Così veniva presentato, quando ero piccola, il film di Disney, Fantasia, per il quale avevo una vera passione, non solo per i piccoli cavallini alati e la Danza delle Ore con ippopotami in tutù e coccodrilli.
Ieri sera mi è successo con questo:
e come questo ho visto che ce ne sono tanti altri.
Ascoltavo la musica, e guardavo lo spartito, cercando di ricordarmi quella grammatica, e la frequenza delle note ha preso forma nella musica…affascinata ho seguito gli spartiti, e poi ancora, riproduci il video.
Forse, per osmosi, posso arrivare a comprendere meglio il linguaggio musicale?
E’ una delle cose in lista ” da fare prima di morire” come l’imparare a dipingere con gli acquarelli, solo che se la pensione me la spingono sempre più in là, mi rovinano i piani.
E qualche volta penso che morirò presto, mi fa paura la casa dell’Oltrepò, così piena di crepe verticali e orizzontali, forse vuole inghiottirci, e allora se muoio presto sarebbe il caso di non rimandare nulla.
Anni fa, avevo cominciato a lavorare da poco, un giorno a casa ha suonato il campanello, ed era un pianoforte. Non che non avessi avvisato i miei genitori o la cameriera, di aver noleggiato un piano forte, ma credo non mi avessero dato retta.
Insomma, avevo questo piano verticale in camera, ed andavo a lezione un paio di volte la settimana da Susanna, in via Lovanio, quasi la cerco che debbo ancora restituirle una guida turistica su Firenze, mica l’ho buttata via, si sa mai nella vita. Così un po’ le note le avevo imparate, le palline vuote e piene, e le minime e le biscrome… ora non mi ricordo più nulla, mi ricordo che le frazioni di note dovevano fare l’intero, che equivaleva alla pallina… era così? Mah! In ogni caso, il mio solfeggio era di uno stonato pazzesco, potrei sognare me che solfeggio una notte che ho gli incubi. E per suonare, mi vergognavo a provare, mi vergognavo con gli stessi tasti, mi vergognavo che mi sentissero, un po’ la vergogna che provo a cantare o stare in pubblico. Forse mi riesco ad esprimere scrivendo e con le fotografie, perchè non appaio.
Fatto sta che il pianoforte dopo giorni e giorni di silenzio se ne tornò alla Ricordi.
Mi piace. Sai che anche io ho suonato il pianoforte tanti anni? Mi sono anche diplomato, lì al Verdi, tanti di quegli anni fa.
Ecco, credo che il tuo “anche” sia di troppo… io posso solo dire di aver condiviso la stanza, con un piano… 🙂
E va bene, dicevo così per dire. Chissà com’è Milano, adesso: io è tanti anni che mi sono spostato in Bulgaria, prima perché ci ho lavorato, poi perché mi ci sono sposato. Conosci la Bulgaria?
Ci sono le rose, gli editti… ma neanche a Bulgarograsso sono stata!
Bulgarograsso?
ridente cittadina in provincia di Como…
che sonno che c’ho, Alfred.
Che curioso che mi chiami Alfred. Sarebbe il mio vero nome, perché non mi chiamo Gatti, ma Gatzstein. Successe però che, al tempo delle leggi razziali, mio nonno, che aveva amici all’anagrafe, fece cambiare nome e cognome a tutti, in famiglia. Alfred Gatzstein a 1 anno diventò allora Alfredo Gatti (così ti ho anche detto quanti anni ho)
Col diploma di pianoforte, dovresti tornare Gatzstein, o non si può?
Allora hai un grosso naso? Mio nonno per lo analogo motivo, banchiere con nasone, sospettatissimo, ottenne la nomina di Cavaliere del Santo Sepolcro, ne parlai qui un paio di mesi fa.
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