Che si possa o non si possa, l’hanno intitolato. “Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo.” non si dice.
Però nel film capisci che una famiglia è felice fino a quando non sa di essere infelice, cioè, ci si sente contenti di quel che si ha e non si sa ancora che ci può essere dell’altro che non si può avere.
E’ da un po’ che ho voglia di rileggermi Tolstoi, e non ho la sufficiente pace, son sempre in guerra, e l’apparire di questo film è sembrato una risposta alle mie preghiere.
Mal me ne incolse, volevo abbandonarmi nel mondo antico coi suoi tempi placidi, mi son ritrovata a rincorrere la narrazione attraverso spazi teatrali che si susseguivano attraverso porte che si aprivano sulle scene nuove, un ritmo contemporaneissimo a me ben noto.
Se considero gli attori, non ne salvo uno, non ce ne è uno del quale si possa dire che la sua parte gli calza a pennello, forse Oblonsky. Vedi i protagonisti, e non comprendi perchè si debbano amare così ineluttabilmente, la Keira sembra una saccentina e l’Aaron un pirletta, quello che mi è rimasto dentro del libro son due personaggi adulti, la passione è un sentimento maturo, mica frivoletto. I due non si dicono mai niente che non potresti aver già sentito in una fiction qualunque, chessò, Centovetrine, e per trovare qualche considerazione degna di nota devi andare dai braccianti di Konstantin Levin, costantino di nome e di fatto, che apprezzano che il loro datore di lavoro li abbia liberati, però adesso non hanno più il lavoro e cibo assicurato.
Dopo il primo sconcerto, si apprezza la scena teatrale, certo è un modo funzionale per sintetizzare un romanzo immenso, e magari ci si può chiedere dei perchè di questa scelta, la Karenina e il palcoscenico su cui si svolge la vita?
Sicuramente questa Anna Karenina di Joe Wright e Tom Stoppard non è la mia, ma neanche tanto quella di Tolstoi, che i suoi perchè ti dava modo di trovarli. Qui una scena si svolge nell’altra, senza approfondimenti sentimentali o sociali, sono proposti come dati di fatto, “guardali, all’epoca era così” “vedi, Kitty rifiuta Levin ma poi cambia idea” cosa sia successo nel mezzo non si sa, ci avrà ripensato tenendo in braccio l’ennesimo nipotino Oblonsky.
Ovvio che quando vai a vedere un film tratto da un libro, e hai letto il libro, seppure tanti tanti anni prima, cerchi di ritrovarcelo… ma questo film è una carrellata su Anna Karenina. Insomma, il mio Tolstoi c’era solo un po’, e poi si chiama Leone o Lev, mica tradotto americanamente Leo come nei titoli del film.
Lo rivedrei? no. Rivoglio i soldi del biglietto? No, nel complesso non è un brutto film, solo, non era la mia Anna Karenina. Questa è Anna Karenina in versione coreografica.
Ora posto un video sulla corsa di Frou Frou, perchè si possa confrontare con la pagina di Tolstoi, e si possa avere un’idea dell’ambientazione teatrale del film che ho cercato di descrivere, e anche della cura dei particolari, come il gioco del ventaglio e degli sguardi attraverso i binocoli.
A Sanremo, è stato su una settimana, oltretutto al Tabarin. Il Tabarin, a dispetto del nome, è stato per molti anni un deposito dello storico cinema Centrale: schermo piccolo, audio appena decente etc. Leggendo quel che scrivi, non dispiace averlo perduto
Oh! buon giorno, anzi, ormai buona sera. Grazie della fiducia per il giudizio: credo in effetti che si possa perdere in tutta tranquillità.