Arrivo buon’ultima, The Artist.


Volevo vedere questo film , un po’ per la pioggia di Oscar,  se ti dicono che la torta è buona vien voglia di assaggiarla, se non altro per il gusto di trovarle dei difetti, e un po’ per la curiosità di rivedere un film muto. Non dico curiosità del bianco e nero,  perchè ce ne sono stati altri, Il mistero del cadavere scomparso, Frankenstein Junior che hanno avuto un degno successo,  quanto proprio per il muto, una storia ai tempi del muto. Non credo sia casuale il nome del protagonista, George Valentin, poteva essere anche  Rodolfo  Georgino, serio quanto Peppy Miller, Peppy, che suonava però benissimo.
Come contenuti, il film non porta certo  nulla di nuovo,  film sul cinema e sugli attori  ce ne sono a bizzeffe, il pià vecchio che mi viene in mente ora è Viale del Tramonto, però è piacevole e rilassante, sarà perchè è pieno d’amore e di persone buone, o forse perchè non ci son troppe parole nè troppi rumori,  e la musica scandisce a dovere la loro assenza: il cinema muto, era muto di tutto. Sicuramente,  a colori e col parlato, sarebbe stato un film come gli altri,  perdendo anzi gran parte dei suoi momenti di ironia ed ilarità, insomma, è un bel film perchè è muto e in bianco e nero, ed in questo sta la pensata, apprezzabile. Anzi, mi pare di aver letto da qualche parte che era stato girato a colori, e non so se trasformarlo in bianco e nero sia stata l’idea primitiva, o un ripiego.
Gli attori erano perfetti, con la mimica necessaria  per un film senza parole,  perfettamente acconci. Si rivedono qui l’ex sig, Flinstone e l’ex padrone di Babe, il maialino coraggioso, in una parte ora commovente, l’autista Clifton, che nei ritagli di tempo preparava autografate  con l’orma della zampina le foto del grande attore e del suo cane, quel cane del protagonista, un Jack Russell strepitoso. Confesso che ho pianto quando il padrone, in declino, gli prestava meno attenzione, ed il cagnetto, Uggie, invece lo ha salvato, asciugarsi le lacrime dietro gli occhiali senza conciare le lenti non è facile. George Valentin, alias Jean Dujardin, non parlando sorrideva e inarcava sopraccigli, e Berenice Bejo, questa Berenice  allegra ed agilissima di fisico e perfino di faccia, aveva mille espressioni e poi tornava lei, disinvolta nell’indossare il suo collo lunghissimo. Lo ridico ancora una volta, le donne francesi hanno un fascino tutto loro, invidiabilissimo.
Un film pieno d’amore, d’amore non detto non solo per l’assenza di parole, dove solo la moglie sembra possedere il sentimento dell’odio e lo scarica annerendo i denti delle foto del celebre marito.
E poi, la torta a me viene voglia di assaggiarla ancora di più se ha un aspetto golosissimo e mi dicono che non è buona: Oh caspiterina, e come mai? Non può non esser buona.

8 pensieri su “Arrivo buon’ultima, The Artist.

  1. ele

    Ennò cara. L’ultima mi spiace ma son io. Andrò stasera. Veramente buon’ultima. Tutte ma proprio tutte le mie amiche son già state, compreso il team del corso di cinema … e nessuna che m’abbia invitato accidenti a loro ! Ordunque ora non leggo, e mi perdonerai… Stanotte o domattina sì ! .

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  2. giovanni choukhadarian

    No no, a me questo film qui non mi è mica piaciuto: perché è costruito al fine unico di piacere e compiacere e quindi, come reazione all’ordine precostituito, già comincia a dispiacermi. Inoltre, non ho capito qual è l’assunto. Sarebbe che si stava meglio quando si stava peggio? Che cioè il cinema è finito con il c.d. avvento del sonoro? Suvvìa, da’

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    1. tiptop Autore articolo

      Sono parzialmente d’accordo, è un prodotto nato per piacere, non porta alcun messaggio particolare, che non sia logico o già visto, l’amore trionfa, il cane è fedele, la moglie è noiosa, occorre tenere il passo coi tempi se no si resta indietro… cose trite e ritrite, però confezionate bene: il film è piacevole, il fatto che sia muto e in bianco e nero lo distingue, se non avessero avuto questa pensata sarebbe un film anonimo. Si capisce lontano un miglio che è uno sguardo dal presente sul passato. nonostante la cura dei particolari. Ecco, come un piatto cucinato bene, ed in quest’ottica lo considero, anzi, non mi lascia neanche le eredità culturali che un buon piatto di cucina potrebbe invece lasciare. Ben diversi i tuffi nel passato di Midnight in Paris, comunque!

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  3. ele

    eccomi: idea originale, originalissima, su un canovaccio visto e rivisto, su dei clichè triti e ritriti.
    qualcosa di deja-vu naturalmente, come il cagnolino, e lo stesso nome Valentine che ricorda l’altro assai più famoso Rodolfo, e anche il burbero produttore dal cuore tenero, e le confusioni dei set, degli studios di quella macchina del cinema che è (era) in fondo solo una macchina per fare soldi, un’attività produttiva, fatta anche di manovalanza…
    ed appunto l’originalità – e la bravura degli attori che hanno dovuto re-imparare a recitare, ad effetto, senza aiuto dell’audio, forzando ogni espressione fisicamente, è stata giustamente premiata, a parer mio..
    in effetti anche se non c’erano dialoghi, ripensandoci così, dopo un giorno ed una notte mi sembra invece che fosse parlato, ricco di dialoghi, ascoltati chissà quante volte al cinema…

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  4. margherita

    L’ultima sono io!!!! E mi è pure piaciuto, l’ho trovato gentile e delicato. Il silenzio l’ho affrontato con una certa difficoltà ma mi ha costretto a guardare oltre, dentro, intorno. La musica era di buona qualità e la recitazione decisamente convincente.
    Peccato che al mio fianco fosse seduto un cortese signore convinto di vedere un film comico di Buster Keaton o Stanlio ed Ollio e soprattutto convinto che le sue spiegazioni fossero necessarie a comprendere il film. Avessi avuto un lanciafiamme o un mitra lo avrei annientato volentieri.

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    1. tiptop Autore articolo

      Beh, ridere, sorridere, lo fa.. ed è un film dolce a modo suo, e ti dirò che ogni tanto mi rivedo il Waltz forPeppy che ho postato qui!

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