba di una sedia.
Ho messo in una borsa qualche altro vestito… quando passo, porto via qualcosa, e penso che questo tipo di cernita sarà utile per difarmi finalmente di tutto quello che non ritengo necessario alla mia sopravvivenza.
Quando abiti in una casa spaziosa, non ti poni tanto il problema, il posto c’è, e lasci lì: è più difficile il contrario, eliminare, perchè non si sa mai che un giorno…
Sono dell’opinione che tra quello che abbiamo in casa a Milano, e quello che abbiamo in campagna, in caso di disastro nucleare, possiamo far ripartire l’umanità intera.
La cesta della biancheria traboccava… la Princess non si sente sicura nella divisione dei capi per categorie, e nulla si era mosso dallo scorso martedì, come la sabbietta dei gatti.
Ho riordinato il lavello e ho aspettato di accompagnare la Princess alla lezione di Kick Boxing,  un ritorno dopo la maternità, in prova, sperando che il Principino bambino, appena pasciuto, restasse bravo con il suo papà.
Fa
re la spesa al super alle otto di sera, senza nessuna ansia, è stata un’esperienza nuova, anche comprare due arance, due pere invece di sacchettoni. L’ansia  "è tardi" sale, ma poi tu le dici "sta buona, che c’hai? ", insomma,  è un vivere da imparare: può venir buono sempre, e anche sul lavoro, che sta raggiungendo livelli intollerabili di… prescia? si dice così?…ma una fretta opprimente, non gioiosa.

Ti svegli, senti passare il tram. Non mi sembra che ci sia una vera e propria linea, credo che sia un andirivieni dal deposito. E ci sono le cornacchie, che al sesto piano sono tanto più vicine. Ci sono gli alberi nella via, platani, adesso hanno foglie secche e marroni, ed i loro frutti a pallina, ma presto diventeranno color verde  tenero,  e sarò a tu per tu con gli uccellini, si sentono anche quelli, per fortuna. Credo che gli uccellini di città però sian furbi, e nidifichino contro le case, ben protetti, piuttosto che sui rami degli alberi alla mercè del vento e della pioggia, ed anche del calore moltiplicato del sole.
Ti svegli in una trapunta che è ancora troppo nuova per avvolgerti col calore che dovrebbe, e ti muovi con circospezione, è ancora tutto nuovo, e si teme di sciupare. Poi arriverà la noncuranza, e sarà casa.

Guardrail

Lunedì sera dovevo uscire, per la presentazione del libro di un’amica Facebook.
La scelta dell’abbigliamento non è difficile, anzi  quasi obbligata, non ho portato con me per ora che poche cose, il necessario per qualche giorno.
E’ un po’ come stare in un campeggio, tante cose non le hai e ti arrangi un po’: anche  le pentole sono ancora imballate, e bicchieri a òpoco prezzo  che mi piacessero non li ho ancora trovati.
Quando è ormai ora di andare, mi viene da pensare che mi ero preparata senza impigliarmi  in nessuno, ed ero stata in completo silenzio, che senza uscire di casa  forse si perderebbe l’uso della parola, a stare da soli si ascolta si guarda, ma non si parla, e poi si usano gli sms.
Guido per Milano, in fondo è come sempre, ma  pensavo un po’ preoccupata al ritorno in piena notte, quando sarebbe stato difficile trovare posteggio perchè la carreggiata deve essere libera, passano i camion per il lavaggio stradale, e non conosco ancora la zona by night per muovermi in sicurezza.
L’incontro con gli amici, le presentazioni, ci si avvia al luogo, un bar nei pressi del Naviglio, e  improvvisamente mi accorgo di essermi dimenticata di cenare.  E’ proprio un bar, non c’è una saletta… si saluta l’autrice, intorno solo volti sconosciuti. La svolgimento della serata è lasciato agli avventori, non accade nulla, non sembra neanche che debba accadere nulla, nella penombra, ma va bene così, la conversazione nonostante la musica, più rumorosa  che altro,  funziona,
Un cameriere prende le ordinazioni,  un filo di speranza si accende in me attanagliata dalla fame: sconsolata, vedo arrivare un vassoio con tre bicchieri, nessun piatto. Qualcosa è esposto sul bancone, residuo dell’ora dell’aperitivo, ma mi vergogno un po’, con le mie forme abbondanti (eufemismo) essere quella che si abboffa…ma alla fine cedo, spiluzzico. Certo che comincio bene, magari riesco davvero anche a dimagrire.
Si accende una lucina…Eva si alza, con  altri due ragazzi, una breve introduzione, leggono brani del libro, sorridono, e ridono e si fanno cenni: una presentazione, come dire, domestica, spontanea.  E così è,  fresca e sorridente,  Eva, sedutasi poi al tavolo con noi.
Al ritorno penso se non sia un po’ "Guardrail" anch’io, per quanto in epoca e circostanze diverse.
Come pensavo, non trovo posteggio, lascio la macchina vicino alla  casa di famiglia, dove  sarebbe comunque servita la sera successiva, e chiamo un taxi per tornare al mio eremo.

Avevo aperto la valigia, e stavo attaccando alla maniglia una fettuccia arancione. E’ vecchia, le rotelline girano male, è tagliata. E la maniglia non si allunga. Mio figlio la voleva buttarre via. io l’ho trattenuta, la userò per fare avanti e idietro con la casa nuova.
Il micione si è messo a giocare con la fettuccia e si fa accarezzare.
Il pensiero, improvviso, il gatto, i gatti.
Cè un momento confine…
Il limbo.
Poi le cose succedono.
Ritiravo la biancheria asciutte  e progettavo mentalmente il piano lavatrice.
Poi le cose si interrompono.
Chissà se il materasso nuovo è comodo.

Sono giorni strani
Il tempo vola
mi dico dopo, ed è già domani
i cuccioli crescono
c’è chi ha due dentini e vorrebbe camminare
e chi di dentini ne ha tanti e aguzzi, e insiste a passare dallo sportellino del gatto, ormai giro vita.
Altrove, le stanze incomplete sanno di imbiancatura,
i cartoni ammassati in un angolo, le librerie come isole nel mare.
Su una, i libri primi arrivati.
Il tavolo al posto del divano, le isole al posto del tavolo
Su un tavolino il materiale spaziale in un ammasso di fili, ed il giradischi usb  ancora imballato.
In angolo, due casse di vinile attendono.
In cucina l’essenziale, ma neanche, è ancora da pensare. C’è il sapone per i piatti, e le posate non esistono ancora.
Sopra la vasca da bagno  tipo zampe di un grosso ragno attendono la tenda della doccia, con le palmette rosse.
Il vuoto della lavatrice.
Il letto non ha i cuscini.
Voglio mettere tende gialle ed arancioni in camera, e fucsia scuro ed arancioni in salotto.
Per domenica sera abiterò qua.

Apre la porta, la luce filtra rigata dalle taparelle,  non ha l’abitudine di  serrarle.
Anche dal letto le piace seguire con gli occhi le geometrie sulle pareti,  e le ombre. La  mente e la fantasia seguono gli occhi.
Erano le otto del mattino, il cielo era limpido e freddo. Sullo sfondo dei tetti delle case, sembravano vicinissime, le cime bianche delle Alpi.

E con oggi sono

54

cominciano a sembrar tanti, e continuo ostinatamente a non sentirli, e a non pensarci. Oppure,sì, ci penso, con cautela.
Mi sto accingendo a fare un passo che è frutto di un cammino di qualche anno, e che mi spaventa un po’, mi spaventa un po’ se guardo  queste due cifre, e mi spaventa sentendo nell’ aria galleggiare queste cinque lettere, c, r, i,s,i.
Ma appunto in forza di queste due cifre, so che non posso rimandare la verifica.
Ormai manca poco perchè mi trasferisca.
Andare a vivere da sola, anche se dico che non lascio nessuno e che abito solo da un’altra parte, sarà una "bella" prova, mi aspetto più rose che margherite, che come noto hanno profumo e spine, mentre la margherita, il mio fiore preferito, è dolce e  romantica, e profuma di prato.

puff puff…

Sabato mentre stavano montando l’armadio ed il letto ed io  stavo lavando la portafinestra della cucina, mi sono presa un colpo: mi sono resa conto che la portafinestra si sarebbe aperta solo per una spanna, finendo contro il mobiletto di sessanta cm del lavello… e  i mobili mi sarebbero arrivati martedì. La finestrra faceva il giro a 47,5 cm dal muro…il lavello doveva essere meno… ma di che misura sono i lavelli? Lo spazio è pochissimo, 180 cm giusti giusti in cui far stare lavello cucina e frigo. le collocazioni obbligatorie, per via di rubinetti e scarichi e scaldabagni appesi: finestra, lavello, fornello, frigo.

Col cuore in gola, vedo sul catalogo Ikea che gli acquisti (quindi gli ordini si possono cambiare entro 30 gg) provo a telefonare, io avevo chiesto anche il finanziamento…insomma, si fa, ma devo andare lì. Che dovessi andare lì era scontato…

Insomma, accompagnata dal capofamiglia perchè la mia macchina era in  uso alla Princess ita a Firenze con la sua famigliola, ho passato il pomeriggio a sbrogliare la pratica, e ne sono emersa senza cucina, senza libreria (l’ordine andava disdetto tutto) pagando il trasporto e una parte del montaggio,e col problema del lavello sottomisura.

Lode all’Ikea: lunedì mi hanno chiamato, dicendo che avevo diritto al rimborso anche del trasporto e del montaggio.

Così, depressa per la difficoltà per trovare il lavello, telefonicamente e di persona in un paio di posti, ho ricomprato la libreria, le sedie, sono andata da un coso di idraulica grosso e ho trovato il lavello, e sono tornata dove avevo visto una minicucina a gas con forno elettrico e un minifrigorifero. Ora mi mancano i pensili e lo scolapiatti… e pregare che quando verrà l’idraulico a collegare lavello e cucina, lo scaldabagno funzioni, ora che c’è il gas si può provare.

Insomma… la sfida continua…  La sfida con chi? con la sfiga? con me stessa? con il mondo, aa far vedere che mi arrangio? non so… però mi sento in combattimento!