La Clemenina passava per casa come una meteora.
Arrivava, convocata, nelle mattine invernali, con il suo cappotto nero, ed un foulard con delle rose, su un fondo bianco e grigio. Come si vestisse d’estate non lo so, ci si ammalava d’inverno. Angela, prima che arrivasse, aveva fatto bollire quella specie di pentolino con dentro le siringhe e gli aghi che ballavano, e poi li aveva lasciati sfreddare. La Clementina quasi non si toglieva neanche il paletot, si lavava le mani e sforacchiava le natiche di turno con grande maestria. Ticchettava le fialette, agitava il flaconcino dell’infida penicillina, così bruciante. Il sacro rito dell’ago che aspira il liquido. Ho sempre avuto il dubbio che centrasse veramente il punto di carne disinfettato dal cotone imbevuto di alcool. secondo me finiva sempre un po’ più in là, ma tutti, mica solo la Clementina: forse sono io che ho i neuroni spostati.
La Clementina, nonostante il colorito roseo, che crescendo avrei imparato a riconoscere come couperose, aveva la sua età, eppure correva tutte le mattina da una casa all’altra. Alla sera verso le sei invece faceva andare a casa sua, una casa di ringhiera in via Scarpa, una vietta che congiunge via Guido d’Arezzo con corso Vercelli. Adesso sarà diventata una casa ristrutturata da una sberla al metro quadro. Mi ricordo che in via Scarpa c’era la boutique dell’Equipe 84, e ci guardavo sempre dentro sperando di vedere i quattro. Non che poi volessi l’autografo, bastava vederli, non che dubitassi delle loro sembianze umane, mi stavano anzi un po’ antipatici, ma ero curiosa lo stesso. Quando si saliva dalla Clementina, c’era già la tavola apparecchiata per due, viveva con la sorella, ed essendo a casa sua non doveva più correre ed allora raccontava un po’ di quanti clienti aveva, e che stava diventando troppo vecchia. Io la interrogavo su teoria e tecnica delle iniezioni, ma non ho mai avuto il coraggio di farne a nessuno.
Non so se ci sono ancora Clementine che corrono, nelle mattine invernali.
Una volta che ne ho cercata una, parecchi anni fa. mi hannoindicato una robusta signora brasiliana di colore, che rideva in modo assai sonoro, e mi chiamva signora. ma non me le ha volute fare, le iniezioni di calciparina che ci si fa da soli nella pancia ma io ero paurosissima, così avevo dovuto arrangiarmi. La incontravo poi in giro col suo cagnolino, e rideva, raccontava che aveva il cagnolino nero così non dicevano che era razzista.
La Clementina però era un’altra cosa, apparteneva al mio Piccolo Mondo Antico.
Ma che bel ricordo! E certo che ci sono, persone come la Clementina. Qui al paese c’è una signora, che si chiama Rita. Ha un negozietto di frutta e verdura. Apre la mattina prestissimo, verso le 7 e paga il caffè agli altri esercenti della piazza, mano a mano che aprono le loro botteghe. Io faccio il tifo per lei, che avrà un po’ più di ottant’anni, adesso.
ma povera! spero che qualcuno l’aiuti, frutta e verdura vogliono dire tante cassette da spostare!
Mi hai fatto venire in mente la signora Camilla che per farmi le punture, con la siringa rigorosamente di vetro nel pentolino con l‘acqua bollita doveva rincorrermi per casa ahaha