Un film tristissimo, che ti fa sorridere, e a volte ridere proprio. Dove, come brevi ritocchi, il disegno animato si stinge nella realtà, e viceversa, con un’impressione di favola e magia.
Eppure la vicenda è ben realistica: un violinista, dopo la rottura del suo violino, non riesce più a suonare altri violini, e decide di lasciarsi morire.
Dell’Iran non è che si veda molto, certo un Iran molto occidentalizzato sotto i Pahlavi dove davano perfino film con la Loren nei cinema, ed ho le mie brave perplessità, nella mia ignoranza, nel vedere la fede al dito del protagonista, un matrimonio col velo ed il piccolo Cyrus che prega a mani giunte, il tutto in una famiglia di origine iraniana. Che io Farah Diba che scende dall’auto dello Scià con i tailleurini color caramella e copricapi a turbante (senza ortensie) ispirati alla Regina Elisabetta II me li ricordo, nelle foto di Gente e di Oggi, però del Cristianesimo in Iran a quei tempi non so proprio nulla.
L’andamento della storia è un po’ come un puzzle, raccontata da una voce fuori campo che all’inizio ti chiedi chi possa essere, poi ti ci abitui e non te lo chiedi più, segui la storia e basta, ed a un certo punto lo scopri, e apposta non lo scrivo qui; questa voce recupera tasselli del passato e può proiettare lo sguardo sul futuro, ma nella narrazione non si sentono questi balzi temporali, ed arrivi a capire che Nasser Alì non trova più soddisfazione perchè gli è morta l’immagine dell’amore sospirato tutta la vita, non perchè i violini i mercanti lo abbiano imbrogliato, e quell’immagine era il quid era l’arte che si aggiunge alla tecnica, la tecnica sola non basta, gli diceva il suo maestro, perchè il suono per quanto perfetto sia arte.
Il sapore della storia è francese, con lievi sconfinamenti nel grottesco, nelle caricature, che ho visto in molti film francesi, filmografia che amo quasi incondizionatamente. La colonna sonora non la ricordo quasi, non so se sia necessariamente negativo, può essere che non fosse invadente, esondante, e che io fossi concentratissima sulla storia, che sicuramente merita. Ancora una volta gli attori mi erano sconosciuti, ma assolutamente adatti ai loro ruoli, ma questa sensazione può derivare appunto dal fatto di non averli visti recitare altre parti. Particolare l’inserto in cui Chiara Mastroianni, che io ricordavo come la bimbina bionda della Deneuve, ed ora manifestamente non lo è più, bimbina, e con la Rossellini madre di Nasser Alì, dai tratti magnificamente signorili, che io mi chiedo quante attrici li possiedano, certo non si imparano, sono nel DNA.
A questo punto dovrei parlare dei registi e sceneggiatori Marjane Satrapi e Vincent Paronnaud, ma anche costoro mi erano sconosciuti prima di questo film, che è stato realizzato da un libro di fumetti della Satrapi come il precedente Persepolis, che ovviamente non ho visto, nè letti gli album di fumetti: ma visto il trailer sul generoso You Tube, penso che andrò in caccia perchè mi è parsa roba intelligente, se non altro al di là del solito brodino (che per altro, il brodino a me piace).
Brodino è stata una mia fissa, qualche inverno fa. Poi, come succede alle fisse, è tramontato, credo per sempre.
Non credo che andrò a vedere ‘sto film qui, per cui grazie d’averne parlato. Persepolis, di cui lessi meraviglie, mi sa che ero uscito prima della fine, mi sa.
I brodini alle volte ritornano, magari travestiti da consommè, en francais, ca- ba- ret.
Dai, il film è carino. Perspolis, ripensando al trailer… potrebbbe essere che non si resista ad un’ora e passa di terapia intensiva di ironia e così.