Quando tornavo a casa da scuola e c’era il vassoietto della pasticceria sul buffet in sala da pranzo, sapevo già che era giorno di canasta, era il turno di mia madre per ricevere le amiche.
Il salotto doveva essere in ordine, la mamma preparava in cucina il carrello per il the, pronto per l’ingresso trionfale, con le tovagliette di lino ricamate da lei o dalla nonna Bice, ed il servizio da the di Villeroy & Boch di porcellana, blu, con disegni agresti di mucche e fienagioni, e i cucchiaini d’argento, io rubavo un bacio di dama.
L’Angela doveva mettere il grembiulino bianco con la pettorina sopra il grembiulone
Stavo attenta al suono del campanello, perchè capitava mi portassero una scatola di caramelle, soprattutto la signora Ambrosoli, ed era abbastanza ovvio che fossero quelle con la carta gialla, al miele.
Le amiche della mamma che si vedevano più di frequente per casa erano la Ilde, romana e abbastanza signorile nei modi, a me era simpatica, credo di averla vista sempre con i capelli argentati e gli occhiali, molto curata. Secondo la mamma era una che si dava un sacco di arie, secondo me era semplicemente una donna intelligente. C’erano poi la Clelia, di famiglia napoletana e la Wilma, milanese, ed un po’ urlona. Per la mamma, l’unica qualità da consierare era che giocassero svelte, il resto era di poco conto.
La Clelia ad un certo punto era scomparsa perchè, venuta a Chiavari un anno in vacanza perchè c’era mia madre, alla fine si è trasferita a vivere lì, e mi dicevano sempre come era bello suo figlio Renato, ed io rispondevo che sì, era un bel ragazzo, e che anche la sua tipa Patrizia era molto bellina. Clelia decantava sempre il suo coniglio al cioccolato, ed una sera finalmente ci ha invitato, i miei genitori, mia sorella e me, e tutti si sono detti entusiasti, anch’io, per non essere da meno, ma me lo ricordo come un piatto di cui non mi era importato nulla, non era stata ‘sta gran scoperta. Forse, lo avevamo pensato tutti, ma non lo saprò mai, e se nominassi oggi il coniglio al cioccolato della Clelia alla mia vetusta madre, mi direbbe prima “Che coniglio?” poi ci ripenserebbe e direbbe “ma no la Clelia ti avrà regalato un uovo”.
La Wilma aveva il suo caratterino, insomma, per uno scarto sbagliato dalla sua compagna di squadra venivano fuori delle liti e per un po’ c’era un dissidio insanabile; finchè non si rappacificavano, il tavolo a quattro doveva essere ricostituito con abili tecniche e strategie degne di un coach sportivo, ricoinvolgendo senza vergogna amiche più lente defenestrate tempo prima dal tavolo. Wilma aveva anche uno zio rappresentante di cravatte firmate, così per un paio d’anni abbiamo regalato cravatte e sciarpe a tutti per Natale, e comunque si dava da fare con lavoretti tipo le interviste, ce le faceva, anche a me che non avevo problemi di bucato, e poi arrivava con i detersivi omaggio. E’ rimasta vedova in un modo pazzesco, il marito è morto di colpo mentre era in auto fermo al semaforo rosso, e col verde non si è mosso. Credo sia una situazione veramente incresciosa, già il tuo shock personale, e poi le macchine che ti suonano e insultano ferme in coda dietro, e certo non possono immaginare. Non so cosa farei. E’ anche vero che in certe situazioni ti viene una forza che non ti sei mai accorta di avere.
Insomma, queste signore monopolizzavano il salotto, dove c’era anche la televisione, le sentivi gridare, o gioire, e quando si apriva la porta per l’ingresso del the, le vedevi avvolte nella nuvola del fumo delle loro sigarette.
E non potevano nè ammalarsi, nè morire, perchè la mamma ne faceva un fatto personale.
La canasta, qui, non sanno neppure che cosa sia, o pensano che sia una brutta parola: tipo, spòstati, vecchia canàsta che non sei altro.
Qui, nelle osterie e nei bars, si giuocava e tuttora si giuoca alla belòtta, che è poi è la belote della Francia meridionale. Uno molto forte, sia alla belòtta, sia anche a scopa, è il presidente Claudio Burlando, che ha tutti dei suoi bar liguri in cui, durante le visite ufficiali, ti si ferma lì e giuoca in modo assai accanito e competente.
Caspiterina, non conosco la belòtta!
http://www.jeubelote.com/
(ma credo che la versione ponentina sia un po’ più grève)
Sarei bravissima, penso! Mi ricorda un po’ i giochi tipo Misere, King, briscole varie (che la briscola chiamata per me resta arabo, però)
Bellissimi questi affreschi della tua infanzia per altro certamente serena, complimenti, io della mia non ricordo praticamente nulla forse perché non ce nulla da ricordare.La signora Ambrosoli delle caramelle omonime era un caso o era proprio della famiglia del miele che a quei tempi era certamente più buono che adesso?
Era vera, Sandra, me la ricordo molto alta…o forse ero molto piccola io! 🙂
Anch’io ho dei bellissimi ricordi di pomeriggi passati a guardare la mia adorata nonna e le sue amiche che giocavano a canasta.Ho ancora davanti agli occhi il carrello del thè con i pasticcini ed il panno verde sul tavolo con le carte.
Giocavo a canasta con la mia nonna,ma ero solo una ragazzina e dopo la sua scomparsa non ho giocato più.
Mi piacerebbe riprendere ma non so come fare.
Grazie per avermi ricordato queste emozioni.
carla