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A otto anni avevo una tartaruga che si chiamava Patrizia, e me l'hanno buttata via perchè era morta. Non ero convinta, ma io ero piccola e gli altri grandi. Non lo saprò mai, se era solo in letargo.

A Villadossola per un concerto

Abbandonando il lago Maggiore, la strada si addentra in una valle, tra monti scoscesi e verdissimi, pioviggina. Mi fa specie l'idea di andare verso la montagna, ed incontrare così tanti capannoni, ed aziende. Parecchie sono di  lavorazione del granito, lastre e blocchi sono impilati all'esterno dei laboratori, altri espongono sfere, colonne, lapidi… a Candoglia vedo un monumento rivestito di marmo rosato,  che è  stato usato perfino per i muretti dei giardini, al posto dei mattoni o delle beole.
Mi riconforta incontrare il cartello triangolare col cerbiatto che balza,  proseguendo,  un altro cartello mi segnala che siamo nel Parco Nazionale della Val Grande.
Si incontrano anche dei bei campanili,  sono un po' la mia passione,  penso sempre al mio progetto per un libro fotografico,  giustappunto, ci penso e non ne fotografo mai nessuno: mi capita di vederli  sempre  a distanza,  passando in macchina,  mentre mi piacerebbe andare in giro a cercarli,  magari in motocicletta, che però non guido, quindi non so se questo progetto lo realizzerò mai.
Villadossola, mi sembra strana, quasi tutte case recenti, una piccola Milano  ai piedi di montagne impervie. Il Centro Culturale La Fabbrica, pensi che sia un vecchio opificio, chissà, se una volta lo era se ne è cancellata l'impronta: è una struttura enorme color salmone nel centro cittadino, un teatro a tutti gli effetti, e sfruttato, pure.
Per il concerto dell'Akademie Alte Musik Berlin, il penultimo della rassegna Stresa Festival 2011, è pieno.
Omaggiata  di un posto in prima fila, il concerto è stato per me una piacevolissima sopresa. fagotto, violini, clavicembalo, viola e violoncello, flauto ho potuto non solo ascoltare, ma anche guardare… osservavo i movimenti degli artisti e cercavo di discernere, nell'armonia, il suono dello strumento che ne derivava… mi sembra di aver imparato tantissimo sulla musica, questa sconosciuta. Quello che ho trovato affascinante è stato anche seguire la musica nelle espressioni dei musicisti, che uno di solito ascolta un'orchestra, e li pensa lì belli impassibili e concentrati.
Concentrati  sicuramente lo sono,  ma impassibili no. Si lanciano sguardi d'intesa ammiccamenti prima di cominciare un brano nuovo, ma ognuno ha la sua mimica. Il suonatore di clavicembalo sembrava  sorridere al suo strumento, la suonatrice di viola pure sorrideva, e le veniva la fossetta sulla guancia, e scuoteva i capelli,  trattenuti da un piccolo  fermaglio. Il violoncellista accentuava con il capo  ogni  passaggio, e sembrava soffrire. Il primo violino riccioluto avrebbe voluto danzare, secondo me, mentre le altre due violiniste erano  più  compassate, con la  loro guancia appoggiate allo strumento, o forse viceversa,  seguendo la musica chiudevano gli occhi come a gustare la sublimità e la perfezione del suono.
Insomma,  musica erano i suoni, ma anche i corpi dei musicisti.. ripensavo al film Fantasia di Disney "vedrete la musica, ascolterete le immagini".

casse-noisettes

 
Mi è capitato ultimamente, durante un film, di venir assalita da un brano di musica classica, sì sì, assalita.
Mi ha preso come una sensazione di mancanza.  
Da tanto tempo non mi fermo ad ascoltarne.
Non sono una conoscitrice, e mi sono sempre persa nei numerini e nelle sigle che compongono i titoli, come la Bibbia.
Mi piace, o non mi piace.
Mi piace l'armonia, la leggerezza, l'impeto…
Ma non è solo questo tipo di mancanza, non ascoltarla da tempo.
E' la sensazione di ritrovarmi in  un mondo sincero, la stessa sensazione che riprovo in riva al lago coi lampioni liberty, e le camelie  e le azelee, che non tutto è perso, non tutto ancora è volgarità e grettezza. 
Sono brandelli della mia vita passata, che posso ritrovare, di quando di anni ne avevo pochi, e le cose mi sembravano oneste, e non sempre il doppio gioco di qualcosa, che ogni cosa è fatta per un guadagno di qualcuno. Non so se sono riuscita a spiegarmi.
Forse l'arte ancora come espressione dell'anima, e non una, per distinguersi, per stupire.
Forse semplicemente una sensazione di bello, ed il bello fa bene, lo dico sempre.

delfini

Guardo pochissimo la televisione, ascolto più che altro le notizie mentre faccio altro. Però in queste sere estive mi capita spesso di soffermarmi a guardare, ad ascoltare, su Rai 1, il Gran Varietà, non sono sicura che l’aggettivo sia quello, però, gran.
L’archivio Rai, con Fabrizi, Totò, l’archivio in bianco e nero è uno scrigno pieno di meraviglie.
Una scenetta  ed un cantante italiano si intervallano.
Mi è capitato stasera di ascoltare, vedere, Modugno, che canta seduto, con il figlio Massimo. Il figlio Massimo lo guarda con un forte affetto che mi pare sincero.
Modugno appare vecchissimo, ma sono i postumi dell’ictus.
Forse si può dire che farlo cantare in quelle condizioni fosse una strumentalizzazione del suo stato, questo mi è venuto in mente. Ma poi no, la sua energia e la sua passione trasudavano. Non era indotto a cantare, voleva cantare, voleva la sua vita, e quella era l’ultima canzone che ha scritto.
Ho cercato in Internet  l’anno della sua morte, e del tutto casualmente, mi sono accorta che era il sei agosto 1994, oggi è il quindicesimo anniversario, e lo celebro io qua, che da vivo lo ho ascoltato distrattamente, non avevo gli anni giusti, e leggendo della sua vita su Wikipedia .. ecco, non mi ero resa conto che fosse un personaggio così.  Gli episodi, i fatti,  si sanno, ma a leggerli tutti in fila fanno un effetto diverso.

In centro piove più che a casa mia.

Uno dei problemi dello stare al sesto piano, oltre l’avere un pessimo rapporto con gli ascensori, è capire se piove o no, quando non c’è proprio un palese diluvio. Mi sporgo appena, è già tanto per una che soffre di vertigini. Non si notano i cerchi delle gocce che cadono nelle pozzanghere, è ora di cena,  e c’è anche la partita, non c’è in giro nessuno, e nessuno con l’ombrello, aperto o chiuso.
Senza ombrello a due passi dal Duomo  in mezzo a gente con l’ombrello aspetto il tram 27 sotto il tendone di un argentiere, una cornice d’argento a 80 €, due per 100 €. 4 minuti, dice il diplay, e, con diligenza, 3 poi 2, poi 1 ed infine 4…si ricomincia, ma questa volta arriva.
il tram si ferma proprio davanti al mitico Rolling Stone.
Immag037Ragazzotti all’esterno non credono ai loro occhi, c’è scritto vietato ai minori di anni 18, studiano come entrare per il concerto e riuscire a restare nonostante il divieto quando scatta la discoteca.
Il concerto di Massimo Priviero comincia. Fa effetto sentire quella musica roccheggiante, in lingua italiana. Il suono è roboante. Mi piace. Mi piace tornare a  sentire le vibrazioni della musica dal vivo, dopo qualche mese di astinenza. Mi sembran bravi, il Priviero ed il suo gruppo, illiminati da luci gialle, verdi e violette che poi si fermano sul blu, che giudico la condizione migliore, gli argenti della batteria luccicano come stelline. Penso,  vorrebbe essere il Bruce nostrano, ma non lo è.
La musica è tanto forte che dopo un po’ non mi sembran più così tanto bravi, e forse non son più bravi perchè debbo stare in piedi con il mal di schiena, e mi sembran diventate strette anche le scarpe, e temo che le mie orecchie abbiano prodotto degli anticorpi, da tanto sento ovattato.
All’uscita leggo un cartello, che dopo le due non si servono più alcoolici, chi desidera cosumarne è invitato a premunirsene per tempo. Un cartello che dice tante cose.
Torno a casa, alla guida l ‘amico dell’amico e navigatore satellitare, stupita della totale incomprensione  tra i due (guidatore e navigatore).

illusioni

Farsi durare fino a chissà quando un sms che dice ti bacio.

Però che bella questa canzone, la sto ascoltando ora.

Eccomi qua
sono venuto a vedere
lo strano effetto che fa
la mia faccia nei vostri occhi
e quanta gente ci sta
e se stasera si alza una lira
per questa voce che dovrebbe arrivare
fino all’ultima fila
oltre al buio che c’è
e al silenzio che lentamente si fa
e alla luce che taglia il mio viso
improvvisamente eccomi qua
siamo l’amante e la sposa
arrivati fin qua
l’attore e la sciantosa
e siamo pronti a qualsiasi cosa
pur di stare qua
siamo il padre e la figlia
finalmente qua
siamo una grande famiglia
abbiam lasciato soltanto un momento
la nostra valigia di là
nel camerino già vecchio
tra un lavandino ed un secchio
tra un manifesto e lo specchio
tra un manifesto e lo specchio

Eccoci qua
siamo venuti per poco
perché per poco si va
e il sipario è calato già
su questa vita che tanto pulita non è
e ricorda il colore di certe lenzuola
di certi hotel
che il nostro nome ce l’hanno già
e ormai nemmeno ti chiedono più
il documento d’identità
e allora eccoci, siamo qua
siamo venuti per niente
perché per niente si va
e c’inchiniamo ripetutamente
e ringraziamo infinitamente…

Eccoci qua
siamo il padre e la figlia
capitati fin qua
siamo una grande famiglia
abbiam lasciato soltanto un momento
la nostra vita di là
nel camerino già vecchio
tra un lavandino ed un secchio
tra un manifesto e lo specchio
tra un manifesto e lo specchio

La valigia dell’attore, Francesco De Gregori.

festa dell'Unità Milano 2008

mentre tengo d’occhio il globo, cioè la  Princess, che manca una settimana giusta…
mi sono chiesta cosa ci propina la festa dell’Unità  quest’anno… 


 cliccate qui
(il programma è del 2007, in fondo alla pagina ci sono i concerti 2008)

non male direi

(sarò una nonna sui generis, lo so)
devo esorcizzare…


SENZA TITOLI

Senza titoli, morire infatti che ne ricordi mai uno. Vabbè gli “eterni” si sanno… Mrs Robynson, The Sound of Silence, The Boxer… ma gli altri no. C’è da dire che non sapendoli,  è veramente difficile ricordarli.
Sono tornata da poco dal concerto di Paul Simon, qui all’Arena. Li ascoltavo molto da ragazza, gli indimenticabili Simon e Garfunkel,  il lungo il corto il pacioccone (il pacioccone ero io).
Che abbiano fatto dopo El condor pasa, e dopo quell’epoca lì, non lo so, non me ne sono mai curata, sapevo solo che si erano divisi. Comunque, quando mi si dice di andare a un concerto è difficile che dica di no. E poi perchè avrei dovuto dirlo, mi piacevano in due… mi piacerà anche Simon da solo; ma Garfunkel invece che fa?

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Va bene, sono andata a sentire un cantante di cui non sapevo più nulla, per cui non so che pezzi abbia fatto e di quale disco, ho riconosciuto solo i classici.
Con M abbiamo sostato un sacco aspettando i suoi amici, nei pressi dei chioschi di zucchero filato, frittelle e paninozzi  con carni diversamente cotte, sia all’entrata che all’uscita, effluvi tali che che quando sono tornata il cane e i gatti mi son venuti incontro visibilmente curiosi.
Uscendo, nella calca, ho pensato che questo pubblico era un po’ come un dito d’acqua nel bicchiere, che se si rovescia per terra o sulla tavola sembra un mare.
Ho apprezzato un’iniziativa pubblicitaria per una volta tanto sensata: all’ingresso ti offrivano di ricoprirti di Autan.
Nell’ attesa di questi amici abbiamo perso il chitarrista propedeutico, tale Ruben Ford, le cui note arrivavano comunque a farci compagnia.
E’ poi arrivato un omino in  giallo e piccolo piccolo, che riempiva il palco, seguito da una band molto agguerrita. Una musica la loro senz’altro adatta all’estate, che invita a tenere il ritmo, a battere per lo meno il piedino (n.39/40).
Un energumeno nero, riccio  (è politicamente corretto scriverlo perchè era italiano) mi prega di non fare foto. Intanto ho disubbidito, ma senza esagerare. A lui non ne ho fatte, comunque.
Le canzoni si sono srotolate una dopo l’altra, non che ripensandoci fossi poi in grado di distinguerle. In alcune mi sembrava di sentir sgocciolare le note, in un’altra ho riconosciuto un’influsso reggae, ed in un’altra echi del condor. Mi è piaciuto vedere la fisarmonica sul palco, è uno strumento che mi fa simpatia, come il rumorista che si grattuggiava sul petto. La batteria aggiungeva battiti al mio cuore, il tamburello andava a perdersi nello sfondo, a tratti il sax mi bucava, mentre l’omino indossava una chitarra dopo l’altra, le luci si inseguivano  gialle blu e violette come nei disegni cachemire. Quando sono iniziate le note di The Sound of Silence.. non mi sono resa conto subito che Paul Simon la stava suonando da solo in un palco vuoto, non pareva. E poi la mia testa va sempre un po’ dove vuole, dietro i pensieri o dietro i sogni. Quando finisce di suonare il pezzo alza la chitarra, come per ringraziarla, perchè noi la ringraziassimo.

itunes

Ascolto la musica mentre faccio altro qui al pc…  distrattamente direi, una canzone dopo l’altra, come vengono, qualcuna invece la clicco via.  Non ci stavo pensando, cosa stava suonando, in quel momento lì… è che mi sono sentita stringere il cuore, e sprofondare, e come se fossi abbracciata e tenuta stretta da una persona che mi dice sempre che lo amo,  e non mi ama. Però c’è, c’è sempre, ed io gliene sono  grata. Io non so se l’amo, ai  sentimenti non è facile dare un nome preciso, non  indossano  mai lo stesso nome a lungo.

on the air, il mare calmo della sera, andrea bocelli

ma quante belle chitarre, e che voce !

PRELUDIO
Già era una giornata piovosa nella quale si era affacciato il sole.
Mi premunisco, memore della precendente esperienza al concerto di De Gregori dove con M, non avendo cenato, al ritorno morivamo di fame:  se imparano i topi dalle esperienze pregresse, imparerò pur io, no? Prendo le cocacole al distributore delle bibite, una misura perfetta, non troppa e non poca. Prendo anche un pezzetto di pizza e di focaccia dalla panettiera ucraina.
Faccio il bancomat.
Nella metropolitana mi accorgo che ho lasciato il sacchetto della merenda ai piedi del bancomat.
La legge di Murphy mi sconvolge, mi attanaglia, mi dilania per attimi infiniti, finchè arriva il treno della metropolitana. Se salgo a riprenderlo, il sacchetto  sparisce mentre faccio l’ultimo gradino. Se non salgo, il sacchetto lo troverò domattina, magari anche un titolo di giornale, "allarme bomba al bancomat di corso Lodi".
Sul treno per Seveso, mi sovviene che 19.39 è un orario familiare…  è subito sms.
Naturalmente il grande S. è sulla prima carrozza, io idove c’è un portacenere con scritto 105, gli dico, ma  i corridoi sono pieni di gente, siamo irraggiungibili, ci saluteremo scesi in stazione.

A Seveso HO FAME. Il paziente R mi accompagna in giro, un bar sta chiudendo, le pizze sono al trancio, troppo da sbocconcellare in auto .Il bar di fianco in realtà è una gelateria. Finalmente, racimolo  un cappuccio e una brioche… alle 20.30. Mi giustifico con la barista  " mi porto avanti sulla colazione di domani". Sarà stata felice di aver piazzato la penultima brioche.

  170408 massimiliano larocca andrew hardin170408 greg brown bo ramsey170408 figliio greg brown bo ramsey 170408 greg brown


CONCERTO
rendiconto brevissimo in quanto  reso da un’incompetente,che marcia a sensazioni e di tecnica non sa mai nulla. Neanche che chitarre avevano i chitarristi. Non violoncelli, non hukulele, non banji (il plurale di banjo?),che fossero chitarre ero sicura. Poi c’era scritto anche sul programma.

Aprono le danze Massimiliano Larocca accompagnato dal chitarrista texano Andrew Hardin. La voce mi infastidisce, è troppo grossa per le chitarre, vorrei sentire solo quelle. Massimiliano Larocca sarà l’unico ad aver suonato senza cappello .
Arrivano Greg Brown e Bo Ramsey. Greg Brown una voce meravigliosa, calda, profonda che canta leggera, invece. Bo Ramsey, chitarrista pieghevole, deve aver iniziato ad oscillare suonando da giovane e non riesce più a smettere. Mi sono piaciuti da matti, ma anche a vederli dopo, a spettacolo finito. Ramsey era lì a mettersi via strumenti ed attrezzature, e poi è arrivato anche Brown, a farsi fotografare, fimare autografi. sorridente, tranquillo, thank you. L’avessi incontrato in autobus, non avrei pensato che fosse "uomo di spettacolo" ed in effetti non lo è, mi sa, nel senso italiano del termine. Mi è toccato immortalare M e Greg avvinghiati, io mi sono rifiutata al solito.
Ha anche cantato una canzone, timidamente, il figlio di Greg Brown, che dal discorso in molti avevano capito fosse figlio di Bo Ramsey, e dal quale io avevo solo decodificato " His wife", e non era riferito sicuro al figlio, che avevo invece capito si chiamasse Beth, ma a vederlo non credo proprio. E comunque ero dubbiosa su questo figlio di Ramsey che assomigliava a Brown e cantava con lo stile di Brown e già mi figuravo altri scenari. Vabbè, M mi procurerà un’antologia di Greg Brown. A me mi piace.

sarò breve

L’audio e’ stato cancellato dallo spazio su Splinder

stasera  ancora a Seveso concerto di greg brown, folk singer americano per me pressochè sconosciuto e che quindi conoscerò se si ripete il giro di treni e accompagnamenti come per De Gregori. Quindi sull’argomento mi dilungherò semmai poi,. intanto una musichina qui sopra c’è.

Invece ieri sera corso di scrittura, Oreste Pivetta ci ha raccontato in modo interessante  la sua esperienza  nello scrivere il libro con Pap Khouma, che gli aveva raccontato le sue vicissitudini di immigrato senegalese.

La foto, presa dal web,non c’entra niente col post, ma avevo bisogno di una visione rilassante.

p.s. papaveri e camomilla, non ci avevo fatto caso in un primo momento, mi ero limitata al godimento coloristico… si vede proprio che è l’istinto che mi guida! 


canti de gregoriani

05042008 de gregoriHo preso il  mio trenino alle Ferrovie Nord per andare in quel di Seveso, dove mi attendeva il pacioso R,  ex collega a tempo determinato ed ora bancario  altrove a tutti gli effetti e senza più scuse  per rimandare il matrimonio con la sua E, e poi via a recuperare altri tre amici.

M., mio amico/collega/compagno di concerti/compagno di Berlino/quello con me nella foto in Flickr praticamente, arrivava per conto suo  dalla zona di Varese. Destinazione Palafamila, via  Cavalla. A dir la verità se fossi andata sola mi sarei fermata al Supermercato, Famila, già sembrava un palazzetto.
Già piazzato in tribuna Luigi Da Lodi,  il grande letterato/scacchista/padre/padrone di Macchia, con  un amico che mi ha confidato essere da tempo il suo amante segreto, pensare che io quando me lo ha presentato, questo anzianotto signore, ed ho chiesto innocentemente che ruolo aveva,  pensando al padre o suocero o zio.
Che dire del concerto, del pubblico. Non ho avvertito un grande calore, non c’era il pieno, non c’era la "freschezza gioiosa" del concerto che avevo sentito alla Festa dell’Unità, anche se la  musica dal vivo ti entra dentro  e ti "squassa" e ti fa venir voglia di ballare sulla sedia.  Raggelata dal divieto di usare cellulari e macchine fotografiche, di straforo qualche foto verso la fine l’ho fatta, ma non con risultati esaltanti. Anche perchè sperimento sempre, e  la macchinina volevo provarla,  in quelle condizioni luminose.
De Gregori è sempre grande per il vecchio repertorio, e le rivisitazioni di Rimmel e Buonanotte Fiorellino  mi hanno solo lasciato nostalgia della vecchia versione. Immarcescibile La donna cannone (il mio inno) La leva calcistica, stupenda la meno popolare Valigia dell’attore. Tre  canzoni che proprio non conoscevo, una dichiaratamente nuova "Per brevità chiamato artista": se è il nuovo che avanza, l’impressione è di un po’ di stanchezza. Non posso fare "testo sui testi", perchè ascoltare le parole musicate non è come leggerle tutte di fila, ma anche in quelli  ho sentito  poca energia e poca ispirazione.
Per il ritorno a Milano, gentile accompagnamento di M fino a casa, nelle consuete modalità: auto rumoreggiante (Oh, devo controllare le pastiglie dei freni), benzina al pelo, sbagliate un po’ di strade prima di imboccare una improbabile tangenziale con indicazioni per Bologna, eravamo dilianiati dai morsi della fame e tutto era chiuso, tranne il Kebab vicino a Piazza Napoli, dove ci siamo fiondati, M ostentando i suoi saluti in lingua turca, frutto del recente viaggio.
E siccome il piacere è nella semplicità,  per me la cosa più bella è stato ascoltare il cd con musiche per pianoforte che aveva messo M durante il ritorno, e così mi sono cullata nel Chiaro di Luna  & Co.
E poi, M, R ed io ci siamo già presi il biglietto per il concerto di Greg Brown il 17 aprile prossimo, giovedì.

buona serata…

Ieri è arrivata un ‘amica di mio figlio, una ragazza turcabulgara bionda e carina, che parla, ovviamente, bulgaro, turco, tedesco e – sollievo – inglese. Non si sono messi molto bene d’accordo con gli orari degli aerei,  mio figlio l’aspettava alle dieci di sera ma lei è arrivata alle dieci di mattina, e lunedi partono…. mio figlio per Francoforte con l’aereo alle 6 e lei per Bonn alle 18. Insomma… il mio motto sta diventando "in qualche modo si farà". In fondo ci stiamo anche muovendo tra cose Ikea in costruzione e trasmigrazioni di contenuti di armadi…in base agli ultimi accadimenti lo spazio va ripensato.
Comunque ieri sera i due stavano guardando in salotto una videocassetta, io ero in cucina col pc…
insomma quando ho alzato le orecchie… non ho resistito al richiamo.
Eccovelo qui… è sempre fantastico. Buona serata…